Il referendum catalano ha attivato un’interessante discussione che vede da una parte i sostenitori dell’autodeterminazione e, dall’altra, i fautori dell’unità dello stato contrapposta ai primi come bene supremo, assoluto.

Ebbene, vorrei chiedere a quanti sono convinti che l’unità e indivisibilità dello stato non si debbano toccare, quali sarebbero le ragioni scientifiche e logiche a questa posizione presentata come “dogmatica” e, pertanto, non discutibile, da prendere così com’è.

Perché in un mondo dove tutto cambia, proprio questo aspetto che riguarda l’organizzazione politico-istituzionale delle relazioni sociali di un popolo dovrebbe rimanere uguale a se stessa nel tempo?

Eppure è la scienza dell’organizzazione che ci insegna (o così dovrebbe essere) che la struttura organizzativa della stessa debba necessariamente cambiare per conservare nel tempo la capacità di perseguire le finalità ultime per cui è stata costituita (il bene della popolazione).

Questo concetto, giusto per far capire che non si tratta di “intuizioni provocatorie” dell’ultimo minuto, viene da un fondamentale contributo di scienziati come Humberto Maturana e Francisco Varela che approfondendo la teoria dei sistemi aperti introdussero i due concetti di struttura e organizzazione. (Nel caso suggerisco la lettura del libro “L’albero della conoscenza”).

In altre parole, oggi gli stati nazionali ottocenteschi dimostrano di non saper affrontare e risolvere le istanze provenienti dalla gente, anzi il debito pubblico (in gran parte prodotto da corruzione, clientele, e quant’altro la prima e la seconda repubblica sono stati capaci di tramandarci per demerito dei rappresentanti dei partiti italiani che governano da sempre) e il conseguente scaricamento dello stesso sulla popolazione (individui e imprese) sotto forma di una crescita senza fine della pressione fiscale, rende lo stato nemico della gente, allontanandola ogni giorni di più, sempre di più, dai processi partecipativi e, in particolare, dal voto, creando invece una cupola di potere sempre più ridotta in cui i benefici dello Stato sono solo appannaggio dei soliti noti.

Addirittura, per conservare questo potere si accingono a modificare (rosatellum) solo la legge elettorale così da garantire ai nominati, agli unti di un signore senza faccia chiamato Stato, la possibilità di continuare a fare ciò che hanno fin qui fatto.

Ecco, perché questo Stato dovrebbe rimanere immutabile?

Lo chiedo soprattutto a quelli che hanno una fede incrollabile nel PD, il partito che oggi è il principale artefice del disastro che pagano tutti i cittadini in buona fede e che ha fatto scomparire quel ceto medio che prima era lo zoccolo duro della crescita economica, e che oggi è entrato anch’esso a far parte di quella grande massa di poveri che a mala pena riesce a sbarcare il lunario.

Sono curioso, davvero? Perché gente che non crede in Dio, che non crede nell’onestà, nella meritocrazia, nella trasparenza, nel giusto diritto di tutti a migliorare le proprie condizioni, perché invece crede nel dio Stato, il TOTEM da adorare, il DOGMA da non toccare?