Donald J. Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti.

Rovesciando i pronostici e il tifo contrario dell’establishment e delle star di Hollywood ha travolto la prima candidata donna alla presidenza nella storia della democrazia americana. Una donna di qualità, certamente più preparata politicamente di lui ma rivelatasi profondamente invisa all’America profonda.

Il tycoon ha saputo conservare le tradizionali roccaforti repubblicane, vincendo poi in tutti gli stati chiave: Florida, Ohio, North Carolina, Iowa, Wisconsin, Pensylvania e Michigan su tutti.

“Lo choc delle Borse passerà presto”, giurano dallo staff di un presidente che dovrà lavorare molto per colmare il solco che in campagna elettorale ha creato tra sé e le classi dirigenti economiche e politiche del Paese durante la campagna elettorale.

Ad aiutarlo, certo, ci sarà la sua sintonia con l’America profonda, sancita anche da un voto popolare travolgente rispetto alle attese.

C’è davvero da preoccuparsi? I nostri contatti statunitensi – giornalisti di valore e operatori nel settore della comunicazione nelle aziende private – ci dicono di no. Anzitutto perché la maggioranza repubblicana al Congresso e in Senato saprà porre il giusto freno alle eventuali intemperanze del presidente nella politica interna ed economica. E poi perché le sue posizioni in politica estera vengono giudicate dagli osservatori – in assoluta controtendenza rispetto alla nostra percezione – positive per l’Europa.

Il ritorno all’isolazionismo, annunciato da Trump, potrebbe significare meno tensioni nell’area mediterranea, unitamente a un disgelo con la Federazione Russa, che potrebbe portare a una stabilizzazione e a una normalizzazione dei rapporti.

Vedremo quel che succederà. Nel frattempo dovremo tutti riprenderci da questa novità inattesa. Gli sconfitti, assieme al clan dei Clinton e all’establishment di Washington sono stati ancora una volta i sondaggisti.