“Bisogna formulare alcune linee di indirizzo per il confronto con il Governo, per creare le premesse di un rapporto nuovo, più creativo, più fecondo con i poteri centrali dello Stato per superare anche una condizione che va, stranamente, insterilendo, inaridendo il rapporto tra Regione e Governo. E una condizione che fa scivolare tale rapporto in una sorta di opposizione, che sembra individuare nel Governo Centrale lo Stato con tutti i suoi valori e nelle Regioni una specie di potere antitetico, che tende a disgregare a espropriare lo Stato. E non si sfugge neanche al pericolo che chi combatte la battaglia regionalista-autonomista con sufficiente determinazione ed energia possa essere considerato pure un separatista, sol perché vorrebbe esprimere nell’istituzione regionale un complesso di funzioni, di competenze, di poteri capaci di consentire alla popolazione che costituisce la comunità di quella regione di governare il suo sviluppo, di essere determinante nelle scelte che consentono una tale prospettiva.
Il rapporto, insomma, sta diventando sempre più difficile.
Con le immagini sempre più aggiornate del vocabolario politico si dice che le Regioni “volano basso”, cioè non volano. La corte costituzionale non è più un giudice nei rapporti tra stato e regione, ma finisce per essere una articolazione politica del potere che la elegge. La elegge il potere centrale e la corte serve funzionalmente il potere centrale e si comporta in modo coerente agli indirizzi della politica contingente ma correlata alla linea che di volta in volta i governi vanno proponendo.; si badi: non permanente, a correlata alle linee che di volta in volta i governi vanno proponendo. Ad esse La Corte Costituzionale si è sempre adeguata: non è quindi un giudice.”

Questa è l’introduzione all’intervento del Presidente Mario Melis ad un convegno tenutosi a Pula nell’estate del 1986 sul problema delle leggi regionali rinviate dal governo.

Ho voluto ricordare il Presidente Melis in questa occasione del rinvio alla corte costituzione della cosiddetta “Legge sulle Manutenzioni”.

Bene ha fatto il governo al rinvio, e me ne dispiace come sovranista, almeno per quanto ci riguarda, troppo spesso vi diamo causa, producendo una legislazione che non merita il rispetto assoluto che noi vorremmo pretendere.

Dobbiamo prendere coscienza di questi momenti di “sofferenza della Giunta Regionale e della sua attività” per cui le nostre leggi spesso hanno le “ombre lunghe” come si sul dire, di interessi non del tutto chiari, non del tutto trasparenti; e non sempre la formulazione della norma esprime con chiarezza gli intenti che si vogliono perseguire. Interessi di “mele-appiu”, interessi di territori ancora di più distruttori di risorse ingenti pubbliche e così via.

È tempo che noi popolo sardo realizziamo la SOVRANITA’ in tutta la sua forza democratica avvalendoci delle prerogative che il popolo ha di gestire in prima persona lo sviluppo regionale, attraverso le sue rappresentanze democratiche. Un nuovo modello di sviluppo ed una nuova classe dirigente.

Altro ché lettere di rimostranze e di falsa opposizione “autonomista”.