Bisogna tornare indietro di oltre tre secoli, al 1713, quando la Spagna, attraverso il Trattato di Utrech, cede Gibilterra alla Gran Bretagna.
Deriva il suo nome dall’arabo “Il Monte di Tariq”, nome appunto del condottiero arabo che conquistò la Spagna nel lontano 711d.c.

Un’alta roccia che da sul mare dall’importanza strategica fondamentale.
Proprio nella famosa roccia, all’ultimo referendum Brexit, i suoi abitanti hanno fatto sapere con chiarezza che di uscire dall’Europa non ne vogliono sentire.

Coglie la palla al balzo a Giugno, nell’immediato dopo-brexit, l’allora Ministro degli Esteri Josè Garcia Margallo, che ci vede una grossa opportunità per poter ripiantare, dopo oltre 300 anni, la bandiera spagnola. Oppure una “sovranità condivisa”, in questo caso con Londra che divide il compito con Madrid. Verosimilmente fantapolitica, ma sono tutte carte che i britannici giocheranno per ottenere una permanenza nel mercato unico europeo.

Nel referendum per scegliere con quale nazionalità stare, nel 1967 gli abitanti al 99% scelsero la Gran Bretagna. Nel 2002 invece, una nuova proposta referendaria proponeva appunto di dividere la sovranità fra Spagna e Gran Bretagna con la popolazione che ancora una volta votò per la sola sponda inglese con il quasi 99% delle preferenze.

Gibilterra si è inoltre schierata con un sonante 96% per il “remain” nel referendum Brexit.

Abitata da poco più di 30 mila persone, fieramente sudditi di sua maestà, ha davanti a se la Spagna e dietro di se il mare, compreso quello dell’incerto. Il suo omonimo stretto è spesso associato alle Colonne d’Ercole, concetto e spazio oltre il quale, nella mitologia, il mondo era sconosciuto.

Ogni giorno attraversano il confine di Gibilterra oltre 12 mila spagnoli per ragioni lavorative. Ma su cosa si basa l’economia? Motore trainante è senza dubbio quello dei servizi finanziari (circa 500), oltre ad aziende che si occupano di e-commerce e i giochi on-line. Solamente in questi ultimi, trovano lavoro oltre 3.500 addetti. Il tutto incorniciato all’interno di un regime fiscale da favola: la corporate tax (tassa sui redditi d’impresa) è solamente del 10%.

Fra i più decisi, per ovvie ragioni, a trovare un buon accordo post-Brexit, c’è senz’altro Fabian Picardo, il primo Ministro di Gibilterra. Teme, come annunciato pubblicamente di recente, si possa ripetere una chiusura delle frontiere, come avvenuto nel 1969 durante il periodo franchista ed effettivamente riaperto a pieno regime nel solo 1985.

Poco più di un Km di confine che vale oro.
Diverse sono state le voci che si sono levate nel commento postumo al risultato referendario, sempre nell’ambito degli sbocchi commerciali delle attività residenti nella “roccia”.

Edward Macquisten, il presidente della Camera di Commercio ha dichiarato: “Non siamo preoccupati, abbiamo convissuto con questa situazione per 300 anni. Se un mercato chiude, ne troveremo altri”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Marcus Killick, amministratore della Isolas, una società che si occupa di consulenza legale e fiscale a Gibilterra.

Riferendosi appunto all’esito del voto Brexit e paragonandolo ad un grosso meteorite, vuole vedere la parte buona della situazione, ricordando quanto spesso l’essere piccoli, come appunto Gibilterra, possa essere un vantaggio: “Quando il meteorite colpì la terra facendo estinguere giganti come i dinosauri, i topi si salvarono e non si sono estinti”.

Voce importante anche quella di Nick Cowan, al timone del Giblaltar Stock Exchange, che non esclude, se i negoziati Brexit non vadano nel verso giusto, di aprire una società sussidiaria in un altro stato dell Ue con benefici fiscali, verosimilmente a Malta.

Sono in totale oltre 1,2 milioni i Britons che vivono all’interno della Ue, di cui quasi 310 mila in Spagna, il paese che ne ospita di più. Di recente il governo di Madrid ha già fatto sapere che una volta fuori dal blocco europeo, chiederà il conto a Londra sulle spese sanitarie dei suoi cittadini in Spagna. Mosse mediatiche che fanno certamente parte della partita a scacchi per Gibilterra.

Una partita che si gioca proprio là, nello stretto di mare prima dell’Oceano, parte delle Colonne d’Ercole, dove oltre le quali anticamente albergava il vuoto e il mistero, ma anche la speranza di trovare terre migliori e piene di ricchezze. Sarà proprio la piccola popolazione che gli ha dato il nome, con il suo stretto, a sapere cosa ci sarà oltre le colonne, stavolta non d’Ercole ma del Brexit.