E’ dei giorni scorsi una “segnalazione” che, partita dal profilo Facebook della sindaca di Fonni, ha prima inondato il web e poi conquistato la vetrina del quotidiano online regionale Sardinia Post e poi la ribalta italiana, grazie a Repubblica.it, il portale web di informazione più letto. Se state leggendo quest’articolo probabilmente sapete che si è trattato di un convegno sulla famiglia organizzato dall’associazionismo cattolico, alla presenza di S.E. l’arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio.

Un momento di riflessione sulla situazione e le prospettive di quella che è considerata la prima cellula della nostra società, che al tavolo dei relatori non prevedeva la presenza di donne. Come se di quel nucleo fondamentale potessero parlare solo gli “esperti” uomini e non ci fossero donne in grado di portare la loro esperienza e visione. Arrivo a dire, non tanto e non solo in quanto figlie, madri, spose, compagne o nonne (e Dio solo sa, per restare in tema) quali e quante siano le criticità con le quali ognuna di queste figure si deve confrontare nella società odierna, ma anche come esperte e studiose della modernità, del presente e del futuro.

Niente, nessuna. E quando questo è stato fatto notare, abbiamo letto, non sono arrivate né richieste di scuse, né prese d’atto, ma reazioni stizzite e infastidite, quando non delle pubbliche prese in giro.

Tanto che sempre la prima cittadina di Fonni Daniela Falconi (che ieri ha rilanciato la questione sotto la corretta forma di “battaglia culturale”, a proposito di un altro convegno che un’associazione sta organizzando dalle sue parti – più precisamente, a Gavoi – per parlare delle possibili soluzioni alla crisi del centro Sardegna, e che vedrà solo uomini al tavolo dei relatori) ha elaborato un divertente raccolta definita “generatore automatico di risposte” (naturalmente di uomini) a questo tipo di segnalazioni: “E’ solo un pretesto per cercare visibilità”, “Vuol essere invitata lei, che sarà poi candidata alle Regionali”, “E’ becero opportunismo”, “Si deve guardare al merito, mica al genere”, “Ormai le donne occupano un sacco di posti di potere”.

Ahimé, questo è davvero il livello.

Parallelamente, è appunto iniziata la gran corsa verso le Regionali di febbraio 2019. Nessuna donna pare avere la ragionevole chance di essere candidata a governatrice, almeno per le coalizioni che vanno per la maggiore, mentre si assiste a un altro curioso fenomeno: al di là delle quattro consigliere uscenti (su sessanta), la recente approvazione della leggina sulla doppia preferenza di genere ha aperto la corsa alla donna acchiappa-voti (ma non troppi, eh, al massimo due terzi di quelli del consigliere uomo al quale verrà presumibilmente abbinata), capace di fornire un valore aggiunto non solo alla lista di appartenenza ma soprattutto all’uscente (o entrante) che ha bisogno di carburante nuovo.

Ma, forse, non sarà così. Magari l’aumento del numero di donne in lista produrrà anche una crescita della rappresentanza femminile. E questo, volenti o nolenti, visto che non si trovano nemmeno relatrici ritenute all’altezza nei convegni, sarà dovuto esclusivamente all’obbligo imposto dalla legge.

Ecco perché, se si vorrà superare l’odioso sistema delle “quote”, occorre combatterla fino in fondo – uomini compresi – la battaglia culturale intrapresa da molte donne impegnate in quest’Isola e rilanciata in questi giorni dalla sindaca Falconi.

Se non lo vogliamo fare perché è giusto, facciamolo perché conviene anche a noi. Tutti abbiamo una sorella, una madre, una moglie, una compagna, una figlia, che si sono sentite umiliate o “ospiti” sopportate sul posto di lavoro, all’università o nella vita pubblica.

Coraggio, fratelli uomini, ché già non ne perdiamo un pezzo.