Quando eravamo ragazzini, per farci spaventare, i grandi si rivolgevano a noi ripetendo un rituale in uso da tempo: «Sei stato tu a dare fuoco all’abbeveratoio?». La nostra risposta era piena di paura e scontata: «Non sono stato io!». Solo dopo le risate generali ci accorgevamo che si trattava di uno scherzo e che un abbeveratoio non poteva prendere fuoco. In ogni caso rimaneva in noi lo spavento di essere accusati di aver dato fuoco a qualcosa. Questa paura era inconscia poiché in Sardegna, già dai tempi di Eleonora d’Arborea, chi appiccava fuoco contravvenendo alle norme della Carta de Logu veniva punito severamente. Infatti, negli “Ordinamentos de fogu”, chi bruciava volontariamente i campi di frumento doveva risarcire il danno e pagare la multa, altrimenti gli veniva tagliata la mano destra.
Per spiegare quale era la situazione in Sardegna fino a poco tempo fa, prendo in prestito un aneddoto in cui si parla di un contadino che, dando fuoco a delle sterpaglie, non era riuscito a controllare le fiamme e queste si erano propagate nella campagna adiacente. Il proprietario danneggiato era andato quindi dal signore che aveva dato fuoco alla sua campagna e gli aveva presentato il conto dei danni. Il responsabile dell’incendio si era reso disponibile a rifondere il danno e si era accordato sul prezzo. Il giorno successivo il danneggiato si era presentato nuovamente a casa del contadino che aveva appiccato il fuoco e gli aveva detto che il danno era maggiore rispetto di quello stimato il giorno prima. A questo punto il signore che aveva dato fuoco alla campagna gli aveva risposto: «Allora questo fuoco sta ancora divampando!».
Questo spiega che, non molto tempo fa, era molto difficile che un fuoco potesse divampare senza essere visto, poiché le campagne erano controllate, ed era quasi impossibile che, eventualmente, potesse estendersi su ettari ed ettari di terreno, perché veniva spento immediatamente. Oggi, purtroppo, molte campagne sono abbandonate e nessuno le controlla più. Nessuno fa più la “doa /pintiraca”, ovverosia la pulizia dell’erba tutto intorno alla proprietà, e i comuni non puliscono come dovrebbero le stradine di penetrazione agraria. Infine, nessuno sa più spegnere il fuoco con la tecnica del “controfuoco”, in uso in Sardegna fino a poco tempo fa quando dal cielo non giungevano elicotteri e canadair, che consisteva nel fermare il fuoco bruciando le sterpaglie nella direzione del fuoco stesso.
Per sopperire a questi cambiamenti sociali, la Regione Sardegna ha istituito una vera e propria Task Force per spegnere gli incendi. I numeri pubblicati sul sito dell’Assessorato all’Ambiente (non utilizzabili senza preventiva autorizzazione, così è scritto) sono impressionanti: 1405 unità operative del Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale, 2753 unità dell’Ente Foreste della Sardegna, 152 Compagnie Barracellari con 3000 uomini, 2000 volontari e 46 persone della Protezione Civile; in più elicotteri e canadair. Il piano generale di prevenzione contro gli incendi della Regione è composto sulla carta da 131 pagine e altre centinaia di fogli sono stati scritti per i piani particolareggiati. Sulla carta tutto dovrebbe funzionare alla perfezione, ma così non è.
Nonostante questo dispiegamento di forze, nel 2013 sono andati a fuoco nell’Isola 36.791 ettari tra pascolo, macchia e superficie boschiva. Nel 2016, solo a Sedilo, sono stati bruciati circa 5000 ettari di terreno e il fuoco e riuscito a penetrare in zone di “Protezione speciale” come l’Altopiano di Abbasanta e la foresta di Monte Arcosu. I danni subiti dalle aziende e dal patrimonio boschivo, che ogni anno si riduce sempre di più, sono incalcolabili e si aggirano su svariati milioni di euro. A questo punto sorge spontanea la domanda: «Ma con tutti questi soldi bruciati e il fallimento della macchina antincendi, non sarebbe meglio voltare lo sguardo verso la prevenzione, piuttosto che basarsi solo sulla repressione?». Perché altrimenti qui si rischia che qualcuno riesca davvero a dare fuoco anche all’abbeveratoio.
Sarebbe opportuno riprendere le nostre tradizioni e rimettere in vigore i dettami della Carta de Logu. Innanzitutto, ogni proprietario dovrebbe provvedere a pulire dalle sterpaglie il terreno tutto intorno ai suoi confini e i Comuni a tagliare l’erba lungo le strade comunali e di penetrazione agraria. L’ANAS o chi per lei dovrebbe ripulire i bordi delle strade fino al muro di cinta e non solo lungo la cunetta adiacente la strada. Infine, la Regione dovrebbe destinare buona parte dei fondi che vengono impiegati per l’antincendio ai Comuni, i quali dovrebbero reclutare i disoccupati e impiegarli per il taglio delle sterpaglie nei terreni comunali o abbandonati; si dovrebbero ricostituire le squadre abilitate al controfuoco e posizionare telecamere nei punti di avvistamento strategici.
In questo caso sarà più difficile per i piromani dare fuoco all’abbeveratoio, poiché avranno quel timore reverenziale per la nostra antica cultura di popolo che ama e rispetta la natura. In caso contrario, per gli incendiari, oltre alla giustizia, ci saranno anche le bestemmie contenute in questa poesia di Francesco Masia, intitolata “Piròmanes”, pubblicata integralmente nel libro “a runcu e a chima”:
Flora e fàuna s’ant una die a vendicare
cun progenia, fizos e nebodes bostros
pro cantu de fogos nd’azis postos
morte mala bos devìada arrivare.
Mancu Deus bos at a perdonare
e in inferru brujedas prima de interru
cun su tuju presu a filuferru
concas malas si nde deven solu segare.
Terrinu frimmu non torredas a catigare
a sa sola sos ojos bos nde boghedas
pius in domos bostras non passedas
e mancu a mortos bos potedas reposare.
Stupendo
Da alcune decine di anni dobbiamo convivere con il problema degli incendi estivi, ci lamentiamo per i disatri che che si creano e pretendiamo che lo Stato si faccia carico dei problemi.
Invece dovremmo domandarci il perché degli incendi e quali siano i fattori che li favoriscono.
Non venite a dirmi che il vento, il caldo estivo e le sterpaglie secche sono i vettori principali, perché per quanto siano veritieri è pur vero che in assenza di un’esca incendiaria iniziale difficilmente il fuoco partirà naturalmente.
Il problema di fondo sono le leggi e la burocrazia, non negli aspetti che possono provocare gli incendi, perché in località più secche e ventose delle nostre gli incendi sono fenomeni molto rari.
Ammettiamolo, la malattia propriziata dall’assistenzialismo è stata capace di trovare sfogo e risorse spegnendo incendi, ma visto che questi non si accendono facilmente da soli bisogna aiutarli…
Vi ricordate quando la Sardegna era tristemente nota per i sequestri di persone? Cosa fecero le istituzioni per bloccare quella terribile pestilenza che ancor oggi è lì a ricordarci il danno d’immagine a cui i sardi sono ancor oggi sottoposti, putroppo.
Voglio ricordare a chi non ne fosse a conoscenza, i fenomeni che possono innescarsi quando si chiede l’intervento della
mano pubblica, come il caso di oltre un secolo fa nelle zone montane e boscose del nord, in cui il numero di volpi si era fatto così importante da mettere a rischio l’allevamento di piccoli animali e pollame. Le autorità locali sotto pressione della comunità presero la decisone di istituire un Ente di cacciatori, il cui compito era estirpare le volpi dalla zona, compito in cui i cacciatori provavano pure piacere a farlo. L’intervento dei cacciatori dell’Ente fu prontissimo, al punto che uccisero un gran numero di volpi, ma dopo alcuni mesi non ci furono più uccisioni, non perché le volpi fossero scomparse, semplicemente i cacciatori rallentarono la loro azione, forse era più comodo tenere in piedi un Ente che potesse tenere occupate così tante persone?
Il problema che continuamente tralasciamo è il fatto che l’uomo è un animale che sopravvive sulle opportunità che gli vengono date, se per spegnere un fuoco occorrono delle persone per farlo il fuoco, difficilmente si riusciranno a evitare gli incendi.
Non dico che gli incendiari siano coloro che prestano servizio antincendio, ma è lo stesso ambiente sociale che li favorisce, perché c’è sempre qualcuno che ne trae vantaggio.
Vi siete mai chiesti perché negli stadi italiani ci siano delle transenne per evitare le invasioni di campo, mentre in Inghilterra i campi siano privi anche della pista atletica e non sono presenti protezioni, al punto che i giocatori possono finire sui posti a sedere e mai il contrario? Semplice, lì la forza pubblica non viene sprecata per controllare gli stadi, perché il servizio di vigilanza privato è delegato alle squadre di calcio, ma se per caso un tifoso invade il campo o commette atti di violenza non gli viene dato il DASPO come nella nostra Repubblica delle Banane ma finisce direttamente in carcere.
So che vi sto annoiando, perché non parlo di come dovrebbero dotarsi i vari forestali e servizi antincendio, ma non è quella la strada. Il legislatore anziché perseguitarci e inseguirci pure dentro le mura domestiche, impedendoci tra poco di usare le auto a gasolio, perché non vara delle leggi contro chi appicca gli incendi così severe da reprimere una volta per tutte la maledetta abitudine di distruggere l’ambiente per piacere, per vendentta o per vantaggio personale.
La pena severissima e un ricco premio perc chi segnala il piromane in azione metterebbe la parola fine agli incendi.
Adesso sarò ancor più cinico, perché il paragone degli incendi estivi con i flussi migratori dall’Africa è risolvibile allo stesso modo. Delle basi a terra e in mare che sorveglino i movimenti di persone e il pagamento di un premio di 10.000 euro per ogni gommone segnalato e distrutto, relegherebbe ai libri di storia il fenomeno delle ONG e di tutta la filiera speculativa impegnata a sostenere la tratta degli schiavi in salsa moderna.
i estivi da alcune decine di anni erano sconosciuti nel passato semplicemente perché il territorio era privo di un apparato predisposto a spegnergli.
Non dobbiamo avere paura ad ammettere che ci sia un profondo legame tra le due azioni, e non troveremo soddisfazione nel raddoppiare l’apparato anti incendio.
Purtroppo il sistema parassitario-burocratico italiano ha trasferito in Sardegna tutti i suoi mali in moltissimi settori, tra questi il sistema antincedi è uno dei protagonisti.
Sono convinto se mai dovessero fare un ENTE per combattere l’abbandono degli animali, il loro numero e la loro morte aumenterebbe a vista d’occhio.
I fattori che incidono pesantemente nella repressione di certi eventi sono almeno due:
1) uno di tipo diretto, quelle che pensano di creare l’ambiente giusto per entrare a far parte di quel sistema,
2) l’altro di tipo delinquenziale, consapevole del fatto che un sistema antincedio possa contenere il disastro
che attira tutta una serie di persone che pensano di
La Sardegna è percorsa da incendi (vastissimi altro che storie) da centinaia di anni. Basterebbe leggere qualche libro invece che scrivere ricettine trite e ritrite.
Strano che l’articolo non riporti la notizia corretta: l’ordinanza regionale antincendi prevede esplicitamente che ciascun proprietario terriero provveda a rimuovere le sterpaglie dal proprio fondo, inoltre devono costituire fascie tagliafuoco in prossimità di boschi e pinete.