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Ho letto con molto piacere l’articolo sul “sardismo liquido” di Vittorio Sella. Bell’articolo, davvero! E oltre che bello, assolutamente condivisibile.
Nell’ottobre 2013, con un articolo pubblicato sul sito ufficiale del PSd’Az (“Ballarò e la strana leggenda del sardismo diffuso”) avevo criticato il concetto comodo di “sardismo liquido” in un preciso momento politico: la presenza di Michela Murgia, candidata indipendentista alle elezioni regionali del 2014, nella trasmissione “Ballarò” di Floris!
La prima vera occasione per sdoganare a un livello mediatico più ampio l’indipendentismo sardo era miseramente fallita, con discorsi che non hanno mai neanche sfiorato i temi cari al sardismo.
Qualcuno lesse in questo mio contributo un attacco personale alla scrittrice ma in realtà non c’era nulla di personale verso di lei, e lo dimostrai all’indomani della grande manifestazione anti-militarista a Capo Frasca, quando scrissi sul sito internet della Murgia che la sua valutazione era, tra le tante sentite in merito alla protesta contro le servitù militari, la migliore e la più condivisibile.
Sta di fatto che da quella sua partecipazione alla trasmissione su Rai Tre presi spunto appunto per stroncare definitivamente il concetto di “sardismo diffuso”. E oggi tendo a ribadirlo: il sardismo non è per tutti e non è di tutti!
Una destra italiana contraria a riconoscere la presenza di etnie diverse da quella italica all’interno dello stato italiano non può definirsi sardista. Una sinistra italiana che disconosce la presenza di altre lingue oltre a quella fiorentino-italiana all’interno dello stato italiano non può autoattribuirsi geni sardisti! Volendo rimanere all’attualità: come può definirsi sardista chi al recente referendum di riforma costituzionale ha parteggiato per una modifica che voleva dare una libertà condizionata all’Autonomia sarda?
Per onestà intellettuale, occorre ammettere però che esiste un sentimento autonomista-sovranista-indipendentista-separatista che non è riconducibile ad un unico partito! Anche alla luce delle tante scissioni che ha subito lo storico sodalizio dei sardisti, il PSd’Az. E’ dunque necessario tentare di fare una sintesi tra i vari partiti e movimenti.
Anche e soprattutto per evitare che un qualcosa – il sardismo – che non è di nessuno in particolare, diventi conseguentemente “di tutti”, all’occorrenza, quando fa comodo!
Bene quindi un dialogo continuo tra i sardisti veri. Negli ultimi anni, ho proposto più volte al mio partito, di farsi promotore di un “Assise permanente” tra i vari sodalizi indipendentisti, un’assemblea generale che si riunisca per definire una posizione unitaria sui grandi temi della politica sarda!
Non per forza propedeutica ad un unità elettorale, anche se ciò è auspicabile! È una maniera completamente diversa di vedere l’unità tra indipendentisti: non partire dalla fine (l’alleanza elettorale “a freddo”, che al primo risultato negativo si sfalda non senza un codazzo di polemiche e accuse), bensì dal punto di partenza (la condivisione sui temi e l’abituarsi a pensare a più teste).
Oggi, a questa mia proposta aggiungerei una postilla: escludere tutti quei movimenti e partiti indipendentisti che non hanno regole democratiche di partecipazione al loro interno. Evitare dunque i partiti-persona, dove non esiste una logica di rotazione tra esponenti nei posti dirigenziali.
Le carrozze per un solo uomo-messia non servono al sardismo. Servono solo a dare importanza a determinati personaggi avidi di considerazione mediatica! Per questi individui il sardismo è un mezzo, non un fine!
È il sardismo settario, l’esatto contrario del sardismo diffuso, ma ugualmente deleterio!
Bravo riberto
L’idea di una assise permanente è ottima ! Potrebbe essere il vettore per far rinascere l’autocoscienza ;
Solo partendo da lì , dalla coscienza orgogliosa della nostra diversità , possiamo iniziare il percorso per autodeterminazione del popolo sardo , o quantomeno per avere un peso politico nel determinare le scelte che riguardano la Sardegna .
Partendo dalla conoscenza e rivalutazione della nostra storia .. dalla preistoria ad oggi è dal diritto a trasporti efficienti che ci consentano di non sentirci prigionieri in casa
….Il ” Diritto ai Trasporti, visto che NON ce lo Concedono, CE LO DOBBIAMO COSTRUIRE….Come ?? : Invogliando la Cantieristica Navale IN ” LOCO “, o, Avvalendoci di ALTRE TECNOLOGIE….
*”e dal diritto a trasporti ”
L’iPhone fa strage di grammatica 😊
Roberto : tutto giusto, tutto condivisibile.
Dalle parole ai fatti ora. Uomini di buona volonta’ che si riconoscono almeno in parte in ciò che Mette ha scritto, muovano i primi passi per un incontro serio e concreto nell’interesse della Sardegna e di tutti i sardi.
Le carrozze monoposto non ci interessano : scendete.
Sto seguendo molto attentamente il dibattito sul sardismo e la sua applicazione.premetto nella ,ai famiglia sia da parte di padre che quella materna ho un solo cognome di matrice sarda,sino alla quarta generazione.alla luce di questa considerazione su cosa si basa il sardismo.la vincoliamo alla residenza,alla nascita o alla proprietà immobiliare.appartenere a una etnia presuppone condividere lingua,storia e nemico comune.per inciso per nemico intendo non solo l’aspetto violento ma anche culturale.non credo esistano condizioni tali per coagulare un pensiero sardista tale da generare un sentimento identitario.
Rispondo solo a una parte del commento (il resto è legittimo esercizio di opinione): ovviamente non sono i cognomi – sardi o non sardi – a determinare l’essere sardista o meno! Questo discorso l’ho già sentito parecchie volte e il più delle volte la domanda nascondeva una sorta di “presa in giro” verso il sardismo, come che ci fosse una patente di sardista, previa valutazione dell’esistenza di stringenti requisiti! Sardista è chi vuole l’autodeterminazione del popolo sardo, a prescindere da dove è nato, da quali cognomi porta, dal colore della pelle e dalla religione! Sardista è chi ama la Sardegna più di se stesso e chi vorrebbe per il popolo che abita l’isola la possibilità – dopo secoli – di poter essere arbitro del proprio destino. Solitamente il passo successivo in precedenti discorsi analoghi era l’evidenziare la presunta chiusura in se stessi e l’intransigenza verso gli altri popoli! Ovviamente non è così: il sardismo è apertura al mondo e agli altri popoli. Decidere in maniera autonoma in casa propria non significa automaticamente sbarrare porte e finestre della casa stessa! Lo si può fare anche con porte e finestre aperte 😀
Sembra quasi che il vero problema di alcuni “sardisti” sia rappresentato da Pili. A questo punto, sarebbe lecito chiedere a costoro di mettere a confronto le loro azioni politiche con quelle dello stesso Pili per far capire, a noi elettori, la differenza tra chi fa e chi dice di voler dare o la differenza tra chi, potendo fare cento, si limita a fare dieci o si impegna per dare novanta. Credo che Pili, col suo agire, abbia toccato un nervo scoperto di alcuni indipendentisti/sovranisti/autonomisti ecc..Ha dimostrato che certe azioni politiche possono essere fatte e non solo teorizzate. Ha dimostrato che si può e si deve sfidare lo Stato per pretendere il rispetto dai diritti, senza cercare di “farselo amico” per ottenere dei favori. Sinceramente, in vent’anni che seguo la vicenda politiche, ho visto ben pochi dare ciò che sta facendo lui in questo anni. Ne ho visti tanti battere i pugni nelle scrivanie dei vari circoli o alzare la voce rivolgendosi alla platea durante i comizi elettorali ma pochissimi capaci di picchiar duro, così come sta facendo Pili, contro il ministero della difesa e quello dell’economia. Iniziò a pensare che le critiche nei confronti di Pili, talvolta siano dettate solo dall’invidia e dalla rabbia per aver messo a nudo l’incapacità politica di chi muove le stesse critiche. Anche perché c’è seriamente da chiedersi che cosa ha combinato il Partito Sardo in tutti questi decenni di così utile e duraturo per la Sardegna, ciò che ha fatto Irs quando stava in Regione e ciò che sta facendo Maninchedda, che pure cerca di ergersi come il Nuovo Padre della Nazione Sarda. Magari alcune cose non riesco a comprenderle e gradirei che mi fossero spiegate. Una cosa la so. Si che si vince con il consenso e che per ottenerlo occore puntata si ciò quel consenso riesce a raccoglierlo da una platea molto ampia. Quella composta dal cero medio, non ideologizzata e non facente parte dei circoli “elitari” dei puristi del sardismo. Per intenderci, quello che non sono tesserati nei partiti del “1, poco poco.” Ad oggi, tra le forze in campo, l’unico che può attrarre consensi da parte di quella platea è solo ed esclusivamente Pili. Fare una guerra personale nei suoi confronti e puntare a ghettizzarlo, significa solo scegliere, consapevolmente, di relegare il movimento indipendentista nel limbo politico. Significa stare ancora a menarcela sul da fare in futuro, impedendoci di essere protagonisti nel presente. Due sono le cose che bisogna fare: 1) Individuare un leader che riesca a traghettare i vari movimenti verso la vittoria delle elezioni (dopo aver stilato un programma fattibile e condiviso), creando un varco tra i movimenti sardi e i partiti italiani, impedendo in questo modo che i partiti italiani continuino nell’opera di colonizzazione assogettando il popolo sardo attraverso il ricorso al clientelismo. 2) Aprire una seria discussione con lo Stato Occupante per calendarizzare tutta una serie di interventi da eseguire in Sardegna nell’arco del quinquennio amministrativo. Riflettette di tutto ciò.
Rileggendo, ho notato vari errori generati dal correttore automatico. Chiedo scusa. Sforzatevi per dare un senso logico e certe frasi “sconclusionate”. 🙂
Vittorio Sella
Una precisazione
Grazie,Roberto, per la tua valutazione. Concordo sul fatto che il sardismo non debba essere un mezzo, cioè uno strumento d’occasione elettorale. Il sardismo è un fine, vale a dire in maniera sintetica la realizzazione di un progetto che superi i problemi che la contemporaneità della società sarda ci presenta portandosi dietro i “nodi storici” della nostra condizione di marginalità e dipendenza dai Poteri Esterni. La tua riflessione è da condividere perché induce ad una seconda considerazione, cioè al fatto che la società sarda si riscatta nel suo insieme con la partecipazione attiva di tutti i suoi ceti sociali.Una componente in solitaria non si salva.Divulgare questa visione significa anticipare una risposta al caro Gianfranco che si interroga sul che cosa si basi il sardismo. In questa circostanza è bene osservare “le peculiarità” delle problematiche che vincolano il nostro presente.Averne consapevolezza favorisce il cammino per sviluppare una visione globale della marginalità della Sardegna e del bisogno di Autogoverno. Che si misuri, senza spirito di sudditanza, ma alla pari con il resto delle regioni dell’Italia e dell’Europa. Per praticare questi sentieri c’è bisogno di una Soggettività Sardista Alta, diversa dal sentire effimero dei generali senza esercito,come in altre riflessioni precedenti mi è stato possibile sostenere. Perciò esprimo gratitudine al direttore di questo sito, palestra di libero confronto di idee in difesa della Sardegna, aperta al grande mondo.Buona salute e ischina ritza.
Di sardismo si parla in tutte le salse ,ognuno ha la sua visione del sardismo e tanti vantano più sardità di altri .
La storia ci insegna che la nostra isola da tempi lontani non riesce più a trovare la sua libertà benché abbia continuato a mantenere il suo carattere che non si può dire che sia per una scelta ideologica ma tanto perché il mare ha pensato di tenere lontano le culture contaminanti e così anche la malaria non è stata un grande richiamo. Solo nel dopoguerra si è continuata la bonifica delle paludi iniziate da Mussolini ed è anche iniziato il grande saccheggio con l’insediamento delle servitù militari e delle industrie altamente inquinanti ed è iniziato il grande processo di conversione della cultura da agropastorale a cultura operaia e impiegatizia. La Sardegna con i politici che l’hanno amministrata è stata completamente assoggettata al potere italiano e nonostante l’isola abbia ricevuto una marea di contributi pubblici per uno sviluppo economico a parte pochissime eccezioni non è riuscita a realizzare un tessuto economico che abbia potuto garantire un benessere nella popolazione. Adesso c’è il turismo che stà crescendo a dismisura e che se non verrà gestito in maniera intelligente farà correre il rischio che le bellezze della nostra isola vengano banalizzate come tanti altri luoghi del mondo che vengono consumati come qualsiasi cosa che l l’uomo moderno è capace di fare.
Intanto i pochi abitanti dei paesi dell’interno sempre più scoraggiati da una politica miope e stolta abbandonano i loro paesi alla ricerca di un lavoro e alla ricerca di un illusorio benessere. Voglio dire che la Sardegna ha un urgente necessità di trovare la sua indipendenza per non dover dipendere da uno stato che da in momento all’altro può decidere qualsiasi cosa per la nostra terra infiaschiandosene della protesta di quei quattro gatti quali siamo . Ma dobbiamo capire che lo stato italiano non ci darà mai l’indipendenza ma solo noi dovremo conquistatrla in maniera pacifica mettendo innanzitutto le basi per una cultura di autodeterminazione che dovrà essere sopratutto economica.
😀
Giacomo, Pili non era il mio obiettivo! Te lo giuro sulla mia camicia! 🙂 Davvero, sarebbe stato molto inelegante fare i nomi, ma posso però escludere che c’è l avessi con Mauro Pili! In ogni caso possiamo esprimere le nostre opinioni, eventualmente divergenti, col sorriso. Grazie cmq della considerazione 😉
Ci sfugge la realtà, quella realtà che ci inchioda al fatto di essere ,per numero, quanto un quartiere di Istambul o di qualsiasi altra grande città.
Siamo però sulla buona strada. Tra non molto potremmo contare su un partito o movimento politico Sardista per abitante.
(“Poco , locos y mal unidos ” ). I grandi predatori sanno bene come siamo fatti .Mentre noi continuiamo con i voli pindarici, alla Regione Sarda -dietro piccola mancia-, sono pronti a cedere ,più o meno a gratis, le migliori aziende agricole e le terre pubbliche. Sono le prime avvisaglie dell’assalto alla Sardegna. Tra non molto la diaspora dei Sardi avrà delle similitudini con quella dei Palestinesi; con una differenza : loro sanno che senza la terra non si è più nulla.