Quella di ieri non è stata soltanto una grande vittoria del NO, ma è stata un’importantissima affermazione della Democrazia, in particolare di quella forma di Democrazia senza intermediazioni nella quale i cittadini possono esprimere direttamente la propria volontà.
Ieri è stato un autentico trionfo della Democrazia Diretta.
Quella stessa forma di potere popolare che noi del Canton Marittimo, come tanti prima di noi, citiamo sempre tra i principali punti di forza ed emblema del modello politico elvetico e che rappresenta la base sulla quale è costruito il successo della Confederazione Svizzera.
Ieri, dopo anni, i seggi elettorali sono tornati ad essere pieni, pieni di cittadini che hanno ritrovato la fiducia di dire la loro, che fosse per un NO o per un SI, senza doversi affidare a una classe politica sempre più distante, sempre più incapace e disinteressata, nelle proprie logiche di potere, dal rappresentare la reale volontà popolare.
Ieri non si votava per i partiti e su nomi designati dalle loro segreterie, ma si votava su qualcosa di concreto e lo si è potuto fare anche senza quel limite, rappresentato dal raggiungimento di un quorum, che aveva fatto fallire tutte le ultime consultazioni referendarie.
Ieri hanno, finalmente, vinto i cittadini !!!
E ieri, in Sardegna, grazie al referendum, si è realizzato un altro risultato storico.
Noi Sardi abbiamo dimostrato, con un voto quasi plebiscitario, che non è vero che siamo per forza ”pocos, locos y malunidos”.
Anzi il nostro sentimento comune di insoddisfazione, che per molti di noi significa anche lontananza, non solo geografica, dal potere italiano, si è clamorosamente rivelato in un tutta la sua potenza.
Oggi, dobbiamo partire proprio da qui, con questa precisa consapevolezza, per costruire il futuro della Sardegna !!!
Caro Enrico
le sue considerazioni sono molto interessanti e spiegano molto bene perché ci chiamano a votare sempre meno e sempre con minore potere di scelta.
Quanto sarebbe bello e democratico iniziare in Sardegna una stagione di referendum (o referenda per i latinisti), magari resi più efficienti con tecnologie più moderne di carta e matita (purché non ci si metta a discutere all’infinito di ciò senza indirli), che consenta (proprio sul modello svizzero tra l’altro) di sentire gli elettori sardi su temi importanti e su cui si avverte una scarsa capacità di rappresentanza:
1. un referendum abrogativo della legge elettorale regionale attuale che è un abominio creato per escludere i nuovi movimenti, allontanare dalle urne i non politicizzati e conservare il potere in mano all’uno e poi all’altro schieramento e così in un pauroso disastro sotto gli occhi di tutti.
2. un referendum consultivo sulle servitù militari imposte da tenere presso i comuni che ricevono gli effetti negativi e positivi di tali attività
3. un referendum consultivo o direttamente abrogativo sulle nuove province o simil enti creati di nuovo calpestando l’esito referendario del 2012 (che vergogna)
4. un referendum consultivo sulle nuove centrali o parchi eolici o fotovoltaici che consumano il territorio presso le aree interessate che di nuovo possono subire gli effetti negativi e positivi
5. un referendum consultivo sulle iniziative energetiche di ricerca o direttamente combustione con rilevanti emissioni in ambiente o trasformazione del paesaggio da tenere presso i comuni interessati che ne potrebbero subire gli effetti negativi e positi
Per arrivare quindi al referendum dei referendum che riguarda tutta la Sardegna e il suo futuro
Saluti
Salve Vale, questo che lei descrive è esattamente ciò che avviene da secoli in Svizzera e questo è il modello di riferimento per noi, promotori dell’iniziativa Canton Marittimo., ma anche per tanti altri studiosi e amministratori in giro per tutto il mondo. Per esempio, recentemente la neo Sindaca di Madrid sta importando questi concetti alla sua amministrazione per la capitale spagnola.
In Svizzera si vota su qualsiasi cosa, tanto a livello comunale, che cantonale o confederale, è sufficiente raccogliere un numero sufficiente di firme.
Oltre il 30 per cento dei referendum che si sono svolti a livello mondiale, dal XVIII° secolo in poi, si è tenuto in Svizzera.
Tre o quattro volte all’anno gli Svizzeri ricevono a casa le schede e le spiegazioni sui quesiti referendari proposti, possono votare e rispedire la scheda, con la semplicità che potrebbe avere un sondaggio statistico.
Naturalmente, gli Svizzeri hanno una cultura civica che noi non possediamo ancora, ma che dovremmo iniziare ad acquisire, partendo dai nostri figli.
D’altra parte quando si tratterà di creare le basi costituzionali e giuridiche della futura Nazione Sarda, pensiamo forse di clonare il modello italiano che tanti sfaceli ha portato? O piuttosto, sarebbe preferibile adattarne uno che funziona?
Per inciso, venendo alle vicende odierne dell’Italia, la Costituzione che è attualmente in vigore nella Confederazione Svizzera è in vigore dal 1999. Soltanto 17 anni fa è stata completamente riscritta.
Buona serata