(Pro lèghere s’artìculu in sardu pùnghere subra sa bandera in artu)

Nereide sembrava senza morte e senza vecchiaia. La sua mente limpida guardava al tempo venturo, il cuore accarezzava pensieri d’amore alla terra natale e alla gente virtuosa di Sardegna, allo stesso modo di quand’era una ragazza delicata e desiderata. L’avevo sentita avantieri mattina, una telefonata di mezz’ora, fiorita di idee nuove e fresche come la neve dei nostri monti in queste giornate di inverno rigido.

Pensava al Premio Alziator e aveva gradito con tutto il cuore la delibera del Comune di Bosa di regalarle la cittadinanza onoraria. “Te la sei meritata, grazie a Dio”, le avevo detto. “Può darsi di sì”, mi aveva risposto. “Da 80 anni vado lì, in estate”.

Per Antonio Gramsci era decisa a fare di tutto per riportare le sue ossa in Sardegna: “Non ci fa nulla, a Roma, nel cimitero degli Inglesi. A me sembra un cattivo destino, anche Emilio Lussu avrebbe voluto riposare sotto l’albero grande del suo cortile, ad Armungia, ma la moglie non ha mai rivelato dove aveva disperso le sue ceneri”.

Lei non lo sapeva, ma il destino le aveva riservato un regalo speciale, dandole il tempo giusto per fare una sorta di testamento senza misura di anni. Nel novembre scorso aveva concluso -con i suoi allievi Sabrina Perra e Giuseppe Puggioni- un gioiello di lavoro sui femminicidi (ma lei preferiva la parola più prettamente latina, muliericidi), in Sardegna AMD edizioni.

Questo libro arricchisce e completa il patrimonio lasciato in eredità alla sua terra, con “L’isola dei coralli” del 1997”, Nis edizioni, un’analisi accurata e geniale sull’identità dei Sardi, l’osservazione di chi guarda nelle profondità del mare dove si nasconde il corallo.

Nereide Rudas è anche autrice di una lunga serie di pregevoli studi su varie patologie psichiatriche: alla psichiatria aveva dedicato la vita come docente dell’Università, direttrice della Clinica psichiatrica e la scuola di specializzazione, oltre che presidente della Società italiana di psichiatria forense.

Ma la sua figura vola al di sopra della scienza medica: il valore della persona conta più del lavoro nella professione scelta. Nereide è stata e continuerà a restare per sempre una Grande Madre Nostra Mediterranea alla maniera di Giovanni Lilliu (suo amico prediletto).

Ci lascia l’indicazione di un cammino adornato dalla genialità e abbellito dal sentimento di chi non morirà mai. Lei sarà sempre soltanto Nereide, senza neppure bisogno del cognome.