Nel Centenario della nascita di Mario Melis e nel Centenario della nascita del Psd’Az esce questo bel volume di Anthony Muroni per Arkadia dedicato al “Presidente del Sardi”.

Alcune annotazioni preliminari: un volume elegante, degno dell’importanza dell’argomento; un volume essenziale con l’essenzialità come valore; l’autore che scompare – e per questo è presentissimo nella fatica della scrittura, della selezione delle fonti e delle testimonianze – e lascia spazio a una figura che si staglia dentro la Storia di questa terra, terribile e infetta.

Nella scrittura si alternano, come detto, elementi biografici, testimonianze, documenti.

La “saga dei Melis”: con queste figure in qualche modo mitologiche. I fratelli Titino e Pietro: i veri “maestri” di Mario Melis. Quei fratelli maggiori sul cui esempio cresceva un’epopea familiare che si fondava sul sacro della parola e sulla febbre della politica.

Mario Melis: il Presidente dei Sardi che prima di diventarlo siede sui banchi del Senato nella stagione più nera della Storia della Repubblica, la legislatura del 1976 apertasi con l’avanzata del PCI e del Governo della “non fiducia” e che si sarebbe aperta (e chiusa) il 16 marzo 1978 in Via Fani.

Melis, in Senato, sfida l’arroganza patrizia di Fanfani che lo presiede e annuncia con forza che lui, benché eletto nelle liste del PCI, non si asterrà come il suo gruppo, ma voterà contro la nascita del Governo Andreotti perché reo di essersi scordato della Sardegna nei suoi programmi.

“Signor Presidente, in quest’isola di dolore e di oppressione, noi sardisti in piena solidarietà con le altre forze popolari e autonomistiche, conduciamo con incrollabile fiducia la battaglia per la Rinascita, sicuri di quanto il “sardista”, me lo consentano gli amici comunisti, Antonio Gramsci intuì oltre 50 anni fa indicando nell’alleanza fra i lavoratori del Nord e i pastori sardi la mossa vincente della nostra travagliata storia. Il voto contrario non significa però opposizione sempre e comunque”.

Poi il ritorno in Sardegna. L’elezione in Consiglio Regionale fino alla scalata alla Presidenza.

Una Presidenza “consigliocentrica” dove si scontrano piani regionali, statali e internazionali.

Un’alleanza che si basa sul Psd’az e che vede la partecipazione progressista del PCI e del PSI, con la Dc – in particolare quella italiana – in feroce opposizione.

Scrive Melis: “La Dc è storicamente responsabile del fallimento dell’economia sarda e della disoccupazione dilagante, conseguenza della “industrializzazione sbagliata”, costruita sui grandi impianti e non sulle piccole e medie imprese”.

Le accuse di separatismo. Di semi-terrorismo. Le trame – sempre presenti – dei Servizi Segreti che costruiscono un’accusa di collateralismo con la Libia di Gheddafi. Una stampa (di regime) impersonificata da un altero Giorgio Bocca nei panni dell’inquisitore di Melis. La sfida – fra pari – con Cossiga sempre incerto fra la giustezza delle rivendicazioni sarde e i “doveri” verso lo Stato italiano.

Alcune posizioni di Melis (ad esempio sull’urbanistica) sono simili – se non coincidenti – a quelle di Paolo Dettori, Presidente della Regione democristiano che inaugurò la “politica contestativa” nei confronti dello Stato.

Scriveva Dettori nel 1974: “La Regione non può ormai più fare a meno di utilizzare la competenza primaria, esclusiva, che ha in materia urbanistica (…) che diano luogo ad un’efficace presenza regionale in una materia nella quale strati sempre più larghi di cittadini sentono divenire indispensabili iniziative che rompano ogni tentazione speculatrice, e determinino chiari indirizzi nella politica del territorio e facciano crescere le città a misura d’uomo.
[…]
Io credo – per esempio – che una legge che dia nuovi mezzi ai Comuni, una legge sull’urbanistica e sulla casa non sarà buona, come dovrebbe, se mancherà la consultazione di amministratori locali, urbanisti, dirigenti di cooperative, cittadini”.

Scrive Mario Melis nel 1986: “Un vasto e complesso movimento che ha portato una diversa disciplina urbanistica anche in ordine alla tutela del paesaggio, mentre è in corso di elaborazione la legge urbanistica regionale. Certo, è allo studio, non sono cose che si improvvisano. Soltanto i superficiali, gli approssimativi, i dilettanti della politica ce ne possono chiedere conto con questa sicumera. (…) I risultati verranno sottoposti al Consiglio Regionale; allargheremo il discorso alla società sarda perchè il governo del territorio non sia una procedura imperiosa ma una conquista democratica cui tutti sono chiamati a dare attuazione e realizzano la difesa reale del nostro territorio e dei suoi valori”.

E poi le testimonianze fascinose e appassionanti di quell’epopea autonomistica: Antonello Cabras, Pietrino Soddu, Franco Mannoni, Gabriele Satta, Giacomo Mameli e altri.

Un libro che vale la pena leggere.
Uno spaccato sulla nostra storia.
Una pagina nobile e controversa delle nostre istituzioni autonomistiche.

Una lettura tanto più necessaria oggi nel delirio di questo tempo astioso.