L’assessore Gianmario Demuro, comunque si giudichi la sua attività di assessore in questi 32 mesi, ha confermato di essere una persona seria e perbene.

Non è mai cosa scontata. Anche perché quando le persone serie e perbene incrociano la politica e i suoi rituali spesso ne rimangono condizionati. E ne vengono cambiati.

Altra persona seria e stimabile è l’assessora Elisabetta Falchi che, sola contro tutti, spesso contro i suoi stessi alleati, ha gestito un assessorato difficile in un momento difficile.

Risulta che abbia resistito su più fronti, non cedendo a nessuna pressione. Onore a lei, imprenditrice prestata per quasi un triennio a un servizio pubblico.

In controtendenza rispetto al “lunare” comunicato post-voto dell’onorevole/presidente/professore Francesco Pigliaru (secondo cui in sostanza niente è successo, visto che si votava sul referendum, mica su di lui), la politica sarda – inevitabilmente – è in fibrillazione. Siamo entrati, anche se l’orizzonte delle elezioni resta quello del febbraio 2019, nel lungo periodo pre-elettorale. Quello in cui ci si riposiziona e si gettano le basi per il futuro.

In quest’ottica andranno letti movimenti e sommovimenti dei prossimi giorni. Anzi, alcuni possiamo già iniziare a leggerli: il Partito dei Sardi, che da settimane dà segni di insoddisfazione, non ha partecipato al voto sulla riconferma degli assetti consiliari di metà legislatura. Significa che Maninchedda si prepara ad uscire dalla maggioranza? Io sono per respingere questa visione semplicistica e un po’ ingenerosa nei confronti dell’intelligenza del più politico tra gli assessori in carica. È vero invece il contrario: il Partito dei Sardi si candida a guidare la ristrutturazione del centrosinistra sardo e della natura di questa Giunta. Non è detto che sia un male. Se cambiano, non potrà che essere in meglio. Anche perché far peggio – e chiamo a testimone il 73% dei sardi – è veramente impossibile.

C’è poi un dato politico che è impossibile ignorare – in prospettiva strategica uguale e contraria a quella di Maninchedda – e riguarda l’uscita dalla maggioranza dei RossoMori.

Non tanto e non solo perché a febbraio 2014 risultò il secondo partito della coalizione, quanto per il messaggio che arriva da Muledda e Pau: “Non può esserci convergenza con un partito (il Pd) che non ha confermato gli impegni in nessuno dei settori strategici che erano al centro del patto di coalizione. La scelta non è solo contingente ma di prospettiva: non saremo più alleati e lavoriamo all’alternativa”.

È un messaggio che si inserisce in un quadro destabilizzato, che fa i conti con un elettorato fluttuante – in Sardegna più che altrove – che è in cerca di una casa e di una prospettiva seria per il futuro.

Pare di capire che RossoMori lavorerà a un progetto nuovo: una coalizione identitaria, ancorata su forti valori democratici, che sia capace di parlare con tutti i settori della società sarda. Una formazione moderna e inclusiva, capace di fornire un’alternativa credibile ai poli tradizionali, che risulti attrattiva di positività diffuse.

È una prospettiva affascinante. Vediamo chi e con quali modalità sarà capace di dargli gambe, cuore e anima. Proprio le caratteristiche che sembrano mancare all’attuale governo regionale.