Se avessi avuto, anche solo per un momento, l’idea che questa riforma potesse in qualche modo migliorare la condizione sociale ed economica di noi sardi, sarei passato sopra tutte le mie perplessità sulla sua dubbia forma linguistica e giuridica, sulla sua improbabile sostanza, sul titolo ingannevole e su tutti gli altri trucchetti usati per indurre gli italiani a votare sì.

Sarei anche riuscito a fare finta di niente sul fatto che un Premier, che si regge su una maggioranza raccogliticcia, abbia tenuto per due anni in ostaggio il Parlamento per fare approvare, a colpi di fiducia, Legge elettorale e riforma della Costituzione, senza mettere davvero mano ai problemi del Paese e della Sardegna.

Non mi si venga quindi a dire che i sardi, al limite dell’autolesionismo, abbiano votato contro il rinnovamente ed il miglioramento della propria vita: i sardi hanno votato in massa contro una riforma scritta male e volta a ridurre ancora di più il loro potere di autodeterminazione.

Partiamo da qui per ricostruire condizioni di vita e progresso eque e condivise, lontano da segreterie, clientele, centri occulti di affari e false promesse che si ripetono da oltre cinquantanni; non disperdiamo questa occasione di rinnovato comune sentimento identitario.