L’altro giorno parlavo con un mio amico molto molto molto indipendentista.

Un amico, una persona che stimo e da cui mi auguro di essere stimato.

Il tema era proprio quello dell’indipendenza.

Del discorso che a volte abbiamo fatto in alcuni eventi pubblici, legato al fatto che l’indipendenza (nel senso comunemente inteso di Repubblica di Sardegna) non è prospettiva di oggi, di domani o di dopodomani.

A me è sempre sembrata persino un’ovvietà.

Certo, il mio orizzonte è quello dell’autodeterminazione e dell’indipendenza dagli interessi che non rappresentano quelli dei cittadini sardi.

Ma è un orizzonte dal quale ci separa un lungo percorso che occorre immediatamente iniziare.

Il mio amico, dicevo.

Siamo finiti a parlare di oggi, di domani, dell’anno prossimo, del 2019, del 2024 e del 2050.

E siamo tornati a chiederci cos’è l’indipendenza.

Ho ragionato a voce alta: “Pensa ai metodi. Pensa alla sanità, al rapporto Regione-enti locali, al sistema di enti e agenzie. Pensa a tutto questo liberato dal sistema clientelare, senza deroghe. Pensa non solo al fatto che sarebbe onesto ed etico ma pensa a quanto sarebbe educativo, culturalmente. Questo non ti sembra un percorso di indipendenza?”.

E poi a servitù militari, trasporti interni e continuitá, entrate e leva fiscale: “Pensa ai mille tavoli inutilmente e strumentalmente aperti con lo Stato. Pensa a un presidente della Regione e a una maggioranza in Consiglio realmente liberi dalle centrali esterne dei partiti. Pensa a cosa sarebbe mettere in una stanza i cinque migliori avvocati ed esperti su ognuno di questi temi e farsi mettere in condizione – leggi alla mano – di aprire vertenze politiche fondate su diritti reali mai rivendicati. Pensa al cambio epocale di non derogare mai, se non nell’interesse della Sardegna. Questo non ti sembra un percorso di indipendenza?”.

La nostra campagna: “Pensa a quanti soldi sono arrivati dall’Ue negli ultimi trent’anni e allo stato delle nostre campagne, della nostra zootecnia e della nostra agricoltura. Poi ripensale inserite in un organico piano di infrastrutturazione, formazione, accompagnamento sul mercato. Non è questo un percorso di indipendenza?”.

Scuola, cultura e istruzione. “Pensa a un bilancio regionale “pettinato” voce per voce, al fine di reperire ogni singola risorsa da investire su scuola, cultura e istruzione, con tutti i conseguenti benefici sociali, culturali e – anche e soprattutto – economici. Questo non ti sembra un percorso di indipendenza?”.

E poi i cittadini: “E poi pensa all’effetto moltiplicatore che le pratiche di buongoverno possono avere nel profondo dell’opinione pubblica. Pensa a cosa vuol dire avere un intero popolo dalla tua parte quando sarai sottoposto alle pressioni di chi vuole resistere al cambiamento. Questo non ti sembra un discorso di indipendenza?”.

Ecco, questo è quello che io intendo per “l’indipendenza non è una questione di oggi”.

Il mio amico ha risposto “Sì” a ognuna delle mie domande.