Non importa che sia smilzo o corpulento, alto o basso. La sua vera forma è quella dell’imbuto, dentro il quale Regione, Stato, Unione Europea spingono a forza denaro la cui destinazione è già scritta.

In una qualsiasi famiglia programmare significa decidere di dedicare un po’ di soldi al mangiare e al vestire, un po’ alle bollette, qualcosa al tempo libero, una parte agli investimenti: un computer nuovo, la nuova automobile, un pezzo di terra, una casa. Naturalmente, la famiglia è libera di scegliere l’investimento più opportuno: anzi, proprio quest’ultima è l’opzione più importante, perché spesso coinvolge risorse consistenti e indirizza lo sviluppo futuro della stessa famiglia. I soldi più “pesanti” si mettono laddove è necessario, dopo averci pensato a fondo: una buona pratica che per un sindaco è quasi impossibile.

Il sindaco sa, a gennaio, che gli arriverà una quota certa di denaro da Roma e Cagliari e che ne incasserà dell’altro dai tributi locali. Questi soldi copriranno spese come gli stipendi dei dipendenti comunali, l’elettricità per l’illuminazione pubblica, l’aiuto alle persone in difficoltà. Tolto ciò, rimarrà ben poco per gli investimenti. Anzi, rimarrà così poco che per pensare a investimenti corposi, di quelli necessari per progettare e imprimere al paese una svolta, bisognerà ricorrere ad altro.

Ed è qui che torna l’imbuto.

Nelle capitali sarda, italiana, europea, decidono oggi che il prossimo carico di milioni di euro “extra” è destinato alla riqualificazione dei centri storici. Domani destinano altro denaro all’efficienza energetica. Dopodomani orientano un nuovo pacchetto di milioni alla promozione turistica. Eccetera. E dopo ogni decisione, giù gare, alle quali ciascun Comune partecipa per la propria parte. In altre parole, io posso programmare un investimento nei campi appena nominati (e in parecchi altri) solo se così hanno stabilito a Cagliari, Roma, Bruxelles. Questo significa che la programmazione “vera” dei Comuni non la fanno i sindaci. La fanno al centro. Un centro per il quale io sono periferia. Non tengono presente che per me e i miei compaesani le cose stanno esattamente al contrario: noi siamo il centro, loro sono periferia.

Non è una questione di pochi o molti soldi. I soldi ballano. Non sono d’accordo con chi dice che mancano risorse. È questione, prima di tutto, di chi decide come spenderli: perché loro? Siamo sicuri che chi sta in alto (ma molto lontano dai territori) veda davvero meglio le cose?

*sindaco di Villanovaforru