Questo articolo è apparso sulla prestigiosa rivista statunitense Forbes lo scorso 3 novembre.

Ve lo proponiamo, tradotto per noi e per voi dall’amico Alberto Mario Delogu, per farvi conoscere il recinto di una giornalista di New York ai suoi lettori, a proposito della sua esperienza sarda.

Sapere chi siamo, prendere coscienza di noi stessi e delle nostre potenzialità, passa anche attraverso la conoscenza delle rappresentazioni di noi che vengono fatte nel mondo.

Buona lettura.

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(Tratto da Forbes, 3 novembre 2016)

L’ansia mi coglie immediatamente non appena l’aereo si posa sulla pista dell’aeroporto di Newark, e tutti gli effetti benefici del viaggio in una assolata isola mediterranea vengono spazzati via come una pila di fiches dopo una pessima mano di poker.

La lunga attesa per la valigia davanti ad un nastro bagagli triste e sporco mi fa perdere il primo treno. In attesa tra la gente assiepata davanti al binario, mi sento inghiottita dalla brutale umidità di luglio: la camicia che ho indossato per quattordici ore nella stiva bestiame del volo United si è ormai fusa con la pelle.

Fuori dalla Pennsylvania Station la fila per i taxi si è allungata e i tassisti strombazzano mentre si tagliano la strada a vicenda cercando di conquistare il primo posto al semaforo. La mia pressione arteriosa aumenta, lentamente ma percettibilmente aumenta. Finché, dopo sette lunghi giorni di astinenza, sbotto con la prima parolaccia: C***O! Bentornata a casa, penso.

Mentre infilo la chiave nella serratura vedo una busta marrone sul pavimento davanti alla porta, forse lasciata lì dall’amministratore. Dalla forma e dal peso sembra un libro. Sopraffatta dall’odore di sudore stantio del mio domicilio temporaneamenteabbandonato, getto la busta da una parte e la lascio lì.

La riapro dopo alcuni giorni e vi trovo una copia di “The Blue Zone Solution” (ediz. Ital. “Lezioni di lunga vita – Le zone blu” – di Dan Buettner, ndt) inviatami da un collega che sapeva che mi stavo per recare in Sardegna.

Dopo un altro mese mi decido ad aprire il libro: l’autore Dan Buettner vi descrive le abitudini e le condizioni di vita dei centenari, nelle zone in cui se ne registra una più alta percentuale: a Okinawa, in Costa Rica, in una regione della Cina, in una cittadina della California, e per coincidenza, in Sardegna.

Il libro analizza alcuni elementi comuni che caratterizzano queste cinque regioni del mondo: una robusta rete di sostegno familiare, una comunità forte e attiva, molta attività all’aperto, poca carne e molte verdure.

Altro fattore comune: l’assenza di stress cronici, e quindi delle infiammazioni che ne conseguono. Pare che questo elemento, da solo, sia responsabile di una riduzione di parecchi anni della speranza di vita. Vivendo a New York ho sempre dovuto disporre di una buona dose quotidiana di moderazione emotiva per contrastare un serie incessante di attacchi: la folla, le spese, il rumore, gli spazi ristretti.

Il mio ambiente mi ha sempre costretto ad un continuo braccio di ferro con lo stress. È stato un vivere o un sopravvivere a stento, con la mia aspettativa di vita che si abbassava ad ogni allarme antifurto che suonava fuori dalla finestra?

Ai primi di luglio ho quindi deciso di volare in Sardegna per visitare cantine e vigneti. Questa isola italiana, la seconda più grande del Mediterraneo dopo la Sicilia, rimane una regione autonoma, con poche somiglianze con la cultura italiana tradizionale, ivi comprese le uve e vini.

Allora non potevo ancora sapere quanto, alcuni mesi più tardi, quell’esperienza avrebbe cambiato il mio modo di vedere la vita.

Al seguito della squadra degli enologi della Sella & Mosca, una cantina storica con sede a nord-ovest di Alghero, intraprendo un tour attraverso le più importanti regioni vinicole dell’isola.

L’itinerario prevede visite a vigneti con uve di varietà Carignano, Cannonau (noto anche come Grenache) e Vermentino, ed incontri con i viticoltori e i produttori di vino.

Partendo dalla vecchia città portuale di Cagliari, nel sud dell’isola, ci spingiamo ad ovest verso le zone del Carignano del Sulcis DOC.

Questa fetta remota del sud-ovest dell’isola, una zona un tempo abitata dai Fenici, è calda, asciutta e sabbiosa. La regione è chiamata Sulcis, e il vitigno dominante è quello stesso Carignan/Cariñena che si trova anche in Spagna, Francia e California; da qui il nome della DOC.

A causa del clima e dei terreni, le viti sono vecchie, non innestate ed allevate ad alberello, in analogia antropomorfica con i vignaioli che ne hanno avuto cura per tutto questo tempo.

I vini che se ne ottengono, nelle loro migliori espressioni, offrono corpo e intensità, colore violaceo intenso, aromi di spezie dolci, tabacco e bacche, in genere accompagnati da un’alta gradazione alcolica e da note profumate della “macchia” dell’isola, termine che indica la vegetazione bassa arbustiva, sempreverde e aromatica che ammanta la terra e profuma l’aria.

Sorprendentemente, da un angolo dimenticato di un’isola in gran parte trascurata emerge un vino emblematico, il “Terre Brune” delle cantine di Santadi, che raggiunge prezzi ragguardevoli, attorno ai 65$ (55 €). È segno che ormai non si tratta più di un angolo dimenticato.

Dopo un paio d’ore trascorse ad aggirarmi stancamente tra vigneti polverosi, facciamo una pausa e seguiamo la brezza salata che ci porta verso la costa. Dopo tutto, oltre che ai vini robusti e ai centenari, l’isola deve la sua fama anche ad un anello di costa lungo quasi 2000 km incastonato di spiagge da sogno.

Ci tuffiamo in acque turchesi e placide. Galleggiando sulla schiena guardo il cielo: sbuffi di nuvole scivolano pigramente su un fondale azzurro. Giro la testa e osservo la mezzaluna di sabbia dorata punteggiata da ombrelloni dai colori sgargianti, in numero sufficiente da definirsi una folla, soprattutto per un lunedì pomeriggio.

La gente, l’acqua, il cielo – sembra tutto sovrasaturo, come una diapositiva a colori tirata fino a 100 su Lightroom. Che posto è mai questo? Chi vive qui? ho pensato.

Torno alla riva e Franco Farimbella, agronomo capo della Sella & Mosca deve aver osservato la mia gioiacontenuta. “Quando vieni in Sardegna per degustare vino, devi sempre portarti un costume da bagno: ci sono sempre spiagge nelle vicinanze”.

Ride, ma non credo che voglia scherzare.

Più del Carignano, il Cannonau è diventato il vitigno simbolo della Sardegna. È in sostanza un Grenache, ma coltivato sull’isola assume un profilo deliziosamente unico che varia anche a seconda delle diverse regioni dell’isola. Resto sorpresa dalle tendenze camaleontiche di questo vitigno. In generalesi manifesta come un Cannonau di medio corpo, fruttato e leggermente tannico con un profilo aromatico vigoroso.

La versione sarda è caratterizzata da sentori di fragola matura, lampone, ciliegia con note di macchia mediterranea intrecciate con note floreali di violetta. Sella & Mosca ne offre un esempio classico a prezzo ragionevole, proveniente dai loro vigneti di Alghero.

Guidando verso nord-est, ma ancora nel suddell’isola, ci dirigiamo verso il cuore di secolari vigneti di Cannonau nei pressi di Jerzu.

Attraversiamo lentamente le montagne dell’Ogliastra attraverso un paesaggio in continua evoluzione, macchie d’oleandrirosa e bianchi accompagnano le strade contorte che si sommergono vertiginosamente in valli di rocce calcaree ammantate di verde macchia mediterranea. Una festa per gli occhi, ma guidare su queste strade non è né per i deboli di cuore né per gli impazienti.

Qualche ora più tardi usciamo dalla macchina e camminiamo lungo una strada sterrata in direzione di uno dei più antichi vigneti della zona, per una degustazione dei vini di produzione locale. Un vino prodotto da una famiglia che conduce una vita semplice e laboriosa, un vino che trasmette rusticità con un fruttato di intensa e penetrante purezza: un ritratto preciso del luogo e delle persone che lo hannocreato.

Il pomeriggio culmina con un arrosto di maiale e ancora Cannonau, con le creazioni di cinque produttori locali allineate a mo’ di self-service su tavoli da picnic. I produttori arrivano con alcune ore d’anticipo per assaggiare i frutti del lavoro dei loro colleghi. Sono già alticci, ed è ovvio che quello sarà l’unico impegno della loro giornata. Niente e-mail, telefonate, sms, scadenze, riunioni, documenti, né messaggi Instagram o post su Facebook da gestire. Solo amicizia, cibo e vino sotto un albero dalla ampia chioma, in una bella serata di un martedì.

Ridiamo e beviamo accompagnando il tramonto, e facciamo spuntino a base di formaggio di capra e maialetto croccante, mentre stendiamo rotoli di lardo sulle sfoglie di un pane croccante tipico dell’isola, che qui chiamano carasau.

Non capiamo le parole – cogliamo solo qualche frase spezzata in spagnolo, inglese o italiano – ma ci capiamo ugualmente attraverso il filtro del crepuscolo. Il nostro autista, meglio noto come il gioviale ma saggio Giovanni “Gee-o-vaannee” Pinna, enologo alla Sella & Mosca, ci informa che siamo in ritardo di alcune ore sulla tabella di marcia, e che non ce la faremo ad arrivare entro la sera in Gallura, patria dell’unico DOCG dell’isola, il vitigno bianco del Vermentino. Troppo lontano per mettersi in viaggio a quest’ora. Meglio prenderci un caffé. Ovviamente.

Prima che il nostro tour dei vigneti ci porti a Berchiddeddu nei pressi di Olbia, procediamo a zig-zag attraverso le montagne dell’interno, fermandoci a Mamoiada. Anche se non ho ancora letto il libro sulle zone blu, ho già letto articoli che sostengono che il Cannonau contenga livelli di flavonoidi “pulisci-arterie” da due a tre volte più alti rispetto ad altri vini; i flavonoidi sono noti per ridurre l’incidenza dei tumori e delle malattie cardiache, e i sardi sono noti per berne almeno un bicchiere al giorno.

Non appena arriviamo a Mamoiada, zona di ottimi vigneti, chiediamo, e otteniamo facilmente, di conoscere una centenaria che lavora in un negozietto delle vicinanze.

Sua figlia fa da interprete: la madre ha un secolo di esperienza intarsiato sul viso, ma il suo portamento sicuro e vivace sembra quello di una donna di tre o quattro decenni più giovane. Cammina dritta e sicura di sé senza bastone, né dà alcun segno d’incertezza.

Lavora ancora nel negozio, ogni giorno, quando è aperto. Il marito è morto quasi 60 anni fa, ma ha ancora le figlie, che sono la sua forza. No, lei non beve troppo vino. Sottovoce, sua figlia ci rivela che ebbene sì, in effetti anche la madre beve vino, ma le donne della sua generazione sono in genere restìe ad ammetterlo.

Al mio ritorno a New York, e dopo aver letto su Le Zone Blu il capitolo sulla Sardegna, ho subito riconosciuto in alcune scene del mio viaggio la rappresentazione fedele dei risultati delle ricerche dell’autore: mettere al primo posto la famiglia; onorare gli anziani; fare una passeggiata ogni giorno; ridere con gli amici; bere un bicchiere o due di vino rosso al giorno.

Durante la stesura del libro Buettner ha intervistato un uomo di 103 anni che aveva fatto il pastore per tutta la vita, percorreva dieci chilometri a piedi ogni giorno, beveva latte di capra a colazione, amava lavorare e trascorreva ogni giorno al pascolo, compiendo il tragitto quotidiano sempre a piedi.

Dopo averlo sfidato a braccio di ferro (e aver perso), l’autore ha chiesto al vecchio se avesse mai vissuto momenti di stress nella vita. L’uomo è rimasto un po’ sconcertato dalla domanda, e ha risposto: “A volte sì, ma poi mia moglie è a capo della casa e io sono responsabile della campagna, e che preoccupazioni ci possono essere in campagna?” E ha aggiunto: “Per lo più ho sempre cercato di ricordarmi che quando la vita ci dà delle belle cose, è meglio godersele, perché non saranno lì per sempre”.

Prendendo questi insegnamenti alla lettera, adesso lavoro su tecniche atte a ridurre al minimo lo stress del vivere in un piccolo appartamento in un affollato quartiere di Manhattan. Ho imparato a fare pause e ad essere grata per le cose belle della vita. Cerco di fare meditazione, passeggiate, yoga, e di fare dell’esercizio uno stile di vita e non un’incombenza da tapis roulant. Mangio più legumi e meno hamburger.

Visualizzare ha per me un effetto calmante: richiamo alla mente ricordi di paesaggi e persone della Sardegna, il profumo della macchia, il calore del sole e il sale del mare, e la tonalità rubino del Cannonau.

Sebbene non sia ancora pronta a trasferirmi – anche se mi alletta l’idea di vivere in un paese in cui le belle spiagge siano a due passi dai vigneti – di tanto in tanto riesco a versarmi nel bicchiere un piccolo assaggio dell’isola. E se anche voi non sarete in grado di trasfetirvi su questa selvaggia isola del Mar Mediterraneo, ecco sette vini, disponibili negli Stati Uniti, per avvicinarvi almeno di qualche passo al traguardo della longevità.

Sella & Mosca, Cannonau Riserva, $ 16
Il Cannonau è il vino della longevità, così almeno dicono, grazie ai suoi alti livelli di antiossidanti. A questo prezzo vi potrete permettere anche un bicchiere al giorno (sempre con moderazione!) di questo rosso succulento e luminoso che sa di bacca rossa e profuma di violetta.

Vigne Surrau, Sincaru, Cannonau di Sardegna DOC 2013, $ 20
In aggiunta al loro ben noto Vermentino le Vigne Surrau producono un ottimo Cannonau zeppo di sentori di ciliegia, erba secca, liquirizia e spezie, di sapore intenso, tannini gommosi, ed acidità equilibrata che controlla bene l’alcool medio-alto.

Cantine Santadi, Terre Brune, Carignano del Sulcis DOC Superiore 2011, $ 65
Il vino-simbolo del Sulcis, Terre Brune è costoso ma offre tanta complessità per il suo prezzo. Aromi esapori di prugne e mirtilli, accentati con spezie dolci, ginepro, e tabacco, con tannini maturi ben sviluppatisul lungo finale.

Mesa Cantina, Buio Buio, Isola dei Nuraghi IGT 2011, $ 25
Un altro rosso saporito, questo Carignano ha un prezzo molto più accessibile. Di colore rosso rubino, con un fruttato ricco e intenso di bacche rosse, fiori, spezie marrone e macchia mediterranea, con tanninirotondi e ben assestati.

Sella & Mosca, La Cala Vermentino, 2015, 13 $
Un bianco rinfrescante e brioso, perfetta introduzione al Vermentino dell’isola. Con aromi e sapori di agrumi salati, con sfumature di fiori bianchi e frutti dal nocciolo, il vino ha un appeal che lo rende ideale per le occasioni conviviali.

Jankara, Vermentino di Gallura DOCG Superiore 2014, $ 20
I vigneti di Vermentino, i soli DOCG dell’isola si trovano sulle scogliere di granito vicino al mare. Che si creda o meno che un terreno possa davvero conferire mineralità, questo vino esibisce un evidente pietrosità, accentuata da una salinità tipica dei bianchi sardi. Fresco e leggermente fruttato con notepompelmo, mela e fiori bianchi su un palato frizzante.

Sella & Mosca, Marchese di Villamarina Cabernet Sauvignon, Alghero DOC 2010, 65 $
Se siete un irriducibile fan del Cabernet o semplicemente vi piace provare le diverse espressioni regionali di questo vitigno, questa versione tiene il passo con i grandi del mondo. Il carattere varietale è espresso in classiche note di ribes nero e mora, con accenti di vaniglia e spezie derivanti dall’invecchiamento in botti di rovere.

*giornalista enogastronomica della rivista USA Forbes

Leggi qui l’originale in inglese: http://www.forbes.com/sites/lmowery/2016/11/03/how-to-live-longer-move-to-sardinia-or-drink-wine-laugh-and-be-grateful/#1dcab8dd2f55