Questo turno elettorale rafforza un trend: la sinistra novecentesca (movimento operaio, PCI, statuto del lavoratori e sistema tradizionale del welfare) è esaurita, schiantata, morta e sepolta. Non c’è la domanda si direbbe in economia.

Le persone non sono interessate, non la votano, non la vogliono. Ciascuno può proporre la propria analisi, io ho la mia. Ma occorre tenere conto della realtà. Si conferma un dato storico ciclico: la sinistra storicamente cresce in concomitanza con la crescita dell’economia, il calo delle tensioni sociali, i grandi movimenti per i diritti civili, nei momenti di profonda crisi economica, politica ed istituzionale la via d’uscita è sempre in fondo a destra.

Non è giusto ne’ sbagliato. È la realtà. E con la realtà, se vogliamo cambiarla, occorre fare i conti senza nascondersi. La proposta politica della sinistra non è attraente. Gli italiani vogliono meno tasse e meno stato sociale, durezza e indisponibilità con i migranti, sono indifferenti al tema dell’antifascismo.

Preferiscono un ceto politico sprovveduto ma low cost, ad uno detentore di privilegi sebbene esperto. Non ritengono più attuale la dialettica tra azienda e lavoratori. Chi “da’ lavoro” è un benefattore. Chi lavora prende il salario e ringrazia.

Lo sfruttamento in chiave Marxista dunque non esiste. La colpa del declino del Paese è “dei politici, dei partiti e dei sindacati”; imprese e cittadini non hanno colpe e sono stati vessati “dal sistema”. Io sento e leggo queste cose e, pur non d’accordo, ne prendo atto.

*avvocato, ex parlamentare