Si è tenuta oggi, presso la sede della Fondazione Berlinguer, in via Emilia a Cagliari, una conferenza stampa sulle posizioni del NO al referendum costituzionale.
Il professor Costantino Murgia ha illustrato un documento, firmato inizialmente da un gruppo rappresentativo (ma stanno già arrivando decine di adesioni da tutta la Sardegna) di dirigenti, amministratori, ex parlamentari ed elettori del Pd sardo.

L’Avvocato Guido Calvi, Presidente del Comitato nazionale “Scelgo NO” ha risposto alle domande dei giornalisti ed è entrato nel merito delle argomentazioni.

Ecco il documento:

MANIFESTO
LE MOLTE RAGIONI DEL NO ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE
Il prossimo 4 dicembre 2016, si dovrà votare NO per molti motivi.
1) LIBERTA’ DI ESPRESSIONE, ANZITUTTO
Quando si discute della modifica di ben 43 articoli della nostra Carta Costituzionale, non possono certo essere invocati limiti di appartenenza (ai partiti politici, alle associazioni, alle formazioni sociali), o fatti balenare ricatti di vario genere.
2) IL NUOVO SENATO
Il progetto di riforma prevede la trasformazione del Senato in “Camera rappresentativa delle Istituzioni Territoriali”. I Senatori dovrebbero essere eletti dai Consigli Regionali: contemporaneamente, però, si ipotizza che una legge ordinaria regolerà l’elezione dei membri del Senato della Repubblica tra i Consiglieri Regionali e i Sindaci…in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi (art. 2 del Progetto). Trattasi di contraddizione non priva di ambiguità perché una legge ordinaria non dovrebbe poter modificare una norma nel frattempo divenuta di grado costituzionale, per esempio introducendo elementi di elezione diretta dei Senatori. Peraltro, la sottrazione del potere di eleggere i Senatori, attualmente attribuito agli elettori, viola un principio fondamentale, contenuto nell’art. 1 della Costituzione (la sovranità appartiene al popolo), rendendo costituzionalmente illegittimo l’intero progetto di riforma, che infatti potrà intervenire, eventualmente, solo a mezzo di un’Assemblea Costituente.
3) SVILIMENTO DELL’AUTONOMIA REGIONALE
La previsione del Senato come “Camera rappresentativa delle Istituzioni Territoriali” avviene in un contesto di profondo svilimento del sistema delle Autonomie Regionali. A queste condizioni, una seconda Camera non ha più alcun senso, risultando priva di poteri adeguati e rappresentativi di tali istituzioni (il contrario di quello che accade negli Stati fortemente decentrati – per esempio U.S.A. e Germania Federale).
4) AGGRAVAMENTO DEL PROCEDIMENTO LEGISLATIVO
La possibilità per il Senato di disporre di un potere legislativo “paritario” in alcune materie, nonché di incidere in vario modo su tutte le altre materie legislative riservate alla Camera dei Deputati, comporta un evidente aggravamento dei procedimenti legislativi (cresciuti tra l’altro di numero a dismisura): cosa che contrasta indiscutibilmente con l’obiettivo della semplificazione, ritenuto decisivo da chi ha proposto la riforma.
5) SCARSO RILIEVO DELLA SARDEGNA IN SENATO
Le Regioni con pochi abitanti, come la Sardegna, non avranno alcun peso significativo nel nuovo Senato, contrariamente a quanto previsto attualmente (un minimo di 7 Senatori). Basti pensare che la Lombardia avrà il 17% dei seggi disponibili, al pari di altre Regioni che parimenti godono di percentuali elevate. Il Trentino Alto-Adige, con una popolazione inferiore di 1/3 a quella della Sardegna, ha diritto a 4 Senatori. Avrebbe dovuto essere verosimilmente introdotta una rappresentanza paritetica, come accade per esempio negli U.S.A., quindi con un numero eguale di Senatori per tutte le Regioni, o comunque con una quota minima adeguatamente rappresentativa.
6) RISCHIO PER LA STABILITA’ DEI GOVERNI
I Consiglieri Regionali, divenuti Senatori, decadranno col finire della legislatura di appartenenza, con possibile incidenza negativa sulla stabilità dei governi.
7) ACCRESCIUTA INGERENZA DELLO STATO SULLE COMPENTENZE DELLE REGIONI
Molte delle attuali competenze legislative delle Regioni sono trasferite allo Stato (che disporrà complessivamente di 51 materie, a fronte di 15 delle Regioni), in quanto sarebbe assolutamente necessario separare il potere legislativo dei due soggetti. Sennonché, relativamente a diverse sue competenze esclusive, lo Stato può emanare “disposizioni generali e comuni” (mentre il potere di attuazione dovrebbe spettare alle Regioni), nonché intervenire – addirittura solo su proposta del Governo – nelle materie regionali “quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica ed economica della Repubblica, ovvero dell’interesse nazionale”: prerogativa, questa, che appare incidere anche sulle Regioni a Statuto Speciale, diversamente non avrebbe alcun senso il carattere “nazionale” dell’intervento. Entrambe le suindicate previsioni, quindi, contraddicono clamorosamente l’esigenza di una netta separazione delle competenze legislative in questione. Peraltro, l’accentramento legislativo, determina un’evidente modifica della forma di Stato, possibile nel nostro ordinamento soltanto attraverso un’Assemblea Costituente. Anche in questo caso, quindi, siamo in presenza della palese violazione di un principio fondamentale, non modificabile in sede di revisione costituzionale, dato che la Costituzione in vigore (art. 5) “riconosce” le Autonomie Locali, qualificandole, tra l’altro, come “costitutive” della Repubblica (art. 114).
8) COMBINATO DISPOSTO RIFORMA COSTITUZIONALE/LEGGE ELETTORALE
La riforma costituzionale è strettamente connessa alla legge elettorale n. 52/2015 (cd. “Italicum”), la quale, infatti, incide sull’assetto “materiale” della Costituzione, prevedendo, tra l’altro, in violazione di principi affermati dalla Corte Costituzionale (Sentenza n. 1/2014): un premio di maggioranza svincolato al secondo turno da qualsiasi soglia minima; la possibilità per i capilista di essere eletti direttamente e primariamente; il depotenziamento del voto di preferenza da attribuire ai candidati, designati a loro volta prescindendo da qualsiasi modalità di previsione legislativa, perché affidata, in pratica, ai “capi partito”. Nemmeno la legge fascista Acerbo (1923) aveva previsto tanto, avendo introdotto il limite del 25% per l’attribuzione del premio di maggioranza, e fatto salvo il diritto di esprimere le preferenze; inoltre, in caso di mancato raggiungimento della soglia, i seggi sarebbero stati attribuiti, all’epoca, su base proporzionale. Il sistema incide negativamente anche sulla formazione degli organi di garanzia, dato che il Presidente della Repubblica, dal settimo scrutinio, può essere eletto dal Parlamento con la maggioranza dei 3/5 dei “votanti” (non dei “componenti”); alcuni Giudici Costituzionali saranno a loro volta designati in numero di 3 dalla Camera dei Deputati, con decisioni condizionate chiaramente dal contenuto della legge elettorale.
9) FORTI LIMITI ALL’INIZIATIVA LEGISLATIVA POPOLARE
E’ previsto il limite di 150.000 elettori (non più di 50.000) per le proposte legislative di iniziativa popolare.
10) SOPPRESSIONE DELLE RELAZIONI ISTITUZIONALI CON LE FORMAZIONI SOCIALI
L’abolizione del CNEL viene ipotizzata senza la creazione di alcuna nuova relazione istituzionale con le formazioni sociali.
11) CONTRADDIZIONI IN TEMA DI ABOLIZIONE DELLE PROVINCE
Il capo IV della riforma non dovrebbe applicarsi alle Regioni con speciale autonomia. Quindi, l’abolizione delle Province, prevista in tale capo (art. 29 del progetto), non potrebbe interessare le stesse Regioni.
12) COORDINAMENTO FINANZA PUBBLICA E RIDUZIONE AUTONOMIA REGIONALE
Gli artt. 117, 2° comma, lett. e), e 119, 2° comma, come modificati dal progetto, prevedono che lo Stato fissi “i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”, con evidenti ricadute negative sui bilanci regionali e locali, stante anche la possibilità per lo Stato di modificare annualmente il regime delle entrate e delle spese delle Regioni, con conseguente vanificazione dei poteri autonomistici delle Regioni interessate.
13) MANTENIMENTO ORGANISMI INTERMEDI, NONOSTANTE L’ABOLIZIONE DELLE PROVINCE
Le Province, nelle Regioni dove sono abolite, saranno sostituite da altri organismi intermedi, quindi non eletti direttamente (Città Metropolitane e Unione di Comuni): perciò, sotto questo profilo, non cambia nulla, anzi vi è un aggravamento del numero di tali organismi.
14) REFERENDUM PROPOSITIVO SOLO IPOTIZZATO
Il referendum propositivo e di indirizzo è semplicemente ipotizzato, ma non realmente previsto e regolamentato.
15) LIMITE DEL VOTO UNICO SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE
La libertà dell’elettore è fortemente limitata dall’impossibilità di differenziare il voto a seconda delle materie costituzionali interessate.
OSSERVAZIONI GENERALI CONCLUSIVE
In conclusione, il progetto di riforma presenta limiti inaccettabili che ne impongono il rigetto in sede referendaria, anche per le seguenti ragioni:
❖ il suffragio universale è considerevolmente ridimensionato, con una evidente deminutio del ruolo del popolo, destinato a diventare “folla plaudente ed acclamante del capo”, nel contesto di una democrazia “recitativa”;
❖ i ceti popolari, i partiti, le formazioni sociali, i sindacati, il popolo in conclusione, sono considerati solo elementi di intralcio alla “velocità” che dovrebbe caratterizzare l’azione dell’unico potere ancora rilevante, quello esecutivo, con un grave limite alla partecipazione di tutti alla vita pubblica, condizione basilare di un vero sistema democratico;
❖ l’accentramento del potere legislativo in capo allo Stato ed il conseguente rafforzamento dell’esecutivo senza adeguati contrappesi, sono suscettibili di creare condizioni di estrema pericolosità per il mantenimento del sistema democratico, soprattutto quando dovessero prevalere elettoralmente formazioni politiche che considerano l’autoritarismo e l’esercizio unilaterale e personale del potere come dato assolutamente indispensabile dell’età contemporanea;
❖ è stravolto un principio basilare fissato dalla Costituzione vigente, quello dell’autonomia, sia “istituzionale”, che della “persona”, espressione contestuale della cultura cattolica, liberale e socialista;
❖ è assurdo che una riforma costituzionale venga giustificata con la necessità di creare risparmio, che tra l’altro sarà di poche decine di milioni, a fronte di una spesa pubblica totale di circa 500 miliardi. Peraltro, simile obiettivo avrebbe potuto essere raggiunto molto più efficacemente con la riduzione contestuale del numero dei Deputati (ancora oggi 630, contro i 441 degli U.S.A.): cosa che il Presidente del Consiglio si è ben guardato dal proporre;
❖ la riforma non è il frutto di un vero consenso tra le forze politiche ed è intervenuta con lo spettro dello scioglimento anticipato delle Camere;
❖ le asserite disfunzioni istituzionali non sono conseguenza del bicameralismo perfetto, ma dei conflitti e delle dinamiche di natura esclusivamente politica;
❖ la presenza di membri del governo nei media è assolutamente sproporzionata e mai avvenuta in passato, quando si è discusso di modifiche costituzionali;
❖ lo svilimento del suffragio universale, la creazione di uno Stato centralizzato e autoritario costituisce una grave offesa ai molti partigiani che hanno dato la vita – o subito complessivamente 27.735 anni di carcere – per ridare libertà e dignità ad un’Italia democratica, incentrata su basi federaliste e decentrate. La Costituzione è un solenne patto di amicizia e fraternità di tutto il popolo italiano, cui essa lo affida perché se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore….Sarebbe perciò il caso di avere ancora un po’ di rispetto per la memoria di quelli che, cadendo nella lotta contro il Fascismo, pagarono per tutto il popolo italiano il tragico e generoso prezzo di sangue per la nostra libertà e la nostra indipendenza (Terracini). Del resto, il diritto, e, ancora di più, la Costituzione, servono per fare forte ciò che è giusto, e non giusto ciò che è forte (B. Pascal).
Cagliari, 30 ottobre 2016

Costantino Murgia, Cagliari

Carlo Salis, Cagliari

Marco Sini, Monserrato
Ennio Meloni, Gonnesa

Pietrina Canu, Cagliari

Francesco Berria, Nuoro
Francesco Carboni, Alghero

Antonio Attili, Ozieri

Gavinuccia Arca, Castelsardo
Davide Golosio, Sassari

Franco Benucci, Cagliari

Ninni Depau, Cagliari
Yuri Marcialis, Cagliari

Claudia Secci, Cagliari

Marco Benucci, Cagliari
Rita Rosas, San Basilio

Tarcisio Nazzari, Cagliari

Daniele Cocco, Sassari
Marco Manca, Sassari

Domenico Serra, Mores

Dario Cuccuru, Sassari
Gianvito Marongiu, Sassari

Pasquale Lubinu, Ossi

Nellino Prevosto, Nuoro
Elisabetta Bosano, Cagliari

Silvia Congiu, Cagliari

Andrea Trincas, Cagliari
Gianpiero Liori, Cagliari

Antonio Calledda, Siliqua

Carlo Boi, Cagliari
Salvatore Marras, Cagliari

Wanda Orrù, Cagliari

Marino Canzoneri, Iglesias
Antonio Achenza, Iglesias

Salvatore Virdis, Quartu

Giovanni Brundu, Cagliari
Michele Schirò, Cagliari

Marco Siddi, Cagliari

Rossana Perra, Cagliari