Sulle origini e significato del carnevale non tutti gli studiosi sono concordi, esso certamente affonda le sue radice nell’era precristiana-pagana con i suoi riti dionisiaci. Rappresenta il disordine anche se ritualizzato socialmente, è desiderio di libertà, di disinibizione della censura sociale attraverso il travestimento. La trasgressione ne è uno degli l’elementi fondamentali.

Cosa è diventato oggi il carnevale nei nostri paesi? Esiste ancora questo elemento di fondo senza il quale, almeno per il sottoscritto, è difficile parlare di carnevale?

Mi vengono in mente alcuni temi messi in scena in questi ultimi anni: pirati dei caraibi, personaggi di Walt Disney, yellow submarine, Michael Jackson, festa della birra, antico Egitto, minions, Saint Patrick’s day…

Potremmo dire che oggi il carnevale è un indicatore dello stato di salute della nostra coscienza collettiva?

Se così fosse forse dovremmo davvero preoccuparci. La manifestazione, salvo rarissimi esempi testimoniati per lo più da maschere singole, è oggi la rappresentazione del futile, dell’insulso e di ciò che non ci appartiene, una manifestazione allena dunque fatta più per sfoggiare abiti sfavillanti e musiche da k.o. che per trasmette un qualunque messaggio, solo una festa in maschera dunque.

Possibile che la Sardegna manchi di temi che la caratterizzano e che si possano rappresentare anche in maniera ferocemente trasgressiva? O forse non abbiamo alcuna realtà degna di essere rappresentata? Che sia scomparsa come un bel (si fa per dire) gioco di prestigio? Tutto ciò avrà qualcosa a che vedere con il sentimento di appartenenza/autostima di popolo?

Possibile che non si possano rappresentare in chiave carnevalesca qualcuno dei mille problemi che attanagliano la nostra terra? Forse che continuità territoriale, globalizzazione, disoccupazione, emigrazione, spopolamento, servitù militari, inquinamento, abbandono scolastico, politica locale, regionale, nazionale… siano temi tabù?

Una semplice festa mascherata.

E sempre se così fosse potremmo tentare di individuare qualche responsabile? Ho più volte scritto che il luogo dove è trasmesso il sapere ritenuto importante dalla società è la scuola. Il fatto che in essa non si ritrovino elementi della nostra cultura (storia e lingua sarda in primis) significa che per la scuola di casa nostra i sardi non hanno prodotto alcunché degno di approdare nel luogo della formazione delle coscienze! Ma la scuola, statale romana, dipende dalla politica. Possiamo individuare nella nostra classe politica e dirigente qualcuno che si sia adoperato per la rimozione di questo blocco? Come è possibile che abbiamo permesso e continuiamo a permettere tutto ciò? Potremmo mai perdonare?

Si potrà fare qualcosa o siamo oramai senza speranza?

Ma forse ha ragione un giornalista commentando il carnevale di San Gavino “per un giorno tutti hanno voluto dimenticare la crisi e i problemi…” un po’ come il panem et circenses degli imperatori romani: è proprio vero che la storia si ripete!