Esattamente un anno fa, dopo averlo comunicato ai colleghi del Comitato di redazione, annunciavo al mio piccolo mondo Facebook la fine dell’avventura da direttore de L’Unione Sarda.

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Quando scrissi quelle poche righe non avrei mai immaginato di essere sommerso, a caldo, da tanto affetto. Oggi, rileggendo i quasi 700 messaggi pubblici lasciati allora sotto il mio post, persino un “non morbido” come me si è un po’ emozionato. Ho pensato, devo dire con un pizzico di soddisfazione, che qualche valore umano – più che professionale – lo dovevo aver seminato.

Un anno dopo, cos’è cambiato?

La mia è una vita felice. Professionalmente ho avuto la fortuna di incontrare un gruppo di lavoro col quale ho vissuto e sto vivendo un’esperienza che completa la mia formazione: dopo aver diretto un giornale, una radio e un sito web, dopo aver condotto per tre stagioni una trasmissione TV di prima serata, dopo aver dato alle stampe otto libri, ho la fortuna di vivere l’esperienza dei docufilm girati e vissuti sul campo.

Prima l’esperienza a Cascia, sulle tracce dei pastori sardi intervenuti a sostegno delle vittime del terremoto (documentario che Rai Sardegna trasmetterà nelle prossime settimane), poi il lavoro nell’entroterra sardo, alla scoperta dei paesi che lottano per non morire.

Ad Armungia, Mara, Nughedu San Nicolò, Martis, Bortigiadas, Monteleone Riccadoria, Cheremule, Semestene (dove hanno preso vita otto diversi documentari) ho incontrato amministratori coraggiosi e un condensato di storie, esperienze, umanità e saperi che mi hanno arricchito. E altri sono certo che ne incontrerò nei prossimi viaggi a Nughedu Santa Vittoria, Sorradile, Baradili, Mara, Padria e via discorrendo.

E per il resto? Certo, le cose mutano anche se io non ho rivisto le mie posizioni e la mia battaglia per cercare di cambiare la Sardegna.

Ho proseguito nella stessa direzione il percorso iniziato anni fa – con le stesse modalità, a volte un po’ ruvide e nette, mi rendo conto – anche dalle pagine di questo blog, che si avvia a tagliare il traguardo di un milione di pagine lette. Perché, come avevo dichiarato, le battaglie ideali e di libertà si fanno dalle postazioni che è possibile occupare, costi quel che costi.

Qualcuno mi legge ancora, devo dire. E qualcuno mi è ancora amico: molti ritengono di dover percorrere ancora un pezzo di strada assieme a me, nella speranza che la nostra lotta possa aprire una breccia in un sistema che è impegnato nel suo massimo sforzo di conservazione e autotutela.

Ecco perché qualcuno si è invece, legittimamente, allontanato e perché qualcun altro ancora mi fa dichiaratamente terra bruciata attorno. In molti non mi invitano più, altri negano di essere mai stati miei amici, altri ancora si girano dall’altra parte quando sentono parlare – generalmente male – di me.

Era tutto messo in conto e niente di questo scalfisce chi mi vuol bene, chi mi frequenta, chi lavora con me, chi sperimenta quali sono i miei valori nella quotidianità.

Soprattutto, niente di questo scalfisce me e la mia disciplinata e irremovibile determinazione ad andare avanti seguendo la strada professionale e personale intrapresa. Niente e nessuno: nessun ostracismo, nessun agguato, nessun complotto, nessuna maldicenza, nessuna trappola, nessuna persecuzione.

Un anno dopo, andiamo avanti, tutti assieme, senza ripensamenti e senza paura.

Nella certezza che, un anno dopo, niente è cambiato in peggio. Anzi.