Io e Anthony ci conosciamo da qualche tempo. Prima, come capita ormai di sovente, grazie ai social network e poi finalmente anche di persona.

Ho sempre apprezzato il suo lavoro di giornalista e l’ho seguito durante tutta la sua esperienza come direttore dell’Unione Sarda. Quello che mi piaceva della sua conduzione al giornale era la chiara percezione del suo amore per la Sardegna.

Un amore anche contrastato e pragmatico, sempre con l’idea di raccontare l’isola senza favole o, peggio, frottole. Un modo di guardare la nostra terra certo apprezzandola ma in maniera, diciamo così, normale.

“Normale”. Un termine che mi piace molto. Quello che davvero manca in Sardegna è questo, la normalità.

In Sardegna tutto è eccezionale, sia quando vogliamo palesare una cosa piacevole e pure quando risulta sgradevole. Quando è bella diciamo che non ha pari al mondo e quando è brutta improvvisamente cadiamo in depressione.

E’ quello che succede anche con la lingua sarda, quando la vantiamo e guai a chi la tocca ma, al contrario, la trattiamo come qualcosa di poco valore, folkloristica o poco altro.

Anche in questo Muroni segna un cambio di mentalità. Già durante la sua conduzione del quotidiano cagliaritano donava spazio al sardo con articoli e riflessioni e poi, finita quella esperienza ha proseguito ad utilizzarlo, sempre nel solco della normalità.

Davvero belli i suoi video reportage dagli Stati Uniti, pochi giorni prima delle elezioni americane. La normalità quindi nel sentire sulle difficoltà di Trump e Clinton, raccontate nel suo bel sardo di Tresnuraghes, senza nessuna posa finto-etnica ma solo il quotidiano raccontare le notizie. E poi con l’apertura del suo blog, con tutti gli articoli pubblicati sia in sardo che in italiano. Mai vista una cosa così.

O meglio, vista solo nei siti frequentati e diretti dagli attivisti del movimento linguistico che in questi anni stanno cercando di far uscire dall’angolo questa nostra tormentata lingua. La normalità allora, e non una posa da rivoluzionario anni ’70. L’utilizzo della lingua con pari valore rispetto all’italiano, all’inglese, al francese, spagnolo e così via.

Da qualche anno sono anche io un attivista del movimento linguistico ma, in verità, mi sono avvicinato a questo mondo solo perché ho visto un cambio di rotta e modalità nelle politiche di salvaguardia della lingua. Politiche nuove quindi che guardano avanti dove l’obiettivo non è quello di parlare solamente di poesia, vecchi racconti o musica sarda (per carità, importantissimi anche questi).

Dove il confronto non è tra dialetto nuorese e ogliastrino, cagliaritano e ozierese ma Sardo e Inglese, Sardo e Spagnolo, Sardo e il mondo intero.
Quante volte ci hanno annoiato con discorsi sulla identità sarda. Ma, pensiamoci, questa benedetta identità cosa rappresenta davvero, qualcosa che si mangia? Il porchetto arrosto? La famosa ospitalità locale? Le grosse sopracciglia maschili o le favole della Acabadora o del matriarcato?

Ve lo dico io cosa esprime l’identità di un popolo: la sua Lingua e la sua Storia. Questi sono i fondamentali e lasciarli all’oblio è come disconoscere la propria madre.

Ma, ripeto, la questione non è sempre legata al fattore emotivo o a un passato più o meno glorioso e per questo io e altri giovani ci siamo avvicinati a questo mondo. Abbiamo compreso l’importanza e la validità del lavoro fatto in questi ultimi anni, attività di gran pregio, editoria, scuola, standard, radio e televisione, modernità, aria fresca, finestre aperte.

Anche io ho fatto corsi di sardo scritto, qui a Sassari, con insegnanti preparati, utilizzando Lim elettroniche, materiale didattico innovativo, norme ortografiche sicure.

Grazie a questo lavoro oggi abbiamo programmi informatici in sardo, giochi elettronici in sardo, Facebook in sardo, Telegram, Sintetizzatore vocale, Traduttori on-line (CROS, Apertium) nuove opere letterarie e traduzioni di classici come Don Chisciotte e perfino opere mai tradotte in italiano come “Segamentos de Ancas” (Breaking Knees) di Zakaria Tamer. E altro ancora, confronti con altre realtà europee, con Bilingualism Matters (Bilinguismu Creschet) grazie alla collaborazione con l’Università di Edimburgo in Scozia.

E si parla e si scrive di tutto: politica, scienza, filosofia, storia, religione, musica rock. Tutto si può dire e fare col sardo.

E la cosa più importante, parliamo in sardo con i nostri figli, e questi sono contenti perché hanno modo di conoscere la lingua della loro terra e la confrontano con altri codici linguistici e li aiuta nell’apprendimento delle altre lingue, italiano, inglese, spagnolo e altre.

Ma questo lavoro continua grazie a pochi eroi perché purtroppo, da tre anni la Giunta Pigliaru ha bloccato tutto. Hanno bloccato il grande lavoro fatto negli ultimi dieci anni dove il sardo stava cominciando a riconquistare lo spazio che merita nella società sarda, nella normalità. Dicevano che avrebbero fatto meglio ma di fatto hanno distrutto quanto di buono realizzato.

Lo dobbiamo dire con forza, hanno fatto e stanno continuando a fare danni, ancora oggi. Dicono che sono interessati, che ne comprendono l’importanza, dicono che ci stanno lavorando e che dobbiamo avere pazienza e … e … niente. Tutto finito, trasmissioni Radio Rai in sardo terminate, sportelli linguistici chiusi, finanziamenti con poche briciole assegnati per qualche piccolo progetto scolastico dove si possono pagare al più matite e fogli, senza nessuna visione complessiva e tutto lasciato alla passione e alla buona volontà degli insegnati.

Una ricerca universitaria del 2007 dell’università di Cagliari ha calcolato che in Sardegna, ancora oggi, i parlanti Sardo o lingue alloglotte, Gallurese, Sassarese e Catalano sono circa 1.000.000; la più grande comunità linguistica all’interno dello Stato italiano.

La minoranza linguistica friulana è la seconda con 600.000 parlanti e la terza quella tedesca con 300.000. Queste ultime (come pure la Val d’Aosta) tutelate con grandi agevolazioni e sovvenzioni dovute alla loro condizione linguistica e noi con un palmo di naso. Una vergogna. Se non capiamo questo siamo un popolo disgraziato e, lasciatemelo dire, fesso.

Ma voglio pensare e essere positivo. C’è una nuova leva di giovani che viaggiano, conoscono il mondo, che hanno compreso la grande ricchezza culturale che hanno a disposizione e voglio riprendersi la loro lingua, nella normalità, per riconoscersi sardi senza rifiutare modernità e progresso, in pace con l’Europa e il mondo che ci sta attorno.

E allora grazie anche a Anthony Muroni che già da parecchio tempo ne ha compreso l’importanza e prosegue nella maniera più consona, per una lingua sarda normale e per una Sardegna altrettanto … normale.