La tendenza non è di oggi, ma si sta facendo via via più consolidata: nelle nostre città rinascono le botteghe artigiane, ma in versione 3.0: ad aprirle sono ragazzi poco più che ventenni, microimprenditori che si rimboccano le maniche e non aspettano, a volte recuperano il mestiere del nonno e a volte fanno da soli.

Ma con un obiettivo: usare le mani per sporcarsele, recuperando saperi antichi e ridisegnando il percorso del proprio futuro.

Accanto e prima delle istituzioni pubbliche,sono i privati ad aver intuito per primi le potenzialità dell’artigianato di qualità, e le prospettive future delle moderne botteghe che recuperano il passato senza rinunciare all’high tech.

Uno di questi soggetti illuminati è la Fondazione Cologni dei Mestieri d’arte, che dal 1995 si focalizza proprio nella valorizzazione dei mestieri artigianali tradizionali, non con finanziamenti a pioggia ma con progetti mirati. Il rpogetto ora si è chiuso con l’edizione attualmente in corso, che ha permesso a 110 fra diplomati e laureati delle migliori scuole di arti e mestieri italiane di entrare nel mondo del lavoro.

Abbiamo intervistato il fondatore e presidente, Franco Cologni, già numero uno di Richemont e Cartier, una delle voci che abbiamo interpellato anche nel nuovo Vita di maggio, dedicato proprio alle «fucine d’Italia» per capire quanto è stato fatto e come continuerà l’impegno.

Una delle tendenze più recenti nel settore del lavoro è quella che vede il sapere del passato declinato al futuro, ovvero gli antichi mestieri riscoperti dai giovani, anche laureati. Vi risulta questo fenomeno? Quali ragioni lo determinano?

La crisi degli ultimi anni ha reso necessaria una seria riconsiderazione dei valori alla base delle scelte professionali dei giovani. In un mondo del lavoro caratterizzato da precarietà e insicurezza vale la pena intraprendere percorsi più coerenti con i propri sogni, i propri talenti e le proprie passioni. È in questo contesto che i mestieri artigianali tradizionali hanno riacquistato la loro forza attrattiva: oggi, non essere in grado di fare niente è un fattore estremamente squalificante. Un ricambio generazionale in questo settore era atteso da tempo, non solo per la sopravvivenza stessa del “saper fare” ma anche per il potenziale innovativo che le nuove generazioni, esperte di nuove tecnologie e mezzi di comunicazione, possono apportare.

I nuovi mestieri artigianali spesso lasciano i territori extraurbani per approdare direttamente in città. Qual è l’impatto sulla realtà urbana e nei quartieri? Artigianato e metropoli sono quindi compatibili?

Nelle città assistiamo oggi al recupero di vecchi capannoni industriali, che vengono trasformati in centri culturali, spazi aperti a piccoli designer e autoproduttori, luoghi di condivisione e apprendimento per ragazzi e adulti dove le tecniche artigianali tradizionali incontrano gli strumenti più innovativi. Interessante è anche il nuovo turismo dell’artigianato che si sta diffondendo nelle vie dei centri italiani, alla riscoperta delle botteghe storiche. Le stesse vie delle nostre città, Milano in testa, sono ancora imbevute dall’eco delle antiche professioni: armorari, spadari, speronari, orefici… L’artigiano metropolitano, una definizione coniata da Enzo Biffi Gentili, è una figura di estremo interesse che si colloca idealmente a ponte fra la tradizione e il futuro: il genius loci delle città ancora permea le antiche tecniche, e al contempo le suggestioni del design contaminano il saper fare e lo fanno evolvere.

Artigianato e formazione. Quale rapporto dovrebbe instaurarsi tra i mestieri e la scuola? In Italia si fa abbastanza in questo senso?

Tra il mondo della formazione e il mondo del lavoro in generale dovrebbe esserci un contatto costante e continuativo. Bisogna dare la possibilità ai ragazzi di riscoprire i mestieri più tradizionali sin dai primi anni; solo conoscendoli e “provandoli” potranno innamorarsene. Per amare bisogna conoscere, e per troppi anni i mestieri d’arte sono rimasti nell’ombra. È importante che i giovani apprendano il “sapere” insieme al “saper fare” e, soprattutto negli ultimi anni di formazione, dare loro la possibilità di fare esperienze significative all’interno di aziende e botteghe. In Italia abbiamo scuole di arti e mestieri che il mondo ci invidia: penso alla Scuola dell’Arte della Medaglia di Roma, agli Istituti di Restauro, all’Istituto di Liuteria Stradivari di Cremona… ci si concentra tanto sulla teoria, come è giusto che sia, ma troppo poco sulla pratica. A livello istituzionale, recentemente, sono stati fatti buoni passi avanti, per esempio, con l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro. Bisogna insistere di più su questa strada.

Esistono azioni per sostenere l’artigianato e la formazione al lavoro che potremmo importare dagli altri paesi europei?

In Giappone i maestri d’arte di più alto livello, che si impegnano a tramandare gli antichi mestieri tradizionali, vengono nominati dall’Imperatore Tesori Nazionali Viventi. In Francia le istituzioni sostengono e promuovono le attività artigianali, anche economicamente, e premiano i professionisti eccellenti tra i giovani e tra i più esperti. In ambito formativo, nei paesi nordici si da molto più rilievo alle attività manuali e l’apprendimento pratico è parte integrante dello studio teorico. In questo ambito c’è un notevole divario da colmare, proprio a livello di cultura del “craft” e di riconoscimento del valore dei maestri d’arte.

Quali progetti o attività della vostra Fondazione a sostegno dell’avvicinarsi dei giovani ai mestieri d’arte ritiene di segnalare?

“La regola del talento” è un progetto fotografico ed editoriale realizzato nel 2014 per raccontare la realtà di alcune tra le migliori scuole italiane di arti e mestieri, da cui è nato il sito www.scuolemestieridarte.it che le raccoglie e le presenta al pubblico. Negli ultimi quattro anni, inoltre, la Fondazione Cologni ha finanziato 110 tirocini per giovani apprendisti, che hanno avuto la possibilità di formarsi nelle botteghe di tutta Italia. Inoltre, la Fondazione si impegna nel coinvolgimento dei più giovani, attraverso attività didattiche e di laboratorio e visite guidate alle Case Museo di Milano. A livello accademico, invece, tiene corsi e seminari sui mestieri d’arte presso il Politecnico di Milano, Creative Academy, Università Bocconi e altre realtà formative d’eccellenza.

(Tratto dal sito vita.it)