La Sardegna ha detto No. Oltre il 72% dei cittadini sardi ha votato contro la riforma costituzionale anche al fine, come affermato dal Presidente del Consiglio Regionale Ganau, di non vedere limitato o cancellato lo spazio di autonomia, a nostro giudizio storicamente insufficiente a difendere con efficacia gli interessi della nostra Nazione.

Focalizzando la questione sulla nostra terra, il dato politico rilevante è che oggi il presidente Pigliaru, con la sua visione politica e le sue strategie unioniste, ha clamorosamente fallito.

La sua sconfitta è ancora più eclatante di quella del suo datore di lavoro Matteo Renzi, già dimessosi dalla carica di primo ministro. Pigliaru e la sua impalpabile Giunta oggi appaiono al popolo sardo come un corpo estraneo, isolati dal contesto sociale in cui dovrebbero governare e vivere, totalmente inadatti a guidare la Nazione sarda.

Non possiamo neanche parlare di un ridimensionamento della forza di un Presidente e di una Giunta che sono stati eletti con il voto di due sardi su dieci e che di fatto non hanno mai rappresentato la comunità sarda.

In tal senso le dimissioni del Presidente Pigliaru, così platealmente delegittimato, sarebbero un atto dovuto, un gesto di dignità e responsabilità, ma sappiamo bene che ciò non avverrà. Se c’è una cosa a cui la classe politica sarda unionista è attaccata è la poltrona, la coerenza non è un concetto che rientra nella loro sfera politica.

La domanda che ora dobbiamo porci è quale possa essere il campo d’azione e di proposta delle forze politiche che sono rimaste escluse dalla rappresentanza in Consiglio Regionale da una legge elettorale iniqua.

Così come abbiamo suggerito prima del referendum, a nostro avviso è necessario dare inizio a una fase costituente per la riscrittura dello Statuto sardo che allarghi gli spazi di sovranità su temi cruciali per il nostro futuro come fiscalità, istruzione, energia, politiche sociali e beni culturali.

Una Carta Fondamentale dei sardi che allarghi il nostro orizzonte politico fondata su tre principi come il riconoscimento della Nazione sarda, la co-ufficialità della Lingua sarda e delle altre Lingue di Sardegna, nonché il diritto a decidere.

Per questo rinnoviamo l’invito alla massima partecipazione dei soggetti politici nazionali sardi e a tutti i cittadini che oggi hanno preso coscienza dei pericoli legati agli istinti centralisti dello Stato italiano. Riscrivere lo Statuto insieme sarà un atto di unità e di responsabilità nazionale.

Cambiare lo Statuto per cambiare la Sardegna può e deve essere il nostro obiettivo storico, la nostra missione, la strada comune verso la piena emancipazione politica, economica e sociale del popolo sardo.

*segretario nazionale di Progres