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Credo che si da mettere nel conto il risveglio del sardismo in vista del prossimo rinnovo del consiglio regionale. Non sarà la prima volta che ciò accadrà. Basta ricordare le esperienze del recente passato, quando il sardismo liquido ha bagnato le sponde della sinistra tradizionale e degli schieramenti di centro destra.

Le succursali delle segreterie nazionali del sistema dei partiti, decentrate in Sardegna si sono nutrite di un sardismo di occasione, da fine settimana per autoaffermarsi e catturare consensi.

Ma che sia stata una pratica di pura facciata lo ha dimostrato la realtà effettiva delle cose con la presenza dei problemi irrisolti come il costo dei trasporti, la viabilità in abbandono nell’interno della Sardegna con i paesi in continua morienza, il tramonto del sistema industriale ed il continuo consumo del suolo, i costi eccessivi dell’energia, la pressione fiscale ed il peso frenante della burocrazia.

Temi sotto gli occhi di tutti da anni, mentre avanza lo spopolamento e la fuga dei giovani in cerca di futuro fuori dalla nostra isola. Perciò l’uso della espressione “sardismo diffuso”, slegato dalla politica sardista legata all’economia progressiva, ha generato confusione, equivoci ed a volte ha coperto le responsabilità dirette di chi si è alternato al governo della Sardegna.

Non è casuale il fatto che certa pubblicistica tenda a fare uso di tesi del tipo “noi non sapevamo”, che appaiono orientate a rimuovere le responsabilità storiche delle classi governanti della “rinascita fallita” e a chiamare in causa l’intera società sarda, compresa quella componente sociale che ha subito e persino contrastato le scelte di chi ha tenuto in mano le leve del potere decisionale.

Da una analisi frettolosa delle cronache politiche presenti nelle pagine dei quotidiani sardi degli anni tra il 1995 e il 2005 del secolo scorso viene alla memoria che al “sardismo diffuso”hanno fatto riferimento anche quelle forze politiche ostili al sardismo storico ed a qualsiasi progetto di affermazione del principio politico di autogoverno dei sardi in Sardegna, direbbe con sapienza il sociologo Nicolò Migheli.

E non stupisce il fatto che di sardismo liquido si siano servite le lobby politiche di destra, che, per storia politica e principi, hanno operato per negare i principi del federalismo solidale, del decentramento dei poteri e dell’uso della lingua sarda in quanto anima e memoria degli abitanti della Sardegna.

Negarla ha significato cancellare il principio di appartenenza e spianare sul piano culturale la strada al dominio del monolinguismo; ha significato oscurare uno degli elementi fondamentali della identità in evoluzione dei sardi nel contesto più ampio dell’Italia e dell’Europa dei popoli. Per queste ragioni l’espressione “sardismo diffuso” è diventata una vuota locuzione, che è stata pronunciata e legittimata per giustificare il proprio essere nella battaglia politica di fronte ai sardi, per poi tradirne le aspirazioni, i bisogni e le aspettative.

Locuzione che nell’immediato può aver fatto presa, ma che di fatto è stata pronunciata per giustificare progetti e programmi in netto contrasto con le attese dei sardi, che aspiriamo a vedere realizzata una società diversa da quella attuale, con maggiore protagonismo endogeno, con maggiore partecipazione alle fasi dello sviluppo nei vari settori dell’economia.

Di fatto alla domanda di Sardismo è stata data come risposta una Politica economica che ha indirizzato uno sviluppo distorto e negativo, che ha portato imprenditori abili nel captare le risorse finanziarie per poi dirottarle in altri contesti, esterni alla Sardegna, andare via dalle terre marginali, relegando nell’assistenzialismo i dipendenti.

E’ per queste ragioni che occorre uscire dalla confusione, separare la realtà dalle promesse, distinguere il vero sardismo da quello fuorviante e falso, che uscirà dalle bocche di coloro che nella realtà della pratica del governo continuano a operare nel segno opposto rispetto alle condizioni di marginalità della Sardegna. Spetta al nuovo soggetto politico, animato dai movimenti che si battono per l’autodeterminazione dei sardi, battere la strada dell’unione e del contrasto del sardismo di maniera, sempre in agguato nelle competizioni elettorali.

Consiglio ai naviganti: lasciate che il confronto si svolga con opinioni motivate. Per questo lungo viaggio c’è un moto sardo che dice: in caminu s’aconzat su garriu. Credo perciò che non siano utili le matite che un tempo usavano i maestri delle scuole elementari per sottolineare eventuali errori e distribuire pagelle.