Confesso che ieri, a Oliena, non sapevo davvero da dove iniziare.

C’erano più domande che mi martellavano la testa, un attimo prima che Cenceddu Palimodde – storico ristoratore e animatore culturale, sportivo e sociale del suo paese e del suo territorio – mi cedesse la parola: “Perché io sono qua? E perché queste persone sono qua? Cosa cercano loro dal confronto con me e cosa io dal confronto con loro? Sarò in grado di dare risposte? E sarò all’altezza di recepire e tradurre in stimoli positivi quel che da loro arriverà?”.

Confesso che non mi sarei mai aspettato di trovarmi di fronte – alle 19.30 di un torrido 28 giugno – una platea composta da un centinaio di persone, in cui non mancavano donne e giovani, tradizionalmente i grandi assenti dei sempre più autoreferenziali incontri in cui si parla di politica.

E invece tutto si è svolto nella maniera più naturale e coinvolgente possibile. Oltre due ore di confronto, domande e risposte, speranze e condivisione di un orizzonte comune tra i presenti: provare a costruire un confronto, un orizzonte, un’alternativa in piena e assoluta discontinuità con quel che abbiamo di fronte, ma anche con quel che c’era fino a tre anni fa.

Non abbiamo parlato di avversari con nome e cognome ma di comportamenti e prospettive dalle quali ci vogliamo allontanare. L’empatia che si è creata tra persone che non si erano mai viste prima – e che non sono collegate da rapporti di clientela, padrinato e padronato – è stata assoluta, in un’ottica di condivisione che ha azzerato ogni steccato.

Non ci siamo chiesti vicendevolmente per chi abbiamo votato nel corso della nostra vita, ma ci siamo trovati d’accordo nel dire che le persone e i progetti-percorsi politici si valutano e si giudicano per la loro chiarezza e trasparenza e per la credibilità della storia delle persone che li enunciano: chi sono, cos’hanno fatto, cosa si impegnano a fare e quale grado di affidabilità hanno sia nella proposta che nell’approccio etico alla sua declinazione.

Ci siamo detti che non siamo perfetti, che non siamo i migliori, che potremo sbagliare, ma ci siamo reciprocamente impegnati a non essere dipendenti da nessuna lobby e clientela, da nessun padronato partitico ed economico.

Ci siamo promessi di lavorare per far sì che il prossimo presidente della Regione non sia scritto né da Berlusconi, né da Renzi macdai sardi. E che solo a loro risponda, sentendosi uno di loro – senza vergogna o complessi di inferiorità -, condividendone drammi e gioie, sofferenze e sogni, prospettive e progetti. Se possibile, una persona che non si approcci mai a pastori, sindaci, agricoltori, disoccupati, disabili, poveri, lavoratori, imprenditori, professionisti o sindacati con l’approccio del
“Eh, ma vi state sempre lamentando” o con quello del “So tutto io, lasciatemi fare”.

Una piccola grande rivoluzione dolce, da fare assieme a chi ci sta: società civile, associazioni, movimenti e anche partiti.

Senza però attorcigliarci attorno al dibattito infinito al quale elite sempre più strette vorrebbero condannarsi e condannarci.
Quasi nessuno, tra gli intervenuti a Oliena (ma prima ancora a Cagliari, Mamoiada, Sassari, Pozzomaggiore, Galtellì, Siniscola e negli altri luoghi in cui ci siamo dati convegno) conosce i protagonisti del chiacchiericcio che si rimpalla in strettissimi circoli e gruppetti su Facebook e sui blog, nessuno è interessato ad alchimie che sono proprie della vecchia politica: sia quella che si è alternata al governo della Sardegna negli ultimi 25 anni di falso bipolarismo italiano, sia di quella che – sbagliando comunicazione e procedure – è stata percepita (certamente ingiustamente) come chiacchierona, divisiva, autoreferenziale e dunque incapace non solo di vincere ma persino di essere rappresentata nelle istituzioni democratiche.

Dunque, c’è il tanto per andare avanti nell’opera di animazione politica e culturale che è l’obiettivo che mi sono dato negli ultimi nove mesi prima col blog e poi fondando, assieme a un gruppo di amici, l’associazione Sardos.

A questo proposito: Sardos non è un partito e, se la mia opinione conterà, mai lo diventerà. Men che meno è o sarà il partito personale di Anthony Muroni. È, invece, ed emergerà con ancora più forza con la pubblicazione del suo Manifesto e la convocazione della sua Assemblea costitutiva, un motore – riconosciuto come tale da un numero sempre più crescente di persone, su tutto il territorio sardo – che si propone, tra le altre cose, di fare da collante tra tutti i cittadini che vogliono lanciare un segnale di discontinuità assoluta, senza fare salti nel vuoto. Critica costruttiva e proposte concrete per il futuro, finalizzate a una crescita culturale, sociale ed economica della Sardegna, basata sull’abbandono dei modelli di sottosviluppo e una scelta di non dipendenza, possibile e sostenibile.

In conclusione una risposta a un passaggio contenuto nell’interessante articolo del collega Vito Biolchini (http://www.vitobiolchini.it/2017/06/29/autodeterminazione-diritti-sostenibilita-alla-sardegna-serve-un-nuovo-soggetto-politico/) a cui rispondo – per quel che mi riguarda, condividendo in astratto il suo invito a un dialogo più pragmatico e a un impegno nel mondo reale, che renda più concrete le proposte alternative in campo – con spirito di condivisa amicizia: è vero, da lui mi hanno fin qui diviso tutte le scelte politiche. A febbraio 2014 avevo già maturato la convinzione che nessuna risposta potesse arrivare alla Sardegna dai partiti italiani. Anche per questo ho sposato e sostenuto l’avventura e la proposta di Sardegna Possibile e di Michela Murgia, criticando aspramente i partiti sovranisti alleati di Pigliaru e il Psdaz alleato di Cappellacci. A proposito di quest’ultimo – le cronache stanno là a dimostrarlo – credo che nessuno tra gli informati (e perfino l’ex presidente stesso) mi possa mai aver messo nella colonna dei sostenitori della sua esperienza politica. Mentre confesso e rivendico un’antica e solida amicizia con Mauro Pili, di cui ho con forza condiviso le modalità con le quali ha portato avanti le sue esperienze da sindaco di Iglesias, da presidente della Regione e da parlamentare schierato dalla parte dei sardi. Oltre alle capacità e alla visione, in lui ho sempre apprezzato l’onestà e il disinteresse per i soldi, la sua forza nello schierarsi contro le lobby e certi potentati.

Il fatto che i nostri rapporti personali siano interrotti dal 2014 e che io consideri che lui in questo momento non sia quello che può unire tutte le anime del progetto alternativo ai poli italiani, non mi fa rinnegare nulla della nostra amicizia e del nostro lungo percorso di condivisione.

Ma queste sono cose davvero poco importanti: le nostre persone e le nostre piccole e grandi divisioni scompaiono di fronte all’orizzonte di responsabilità che abbiamo di fronte.

Continuiamo a lavorare – ognuno per le sue possibilità – per una Sardegna migliore, diversa e non dipendente dai partiti romani e dalle loro pratiche.