(Pro lèghere s’artìculu in sardu pùnghere subra sa bandera in artu)

Dicono sia stata colpa del berlusconismo di destra, incarnato da Sua emittenza.

Ma ora che al potere c’è quello di sinistra, le cose non sembrano cambiar granché. Ammesso che Berlusconi e Renzi (o il sub commissario Gentiloni, ora) possano essere definiti di destra o di sinistra.

Come la cronaca suggerisce, il problema non sono i due dominatori della scena politica dell’ultimo ventennio (tanto pervasivo è stato il primo quanto altrettanto si è annunciato il secondo) ma la società che li ha prodotti e che loro stessi, a caduta, hanno generato o stanno generando.

I tanti che li hanno sostenuti col voto e affiancati (o sfruttati) nei ruoli di rappresentanza, sostituendo la conoscenza, il merito, la formazione, il valore del lavoro e del tempo trascorso a studiare con altri dogmi: l’arrivismo, il culto dell’immagine, la potenza dei clan, l’interesse personale.

La degenerazione e il progressivo disfacimento della Prima Repubblica (ha fatto notizia in quanto degenerazione, dunque eccezione patologica rispetto alle regole – virtuose – dell’impegno in politica) sono diventati un sistema senza eccezioni nella Seconda.

Da qui gli scandali, le scalate irresistibili di vuoti e discutibili personaggi, inconsistenti nella preparazione giuridica, economica e sociale, abilissimi nel creare gruppi di potere capaci di drenare voti.

Ma personaggi del genere, a vario titolo chiamati a ricoprire ruoli istituzionali, potevano e possono produrre leggi di qualità e finalizzate all’interesse pubblico?

Nessuno può considerarsi innocente, soprattutto chi svende il proprio voto, la propria partecipazione, il proprio ruolo nella società.

Che fare, allora? Il bene pubblico rappresenta la stella polare che è in grado di salvarci non solo anima e coscienza ma anche portafogli e futuro. Senza il recupero dei principi legati a meriti, valori e onestà non ci saranno amministrazioni virtuose e capaci.

I cittadini smettano di delegare, di astenersi, di chiedere favori, spintarelle e raccomandazioni. Obblighino i loro rappresentanti a essere onesti, pretendano l’ostentazione di una vita specchiata e non strizzino l’occhio al privilegio.

Ogni cittadino può essere importante in questa rivoluzione, evitiamo di auto-condannarci alla rassegnazione e all’emarginazione.

Altrimenti presto ci renderemo conto che il fondo non è stato ancora toccato.