Leggo, con piacere, che il dibattito promosso su questo blog e riguardante il futuro politico/amministrativo/economico/culturale della nostra isola prosegue a piè sospinto… Si diceva un tempo.

Noto, con dispiacere, che prosegue attorcigliandosi come in un vortice sempre intorno al medesimo baricentro. Fondamentale, per carità, ma certamente non esaustivo della problematica complessiva che interessa la Sardegna.

Rilevo, sconcertato, che non solo prosegue in un loop (aff… gli inglesismi), un circolo vizioso che non mostra alcuna soluzione di continuità, del tiro della fune fra chi la vorrebbe cruda e chi, invece, cotta.

Registro, un po’ annoiato, che i termini più utilizzati, se non addirittura abusati, continuano ad essere federalismo, indipendentismo, autonomismo, sovranismo. Tutti ‘ismi’ che forse riempiono la bocca (ops, la carta) e nutrono l’ego, ma, essendo assai poco edibili, non son buoni né per essere macinati in un mulino né per riempir le brocche… In sintesi, non sfamano né dissetano i corpi.

Sostengo, basito, che in questa fase, gli interlocutori più ‘autorevoli’ (fra apici perché la mia sacra ignoranza non mi consente di valutare quanto e se siano davvero autorevoli) permangono nello stadio larvale di reciproco ‘sniffamento’, mostrando per giunta un finto riguardo che denuncia una malcelata diffidenza ed infarcendo i propri interventi con eccessivi enfatici ‘ismi’, evitando maliziosamente di raccontarci finalmente cosa in essi c’è dentro.

Rifletto, preoccupato, che noi ignoranti, benché tali, siamo i veri depositari dell’unica leva che, se opportunamente azionata, può consegnare attraverso il voto lo scettro del potere all’uno o all’altro. In quanto ignoranti, tautologicamente ignoriamo le ascose scienze della politica, per cui potremmo smarrire la strada maestra, che per il momento è soltanto un viottolino, anche mal illuminato, e perdere il giusto crocicchio che conduce alla condivisione di un ipotetico ‘progetto per il riscatto della Sardegna’.

Comparo, perplesso, i due ultimi interventi inseriti nel blog (3 aprile 2017). Singolarmente, entrambi recano nel titolo il medesimo auspicio, uno slogan (?), “… Per vincere”, quasi si trattasse di un concorso a premi. Il primo, a nome di Alessandro Dessì, esalta le opportunità che si aprirebbero includendo nel ‘progetto di riscatto’ l’area ‘sovranista’ (mah!). L’altro intervento, a nome di Claudia Zuncheddu, quasi si trattasse di un’immediata risposta al primo, dichiara con stentorea voce che << Il Sovranismo nasce in Sardegna come tomba dell’indipendentismo.>>, per proseguire subito dopo con un’altra affermazione buona per tagliere le gambe a qualsiasi velleità d’inclusione:<<… i sovranisti si sono distinti tra chi ha acquisito maggiore potere nel governo della RAS […] i sovranisti sono stati tra gli artefici delle politiche più devastanti della storia della RAS.>>.

Evidenzio, attonito, che chiunque leggesse i due interventi, non so quanto volutamente collegati in una dinamica proposta/risposta, può facilmente crearsi un’idea di quanto frastagliato e sfilacciato sia oggi l’arcipelago autonomista/federalista/indipendentista/sovranista (così evito gli ‘ismi’).

Sospetto, con rammarico, che, ove mai i vari staterelli riuscissero a trovare una sintesi fra le varie istanze intra-murarie, al momento non colloquianti, e convogliassero le proprie intelligenze e virilità verso un ‘progetto condiviso di Riscatto dell’isola’, ben presto, una volta giunte al ‘soglio pontificio’, le forze centrifughe che per anni sono state l’anima del loro proporsi sul ‘mercato elettorale’, potrebbero riconquistare la sopita (per esigenze contingenti) vitalità disgregatrice, ben nota e ben manifestata a più riprese nel recente passato ed in quello presente.

Registro, spaesato e con una punta di malinconica amarezza, per soprammercato, come se i problemi di amalgama e convergenza non fossero già tanti, che qualcuno propenderebbe addirittura per uno Stato clericale. Immaginando, temo, una riedizione degli scellerati Patti Lateranensi. Suggerisce addirittura di celebrare la nascita di un Stato improntato <<sui valori tradizionali di Dio>>. Modello Medioevale? Poi, magari un giorno ci intratterrà amabilmente sul contenuto di questi <<valori tradizionali di Dio>>, dando per scontato che almeno lui li conosca (io, sconsolato, poco ci credo).

Al di là del tono ludico di questo mio irriverente intervento, credo si possa affermare: “Signori! Il menu è questo!”. L’assestarsi su contrafforti opposti, lo scrutare con malizia le mosse dell’avversario, il tracciare i confini e delimitare i rispettivi campi, il marcare le differenze piuttosto che esaltare le affinità, lasciano intuire a chi osserva dall’esterno un’animosità i cui contorni son sfumati e non comprensibili e denunciano nei protagonisti la smania di primeggiare a scapito del desiderio di collaborare.

Manca completamente una cultura di prossimità e di contiguità che stimoli un reciproco riconoscimento, fondato sulla valorizzazione del pensiero plurale – non oppositivo -, che sappia trarre giovamento dalla ricchezza che solo le differenze sanno apportare. Troppo impegnati ad osservare il mondo contiguo attraverso le feritoie del proprio io. Privi di una visione globale che irraggi di luce nuova e rigenerante l’annosa ‘questione sarda’.

Se il sardismo, il concetto di autodeterminazione e l’identitarismo fossero sinceramente i valori preminenti intorno a cui costruire un valido progetto per l’isola, questo impegno e questo obiettivo da soli dovrebbero e potrebbero indurre atteggiamenti meno settari e più inclusivi. Se il fine fosse condiviso e sentito intimamente come quello cui convergere, certi distinguo, spesso poco comprensibili, sarebbero sostanza ed argomento per tavole rotonde e dibattiti a corollario del progetto comune.

Ma c’è questo progetto? Esiste la volontà fattiva, non solo impregnata di parole stagnanti, per costruirlo? Credo che i tempi siano maturi per fornire delle risposte concrete e non più elusive, che nascondono dietro un paravento di vacui sofismi l’inconfessabile urgenza di persistere nel solcare con l’aratro il proprio orticello. Ma la Sardegna, la mia e vostra terra, ha necessità di sofismi filosofeggianti o di contenuti ed azione?

Lo chiedo in maniera retorica. Le condizioni di crisi, qual è quella che stiamo attraversando, offrono anche opportunità da cogliere… L’opportunità sta dentro la crisi, ed è la giusta ed appropriata porta che si socchiude ogni qualvolta la crisi esige un mutamento delle condizioni date. Grave cecità sarebbe non vedere e non cogliere quel che si offre. Certe condizioni di recrudescenza portate dall’acuirsi della crisi, seppur cicliche, rischiano di divenire endemiche, con grosso beneficio di chi nella palude e nelle acque acquitrinose del ristagno ha sempre dimostrato di saper galleggiare.

Confido comunque in un esito positivo, la Sardegna è anche mia!