Il fronte sardo che guarda a una ampia ampia interpretazione dell’autonomismo, dell’autodeterminazione e dell’indipendenza è variegato.

Tutti i movimenti che affrontano questo tema hanno una loro opinione in un quadro ampio e generale. Davvero si fatica a comprendere quale idee concrete si possa attuare nella realtà sociale, economica e politica dell’Isola dal momento in cui si è Indipendenti.

Con una domanda voglio iniziare questa mia riflessione indirizzata a tutti i movimenti indipendentisti in Sardegna (o loro leader). Una domanda, certo non l’ultima, sul significato di questo processo evolutivo che stanno portando avanti con fatica e coraggio.

Quale differenza tra Opinione e Idea di l’Indipendenza per la Sardegna? Che cosa raccontare, e a chi, con la scelta di indipendenza nella contemporaneità? Cosa dire ancora oltre al fatto di “non voler padroni” o che “la storia racconta alcune sfumature e che noi ne abbiamo compreso altre?”

Leggo articoli e seguo con passione le opinioni differenti di quello che si vuole manifestare: di come staremo meglio se fossimo staccati da uno Stato sovrano, del timore di lasciare ai nostri figli (e ai loro figli) i disastri generati da altri (i partiti politici?) e, soprattutto, la sconfitta se non si riesce a “far decollare” e/o a passare questo progetto di indipendenza.

Alcuni tra i cittadini sono d’accordo, altri scettici, altri proprio lontanti da questo nuovo concetto di autodeterminazione che spaventa perché la domanda torna ancora: con quale idea per il dopo?

Le idee sul dopo, nel momento in cui questo si attua, è fragile e la gente lo percepisce e ha paura. Il timore è tangibile e senza una pianificazione all’atto di autodeterminazione è insostenibile. Quale soluzione (Idea) al singolo problema che si chiama con più nomi e che alcuni sono storici e cronici come: la continuità territoriale, la disoccupazione, la concorrenza sull’agroalimentare, il turismo, lo spopolamento. Attuali come la sanità, l’energia. La lista è conosciuta ai tanti e le opinione pure ma, quali Idee ?

Questo il Popolo Sardo se lo chiede. Spesso si sentono dichiarazioni tipo: “essere indipendenti è bello!” (Ne sono convinto anche io!) e che questo concetto “è sufficiente a convertire le genti”.

Allora penso al mondo fuori dalla Sardegna che va a un’altra velocità (a tante velocità), che è in continua evoluzione, e mi spaventa il fatto che si possa affrontare temi complessi senza grandi ideali o programmi coraggiosi dove affidare la vita dei nostri figli sa di “ultima spiaggia”. Perché tutti hanno opinioni e pochi idee? L’indipendentismo che si manifesta ancora tiepidamente, non è qualcosa di coraggioso che spinge non solo a “pensare in grande” ma a realizzare il bene comune?

Magari è la Vostra scuola nei movimenti. Magari sta accadendo e la gente ancora non se ne rende conto. Se io voglio essere un indipendentista e voglio dare solo delle opinioni per essere in pace con il mio istinto, non sono un buon esempio, ma sono come gli altri. Se si discute solo per le proprie opinioni che si ritiene possano essere anche le “migliore degli altri” (per quanto possa essere buona) e non faccio un salto di comunione evolutiva, ovvero non guardo in faccia il mio alleato e ci discuto, il rischio non dichiarato si manifesta contro, ovvero si rischia di essere tanti che parlano di un po’ di tutto e senza dire e/o concretizzare nulla.

Questo emerge oggi.

Parliamo del tema lavoro. Il lavoro è la base della dignità umana di ogni vita e parte del mondo. In Sardegna la mancanza di lavoro non è più un problema, è un dramma. La percentuali di disoccupazione e dispersione scolastica sono talmente elevate che il futuro è quello di una società di persone depresse, sole e vinte. Politici, cosi come economisti e sociologi, continuano a parlare del fatto che il “vecchio continente” (quindi non solo Sardegna) “sta vivendo solo una crisi”. Solo? Qui siamo davanti e in mezzo a un turbine che altro non è che un processo di trasformazione che ci sta portando tutti con la forza ad un cambiamento di paradigma. O la accetti, o ti devasta.

Nel contesto internazionale qualche “esperto” ha cercato di trovare una soluzione e, come con una matita in mano, ha provato ad unire alcuni punti (7 o 8 come in un puzzle enigmistico) senza, a oggi, trovare soluzioni. Hanno fatto solo un miliardo e mezzo di rette e l’orizzonte è che non se ne viene fuori. Bisogna cambiare. Ovvero il tema del lavoro (oggi) come concepito da sempre (lavoro = reddito) non ci sarà più, va superato. Scomparirà anche il lavoro da reddito in Europa.

Immaginare questo scenario con l’autonomia Indipendente in Sardegna fa nascere spontanea un’altra domanda: quale soluzione al dramma lavoro? Che tipo di società (sarda) sarà mancando il lavoro da reddito? Come lavorare nella Sardegna nel 2050? In quale scenario internazionale?

Altro tempo importante sono i giovani le cui frustrazioni conosciamo: di migliaia di giovani che non riescono a trovare nessun tipo di lavoro perché non è nella loro natura. Eppure i giovani di oggi viaggiano, condividono esperienze, parlano più liberamente. Sono figli dell’Erasmus! Quando li vediamo “rimbambiti” perché sono connessi al telefonino, stanno condividendo qualcosa con qualcuno. Quali idee per loro nello scenario dell’ora e del dopo indipendenza?

La mia opinione (a proposito di opinioni) è che si discuta di quello che siamo stati e per conto proprio. Godere di sbandierare la propria indipendenza e poi stare a vedere. Bisogna essere sinceri: non sta funzionando! Il Vostro messaggio non arriva alla gente nonostante l’enorme impegno che ci mettete. Non arriva perché se credete che la Sardegna possa essere davvero Indipendente, bisogna superare il limite del confronto tra di voi. Vi dovete parlare di più ma non una, dieci, cento volte, ma mille. La dichiarazione di “staccarsi da Roma”, va superata.

La mia idea (a proposito di idee) e/o le mie proposte che avanzo in questa stesura di riflessione, le faccio con la mente e il cuore per il bene comune. Sono due: la prima è quella di invitarvi ad una riflessione paritaria, tutti i movimenti che credono in questo Progetto, e insistere. Parlarvi cercando di intravedere una strada unitaria (la più difficile) ma ancora più Profonda. Uscire dalle vostre stanze e da una stanza comune, con un programma per i prossimi cinquant’anni per la Sardegna, per la Vostra gente, per tutto il Popolo.

La gente vuole autenticità, cose concrete e realizzabili.

La seconda proposta vi invita alla generosità e al buon senso rispettando la volontà di ogni singolo movimento che crede davvero alla Sardegna come Nazione. È il sogno e la proposta di una Federazione, una Madre che raggruppi tutti i Movimenti Indipendenti. Creare quel grande valore aggiunto che si chiama comunione. È la forza per l’autonomia indipendente, la spina dorsale che alimenta il coraggio.

Una Federazione che sia capace di ascoltare e valorizzare, di accogliere e di ricevere, di indirizzare e di programamre. Che sia qualcosa di più grande per la Sardegna. Il Vostro percorso deve essere un percorso più intimo per capire la gente e cosa volere. Più intimo significa che si deve avere la capacità e la consapevolezza adulta dei Movimenti per arrivare a comprendere quali sono i presupposti per definire la Sardegna come Nazione.

Allontanate il rischio che essere indipendenti sia casuale. Non può esistere qualcosa di casuale e non casuale. Se il corpo (la Sardegna) è mezzo in salute e mezzo malato, la verità è che è malato. Se non credete nello stato sovrano chiamato Italia, dateci quella speranza che voi insieme riprestinerete la Nazione. Ci dovete credere. Ci dobbiamo credere. Deve essere qualcosa di grande: che da Voce, corpo e coraggio.