Come avvocato, mi occupo di diritto della immigrazione da oltre vent’anni e mi sento quindi depositario di un flusso di nozioni, non solo giuridiche, che va ben oltre la contingenza attuale, le reciproche strumentalizzazioni politiche e la sensazione di incertezza che pervade oggi molti cittadini.

Trovo quindi gravemente riduttivo che la questione sia inserita nel calderone dei trend topic giornalieri e si alterni, con pari rilevanza mediatica, con gli agnellini di Berlusconi o qualche scoop dall’isola dei famosi.

Nel passare, in questi 25 anni, dal decreto Martelli ai condoni di Prodi, dalla Turco-Napolitano alla Bossi-Fini, per finire ingloriosamente tra le mani di Alfano e Minniti, ho sempre avuto la percezione di trovarmi in un teatrino, nel quale gli attori principali, i politici, muovono i fili di una girandola inestricabile di norme, finti provvedimenti restrittivi e contestuali sanatorie; il pubblico, invece, ovvero i cittadini, si divide tra fischi e consensi, mai agganciati alla qualità dello “spettacolo”, come dovrebbe essere, ma espressi solo in ragione della fazione alla quale appartiene il teatrante di turno.

Tutti i governi, però, e non solo quelli italiani, hanno sempre tenuto netta la distinzione, prevista dalle convenzioni internazionali, tra due concetti giuridici:
– E’ “rifugiato politico” ed ha diritto di asilo esclusivamente colui che fugge dal proprio Paese “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche”. (Convenzione di Ginevra)

Questo soggetto è sempre stato però nettamente distinto dal cosiddetto
– “migrante economico”, ovvero colui che “sceglie di partire per migliorare le prospettive future proprie e delle loro famiglie” (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati)

Mentre i rifugiati politici hanno sempre diritto di trovare immediata accoglienza, tutti gli Stati occidentali hanno sempre stabilito delle precise quote di ingresso per i migranti economici, in Italia 300 o 400mila all’anno.

Da noi, però, la burocrazia ha sempre avuto il sopravvento e le procedure “regolari” di ingresso sono risultate farraginose e incerte, soprattutto nei tempi, tanto da essere inutilizzabili. Come si può chiedere, ad un anziano che abbia bisogno di una badante, di aspettare i sei-sette mesi (se va bene) necessari per l’espletamento delle pratiche?

Questa disciplina dei flussi migratori è oggi definitivamente crollata e la prima responsabile di questo stravolgimento è la Comunità Europea.

Si è infatti deciso di accorpare sostanzialmente i due concetti di rifugiati e migranti economici e di consentire a tutti di presentare, non appena fatto ingresso in Europa, domanda di asilo politico, anche se palesemente non ve ne siano i requisiti.

La prima obiezione di un passante potrebbe essere: se anche non ha diritto, l’extracomunitario presenta la domanda e gli viene respinta.

Il discorso, soprattutto in Italia, non è così semplice ed è anche la ragione per la quale la nostra nazione, più di tutte le altre, viene “preferita” nei primi ingressi.

Infatti, dopo la presentazione della domanda di asilo, per la quale gli stranieri sbarcano comunque stranamente già “istruiti”, inizia un tortuoso iter amministrativo giudiziario, la cui durata, in Italia, si può calcolare in anni.

In questo periodo, quale richiedente asilo, lo straniero è ospitato presso le ben note strutture, centri, alberghi, vecchie scuole, caserme dismesse e abitazioni private. Diviene titolare di un permesso di soggiorno rinnovabile; inoltre, siccome è ben raro che lo straniero attenda l’esito della causa nella struttura ospitante, l’impossibilità di notificare il rigetto finisce per andare a suo vantaggio, in quanto ne impedisce comunque l’allontanamento.

La sintesi mi impedisce di richiamare altri aspetti grotteschi della procedura ma la situazione giuridica è sostanzialmente quella che ho descritto.

A questo punto, non mi sottraggo dallo svolgere alcune considerazioni personali:

1) La attività di soccorso, assistenza e prima accoglienza degli stranieri provenienti dai barconi è più che doverosa; oltre a personali valutazioni religiose, costituisce un irrinunciabile elemento di civiltà, maturato in millenni di storia, il principio di dare una mano di aiuto e salvare la vita di altri esseri umani, fornendo loro assistenza in un momento di assoluto bisogno.

In questo, il servizio di prima accoglienza italiano è fantastico: centinaia di volontari, forze dell’ordine e sanitari si fanno in quattro per aiutare le persone, dimostrando una solidarietà tipica degli italiani.
Come sempre, diamo il meglio di noi stessi nelle situazioni di emergenza, dove prevale la buona volontà e lo spontaneismo dei singoli, rispetto alla gestione ordinaria delle situazioni, affidata ad una politica inetta o, peggio, collusa.

Temo non sia un caso, però, e le cronache giudiziarie lo confermano, che i settori dove vi è un maggiore flusso di denari pubblici, i rifiuti e – oggi – l’immigrazione, in Italia siano sempre gestiti in “emergenza” e, dunque, sottratti ad una molteplicità di controlli, sia preventivi che successivi.

2) Seconda considerazione: rappresenta una solenne baggianata il riferimento, che leggo a volte in alcuni commenti, ad una sostituzione etnica della “razza” sarda con gli immigrati. Questa affermazione è manifestamente risibile e trovo che lamentarsi per asserite sostituzioni etniche sia offensivo per la dignità dell’uomo, inteso come essere pienamente legittimato a vivere nel pianeta terra.

3) Questo sistema di accoglienza è comunque finto, non rispettoso della dignità umana e, soprattutto, non tutela in alcun modo le persone che scappano da guerre ma va solo ad arricchire la delinquenza straniera e quella nostrana maggiormente avviluppata con il potere politico.

Come detto, le persone alle quali viene riconosciuto lo status di rifugiato, rispetto a quelle che sbarcano, sono da percentuale zerovirgola, in quanto, per la quasi totalità, si tratta di stranieri provenienti da nazioni dove non sono in corso né guerre né discriminazioni.

L’anno scorso, ad esempio, sono arrivate dalla Nigeria 11.000 donne e (fonte: the Guardian online) l’80% sa già di venire qui per dedicarsi, da subito, alla prostituzione, controllata ovviamente dal racket nigeriano e dalla camorra.

A scanso di equivoci, la quasi totalità delle ragazze proviene direttamente dalla capitale e del movimento nigeriano Boko Haram, che scanna i cristiani nella indifferenza mondiale, ne ha sentito parlare giusto il tanto da riferire alla Commissione Territoriale al momento dell’ingresso in Italia per ottenere un permesso.

4) Alcune virtuose Prefetture hanno iniziato a respingere subito alcuni richiedenti asilo, in quanto soggetti pluripregiudicati, già entrati ed espulsi o, anche, indagati per collusioni con movimenti estremisti.

Immediatamente, sono state diramate delle circolari dal Ministero dell’Interno volte a stigmatizzare questi comportamenti e ad invitare tutte le Autorità ad accettare indiscriminatamente le richieste di asilo, anche se palesemente irricevibili.

5) Si dice: ma in Italia abbiamo bisogno degli stranieri per svolgere alcuni lavori: questo è verissimo ma non è certo questo il modo per raggiungere l’obiettivo.

Oggi come oggi, infatti, si privilegia chi entra con i barconi, privo di documenti e privo di alcuna competenza professionale, rispetto a chi, invece, vorrebbe entrare con serie prospettive di lavoro e di inserimento sociale. Mi spiego: è molto più facile entrare in Italia per un terrorista con il sistema dei barconi, rispetto ad una badante ucraina che si rechi presso la Ambasciata italiana a Kiev per presentare richiesta di ingresso al fine di lavorare presso qualche anziano.

Stessa cosa vale per un delinquente dedito a spaccio di droga rispetto ad un ricco pensionato americano; il primo, quale aspirante rifugiato, riesce a stabilirsi in Italia; il secondo, invece, siccome ha un reddito prodotto all’estero, risulta non in grado di sostentarsi e gli viene rigettata la domanda di ingresso.

Questa situazione mi ricorda le procedure di assegnazione delle case popolari, nelle quali la famiglia che, per Legge, risulta meritevole di un alloggio, viene spesso prevaricata da chi, pur bisognoso, sa comunque di non averne diritto e occupa la sua abitazione con la forza.

6) Penultima riflessione, che in realtà rappresenta una domanda alla quale non ho mai trovato risposta: ammettiamo che esista un dovere di solidarietà talmente illimitato da consistere, come sostengono alcuni, nell’accogliere indiscriminatamente tutti quelli che quotidianamente arrivano e arriveranno in Italia. Numericamente, qual è il limite di questa solidarietà? 1 milione, 2 milioni, 10 milioni, 50 milioni?

E’ evidente, credo lo capisca chiunque, che arriverà un momento nel quale, materialmente, non sarà più possibile accogliere nessuno perchè il paese arriverà al collasso economico e sociale. E chi deciderà, illuministicamente, quando dire stop agli ingressi incontrollati perchè la situazione non è più gestibile?

Come tutti i principi, anche quello di solidarietà, se applicato all’eccesso diventa purtroppo impraticabile e controproducente ed ha invece necessità di precisi strumenti giuridici e di regole, anche sofferte, volte a verificare la compatibilità degli ingressi con il substrato in cui vengono innestati.

6) Ultima, amara, considerazione: ho il timore che la decisione di incrementare il flusso incontrollato di stranieri in Europa abbia una matrice esclusivamente economica,del tutto estranea ai tanto sbandierati principi di solidarietà umana.

Atti ufficiali della Comunità Europea esprimono da tempo la volontà di integrare i cittadini europei con immigrati, fino ad arrivare a quella prospettiva, che Oriana Fallaci chiamava profeticamente Eurasia, di molti (consumatori? sudditi?) governati da pochi (banchieri, tecnocrati e religiosi).

Hal Varian, capo economista di Google, tra i quattro o cinque in grado di decidere il futuro economico mondiale, e Jack Ma, Presidente di Alibaba, il sito concorrente di Amazon, hanno sostanzialmente espresso lo stesso concetto: l’Italia è in una crisi economica terribile, ha un grande problema demografico e dovrà necessariamente ricorrere a due soluzioni: immigrazione e automazione robotica.

Penso a questo, alla necessità di studiare adesso progetti reali per il futuro dell’Italia e, poi, come in un incubo, mi viene in mente che da oltre un anno e mezzo tutto è bloccato causa referendum, finte primarie, Italicum ed altre balle insopportabili.
E taccio sulla amata Sardegna, che non ricordo più da quanti anni sia bloccata dalla insipienza e irresponsabilità di chi la governa.

Ho bisogno, abbiamo tutti bisogno, di speranza e di aiuto e credo che questo possa arrivare solo da una solidarietà sociale diversa da quella, pelosa e di facciata, alla quale stiamo assistendo inermi.