La vicenda “voucher” è emblematica di quanto sia inaffidabile l’attuale classe politica nazionale.
La stessa maggioranza politica (praticamente con lo stesso governo !), dopo aver dato il suo assenso incondizionato al Jobs act – ovviamente assente nel programma elettorale del maggior partito di governo – che tra il 2014 ed il 2015 ha determinato una liberalizzazione “selvaggia” del mercato del lavoro con l’abolizione dell’art. 18 e l’estensione omnibus dell’utilizzo dei voucher, ieri ha annunciato di aver raggiunto un accordo per la quasi totale eliminazione di quest’ultimo sistema.

Il motivo ? evitare o “sterilizzare” un referendum abrogativo proposto (legittimamente) dalla CGiL.
E’ così, la stessa maggioranza (molto relativa) che ha bloccato il Paese con la “guerra” referendaria per non aver voluto cercare una sintesi con le minoranze parlamentari, ma – soprattutto – con quasi tutte le classi sociali della cittadinanza, oggi invece “trema” di fronte ad un normale tema di confronto democratico e stravolge completamente il proprio “credo” politico predicato come un mantra fino a due mesi fa.

Ma veniamo al punto giuridico della vicenda “voucher”.

L’istituto venne “inventato” dal governo Berlusconi nel 2003 (“legge Biagi”), inizialmente per le sole categorie del lavoro domestico o dei piccoli lavoretti, poi parzialmente modificato nel 2008 dal governo Prodi ed ampliato sempre da Berlusconi nel 2010.

Ma è col binomio Monti – Fornero che la platea di utilizzo dei voucher si amplia notevolmente. Ed infine ecco la liberalizzazione più ampia: il Jobs act Renzi- Poletti innalza i limiti da 5.000 a 7.000 euro annui ed elimina dalla legge la dicitura “di natura meramente occasionale” che era l’essenza del buono lavoro.

Fatto sta che nel 2016 vengono venduti ben 134 milioni di voucher da 10 euro l’ora e gli italiani – in un momento di crisi feroce – hanno comunque fruito di un istituto che attribuisce un minimo di legalità a quella zona grigia costituita dalle sporadiche collaborazioni, che prima si “rifugiavano”, prevalentemente, nel lavoro “nero”.
Giusto ? Sbagliato ? l’analisi non è semplice e richiede competenza, fuori dalle logiche partigiane.
Ha un senso che il legislatore intervenga (nuovamente e a distanza di dopo pochi mesi) su questo istituto ?

Sì, magari ponendo dei paletti più stringenti su: importo totale per lavoratore e impresa (2/3 mila euro l’anno sono sicuramente accettabili), costo (12/14 euro l’ora può essere il “prezzo giusto”) e tracciatura di tutti i flussi per evitare abusi (provate ad entrare nel sistema informatico dell’INPS per capire quanto sia farraginoso il sistema, inizialmente, e facilmente eludibile, nella seconda fase).

Gettare invece il “bambino con l’acqua sporca” è un atto politico irresponsabile.
Già, perché le imprese (soprattutto le piccole sulle quali è fondata la parte più stabile dell’economia italiana) che hanno programmato investimenti e forza lavoro – lecitamente – sulla base di una legge dello Stato, che fanno ? Si arrangino, l’importante è evitare il referendum (pensano!).

E i tanti lavoratori in nero, false partite iva o lavoratori occasionali a copertura zero, che almeno di una piccola retribuzione e tutela previdenziale (pensiamo in caso di infortunio sul lavoro) potevano godere ? Saranno assunti (ci diranno, sapendo di mentire).

Un classe politica responsabile, svolgerebbe questa analisi e stabilirebbe delle misure progressive di riconversione del lavoro a voucher, con un sistema che consenta, effettivamente, ad imprese e lavoratori che hanno rapporti di lavoro occasionali o sporadici (fino a 8 giornate in un mese), una copertura contrattuale e previdenziale minima e semplificata in termini di burocrazia e costi complessivi. Una piccola impresa, un libero professionista, un artigiano spesso non godono di un margine di guadagno tale da consentirgli l’assunzione di un lavoratore nemmeno a part time; mentre un budget di 2 / 3 mila euro l’anno per avere una piccola collaborazione sporadica, potrebbero tranquillamente impiegarla.

La scelta nella quale sembra invece andare l’attuale maggioranza è quella di un ritorno al passato “lava-coscienza” nella quale l’unico risultato sarà che i voucheristi torneranno ad essere lavoratori in nero a tutti gli effetti (con benefit a favore dei datori- evasori, che spesso hanno bisogno di “spacciare” contante) o a rilasciare la solita ricevuta per “prestazione occasionale” che – fino al limite di € 4.800 euro l’anno per lavoratore – è fiscalmente esente, oltreché totalmente scoperta sul piano previdenziale.

Non ci resta che piangere, oppure sperare di tornare presto a votare e cancellare con la matita copiativa questa classe dirigente che, oltreché incompetente (ma questa non è una novità), ha dimostrato di non essere coerente nemmeno con le proprie, recentissime, scelte.
*avvocato