Nella galleria degli intellettuali “assimilazionisti” sardi non può mancare Giovanni Siotto Pintor. Nell’ottocento fu uno dei protagonisti della “ fusione perfetta” della Sardegna agli Stati di terraferma. E’ come se, al giorno d’oggi, qualcuno dicesse: no, l’autonomia speciale non va più bene, dobbiamo cedere tutti i poteri allo Stato centrale.

Giovanni Siotto Pintor nacque a Cagliari il 29 novembre del 1805 da una famiglia di possidenti e professionisti di Orani che si era trasferita nel capoluogo nel 1794 . Il 26 settembre del 1826, su richiesta di Giovanni e dei suoi fratelli, il padre già morto ottenne da Carlo Felice il diploma di cavaliere e nobile (che dava diritto al trattamento di don e donna), tutti titoli dei quali godrà, dunque, anche Giovanni.

Egli, per distinguere il suo cognome da quello del padre (Siotto), aggiunse a quello della famiglia il cognome della madre, la nobildonna Luigia Pintor Sirigu .

Da giovane fu collaboratore del giornale di Cagliari “L’indicatore”. In seguito ottenne l’incarico di direttore della Gazzetta di Sardegna, giornale filogovernativo quando al potere andò la “ sinistra storica”.

Il primo impiego nella pubblica amministrazione fu quello di applicato nell’ufficio dell’avvocato fiscale generale, una sorta di intendente di finanza dell’epoca.

Successivamente entrò in magistratura e, nel 1835, ottenne il grado di giudice della Real Udienza, l’organo giudiziario e amministrativo più importante del Regno di Sardegna.

Quando, nel 1860, successivamente alla seconda guerra di indipendenza, vi fu l’annessione della Lombardia, fu assegnato alla Corte di Cassazione di Milano dove concluse la sua carriera come presidente di sezione.

Ma è da giornalista che contribuì a privare la Sardegna della sua soggettività politica. Insieme con altri esponenti della borghesia, infatti, chiese e ottenne dal re la cosidetta “fusione perfetta“: ciò comportò la scomparsa di istituti secolari di autonomia statuale come il Parlamento sardo e la Real Udienza, la cui permanenza era stata garantita dai trattati internazionali quando vi fu il passaggio della corona ai duchi di Savoia; in altri termini, il Regno di Sardegna (diventato con il passaggio della corona ai Savoia, nel 1720, uno’”Stato composto”, formato dall’unione di diversi Stati ciascuno dei quali manteneva la sua qualità di Stato), divenne “unitario”, caratterizzato da un unico territorio e da un unico potere pubblico, non più pluralista ma centralista, secondo il modello francese.

La fusione vi fu nel mese di novembre del 1847; successivamente, nel 1848, fu promulgato lo statuto albertino; il risultato fu che l’isola di Sardegna perse la sua personalità giuridica, rimanendo solo un’espressione geografica per lo spazio di un secolo, fino a quando, nel 1948, non fu approvato lo Statuto speciale di autonomia.
La Sardegna ebbe dei benefici dalla “fusione perfetta”? No, non ne ebbe. Al punto che persino Siotto Pintor si pentì di quella scelta, parlando , nel 1877, di “pazzia collettiva”, e osservando che “errammo tutti”. Certo non vi fu nessun pregiudizio per la carriera dell’uomo, che fu eletto deputato nelle legislature I, II e III e, nel 1861, fu nominato senatore del Regno dal re Vittorio Emanuele II.

Ma Giovanni Siotto Pintor fu anche scrittore, e almeno in questo campo fece cose interessanti. La sua fama di scrittore è legata soprattutto alla “ Storia letteraria di Sardegna ” del 1843–1844 e alla “ Storia civile dei popoli sardi” del 1877, senza contare la grande produzione legata alla sua opera politica e di polemista.. Grazie alla sua attività di studioso fece parte di importanti sodalizi , come la “Società agraria ed economica” di Cagliari, l’ “Accademia delle scienze” di Torino e l’“Accademia nazionale di scienze, lettere ed arti” di Modena.

Morì a Torino il 24 gennaio del 1882.

Questa è la sua produzione letteraria:

· Storia letteraria di Sardegna, 3 volumi, Cagliari, Timon, 1843-1844 (ristampa anastatica Forni, Sala Bolognese, 1981);

· A Emmanuele Marongio vescovo per grazia di Dio e del re, scomunicante, Giovanni Siotto Pintor deputato per grazia di Dio e de’ suoi elettori, scomunicato, Cagliari, Nazionale, 1850;

· Degli uffici de’ magistrati e della virtù civile. Libri sei, Cagliari, Timon, 1850;

· De principii razionali e di diritto positivo intorno al matrimonio. Saggio, Cagliari, Timon, 1852;

· De’ Monti Frumentari dell’isola, Cagliari, Timon, 1859;

· Sugli studi preliminari intorno all’ordinamento giudiziario pel Regno d’Italia. Osservazioni, Milano, Vallardi, 1861;

· Intorno alle voci di cessione dell’isola. Considerazioni, dichiarazioni, protesta dei popoli sardi, Milano, Vallardi, 1861;

· Ai vescovi adunati in Roma. Lettera cattolica, Firenze, Torelli, 1862;

· Non più Francia. Lettera politica a’ ministri del Regno italiano, Cagliari, Gazzetta popolare, 1867;

· La vita nuova, ossia rinnovamento delle instituzioni e degli ordinamenti dello Stato, 2 volumi, Torino, Bellardi Appiotti e Giorsini, 1869;

· Storia della vita di Giuseppe Manno, Torino, Bellardi Appiotti e Giorsini, 1869;

· Il ridicolo. Dramma in sei atti, Torino, Bellardi e Appiotti, 1875;

· Storia civile dei popoli sardi dal 1798 al 1848, Torino, Nuova Torino, 1877 (ristampa anastatica Forni, Sala Bolognese, 1995). &&&