Senza la sua lingua un popolo è morto. E l’autonomia culturale è essenziale per la conservazione e la sopravvivenza di un popolo.

La lingua è un fattore base per l’autonomia culturale e quest’ultima è la matrice della libertà, dell’indipendenza e del riscatto sociale ed economico di un popolo.

E la cancellazione dell’autonomia culturale è alla base di ogni colonialismo.

Il nostro problema? Una classe dirigente espressione di una neoborghesia intellettuale di per sé corrotta, priva di iniziativa, arretrata e pusillanime, pronta a servire in ogni occasione.

Una classe dirigente assente, una classe politica debole e insufficiente, una impalcatura statale dominante, un’incapacità totale di autogoverno. E quindi di autonomia.

E’ il pensiero di Antoni Simon Mossa, ma io ne condivido anche le molecole.

Oggi il Partito Sardo d’Azione ne ricorda la figura a cent’anni dalla nascita.

Non potrò essere presente ma sento che sarò comunque là con loro, nella speranza che quelle idee, quegli empiti, quegli slanci, anche quelle contraddizioni (perché anche di contraddizioni sono fatte le vite e le esperienze) possano risuonare nel Palazzo di città di Sassari e permeare dapprima il glorioso partito dei Quattro mori e poi contagiare tutta la politica sarda.