Gentile direttore, mi affido alla sua cortesia per fare alcune precisazioni che non avrei fatto spontaneamente, ma che da più parti mi vengono sollecitate con insistenza.
1. Sono un sardofono indiscusso, capace di esprimere in sardo qualsiasi concetto, anche filosofico. Parlo in sardo-logudorese, perfettamente nelle due varianti, alla stregua di mia prima lingua. Lo penso e lo scrivo senza passarlo attraverso le forche caudine logiche e sintattiche del pensiero italiano. E non osservando la stridente artificiosità del sardo comune né di quello unificato che, per il mio gusto, traducono malamente in forme stitiche, forzate, inespressive, senza il colore né la freschezza del pensiero originante.
2. Sono un intellettuale. Vivo del prodotto del mio intelletto dal 1975, anno in cui abbandonai la Sardegna (dopo la laurea) spinto da curiosità culturale e desiderio di conoscenza. Un esodo necessario e altresì ineluttabile e spietato perché senza alcuna possibilità di ritorno. Non sono l’unico. Posso testimoniare che è altrettanto per the best minds of my generation.
3. Ho una formazione letteraria poco “italiana”. Non ho debiti con i movimenti letterari italiani e, men che meno, con quelli del ‘900. Ho pubblicato in vari paesi ben prima che in Italia, dove ho accettato di farlo solo nel 2000 (ma in Sardegna).
4. Dopo aver contribuito a fondare e dirigere un teatro che oggi è uno Stabile, ho cominciato un percorso lungo e articolato di direzioni artistiche in Europa, dove per un certo periodo ho proposto l’arte italiana di ricerca – ne elenco solo le più rilevanti:
– D’Art Room, convegno europeo dei nuovi luoghi dell’arte, Bologna ’86 e ’87.
– Nowall in Berlin ’88, capitale europea della cultura, “Orte das neue” (culla del nuovo).
– Biennale del Mediterraneo, Salonicco.
– Landjuveel 2000, Amsterdam.
5. A dirigere il progetto Asuni (che, per l’appunto, non era solo un festival) sono stato chiamato. Ho accettato con riluttanza (ormai mi dedicavo solo alla scrittura). L’ho fatto per 5 edizioni a poco più che rimborso spese, tranne l’ultima edizione, L’UNICA FINANZIATA solo in parte dalle Istituzioni Regionali dopo discussioni pubbliche.

A questo proposito rimando ad una famosa lettera aperta al presidente Soru del 2007: http://www.albertomasala.com/asuni-lettera-aperta-e-letta-a-voce-alta-n-2/ – e ad un’altra precedente che spiega il progetto: http://www.albertomasala.com/asuni-lettera-aperta-e-letta-a-voce-alta/
6. Il progetto Asuni è finito nel 2009, dopo un cambio di Amministrazione verso una destra becera e ottusa, incompatibile con le idee portanti.
7. Chiamato come Sardinian writer, ou écrivain Sarde, o escritor Sardo… MAI SOSTENUTO da alcuna Istituzione della mia terra (al contrario dei miei omologhi di tutto il mondo – ma me ne strafotto) sono stato ospite di innumerevoli luoghi ed eventi della cultura. Qui un breve elenco sommario e solo indicativo: Centre National du Livre di Parigi e Palais de Tokio, Palazzo delle Arti di San Francisco (città di cui sono membro onorario della Biblioteca Nazionale), Teatro Nazionale di Baghdad, Trinity College di Dublino.
8. Non elenco le mie numerose traduzioni e pubblicazioni in sardo. La signora che scrive con leggerezza quelle stupidaggini su di me s’informi. Dico solo che Su Cuncordu Bolothanesu attinge da 20 anni ai miei scritti per il proprio repertorio a tenore e che nel 2013, cantando una mia traduzione in metrica e rima del Basia mille di Catullo, ha aperto il festival di Gavoi.
9. Chiudo citando due miei contributi ai dischi del gruppo rap Stranos Elementos. Uno sulla lingua sarda: http://www.albertomasala.com/la-torramus-a-iscrier-sa-limba-sarda/ – e uno di questi giorni sulla questione delle basi: http://www.albertomasala.com/oro-incenso-e-quirra-stranos-elementos/
Come si può vedere, la mia attività prevalentemente internazionale non mi ha mai impedito di essere un “contemporaneo con radici”, e la mia coscienza etica è quella di un indio del presente. La signora, che evidentemente molto ignora, legga in un mio saggio che tratta abbondantemente la questione della sardità e della de-colonizzazione.

Ora, gentile Direttore, chiudo con un saluto non rivolto a lei, ma che prego di trasmettere alla persona che ha “pestato così tante merde” (per dirla alla bolognese) accennando al mio lavoro rispetto al quale in questi 42 anni di attività mi pregio di poter affermare ad alta voce di non aver mai contratto debiti politici di nessun genere. Tantomeno in Sardegna, mia terra, nella quale ufficialmente metto piede solo se invitato espressamente. Il resto sono fatti miei…
La ringrazio della cortese ospitalità e le auguro sinceramente un buon lavoro.

Post scriptum – Naturalmente avrà notato che non accenno minimamente alla sostanza dell’articolo. Mi sono astenuto dal farlo perché penso che siano soltanto questioni di lana caprina. Se emergerà una grande scrittura in sardo, non avrà bisogno di nessuna protezione: sarà inarrestabile come ogni grande scrittura. Ma per questo si deve lavorare ad arrestare il genocidio culturale di un popolo seduto sull’idea folklorica della propria apparenza.
Proprio quell’idea disegnata e voluta dai colonizzatori.