Che cosa unisce la sentenza della Corte Costituzionale con le recenti sentenze del tribunale di Cagliari nei confronti di tanti consiglieri regionali?

Che cosa unisce una sentenza importante sugli usi civici con penne Mont Blanc, maialetti arrosto, matrimoni, costose Audi, convegni-farsa e tasche più capienti di vecchie bèrtulas?

Una sola cosa: il danno al bene pubblico da parte della politica regionale.

Nel primo caso è dovuta intervenire anche la Corte Costituzionale per fermare gli smodati appetiti di questa Giunta nei confronti dei terreni ad uso civico, le cui disposizioni, dice la sentenza, “producono l’effetto di sottrarre al patrimonio collettivo vasti appezzamenti di territorio” tramite una fin troppo disinvolta opera di sdemanializzazione che avrebbe ottenuto si ” sanare indiscriminatamente occupazioni abusive”.

In pratica questa volta la Corte Costituzionale italiana si è ritrovata a dover proteggere i beni collettivi dei Sardi da una politica regionale che puntava ad accontentare un pugno di occupanti abusivi a danno della collettività, vera proprietaria delle terre civiche.

E’ il caso di dire che questa politica, che normalmente nei confronti dell’Italia è più papista del papa, più lealista del re e più italianista dell’Italia, nei confronti della Sardegna si dimostra più vandala di Genserico.

Per quanto riguarda il secondo caso, quello delle sfilze di condanne per peculato, teniamo per buona sempre la presunzione di innocenza e aspettiamo che la Cassazione esamini i ricorsi. Tuttavia si tratta pur sempre di condanne anche in secondo grado, e la cosa un po’ ci preoccupa. Ci preoccupa perché stiamo parlando di politici a cui i cittadini sardi avevano dato fiducia e che – stando alle accuse – si sarebbero appropriati di soldi della collettività.

Parliamo probabilmente dell’unico fenomeno che sia riuscito storicamente a vedere unita la politica sarda in una grande area tripartisan, con consiglieri eletti da centro destra a centrosinistra passando per il psd’az. E la preoccupazione non diminuisce, e forse anzi aumenta, quando vedi che ci sono consiglieri che restituiscono parte dei soldi che vengono contestati.

Un gesto che non sai nemmeno come considerare. Forse come una ammissione di furto, che loro forse vorrebbero chiudere lì con una sanatoria amichevole, con la restituzione dopo essere stati scoperti, un po’ come i bambini che rubano le caramelle al negozio e tutto si chiude con la restituzione, una sgridata e una brutta figura.

Solo che qui non parliamo di caramelle e di bambini ma di milioni di soldi pubblici, e di veri e propri furti per i quali i comuni cittadini, per importi molto inferiori, sconterebbero dura galera.

O forse questo gesto della restituzione lo potresti considerare come un segno di onestà, ma a quel punto ti chiedi: se credevi che li potessi prendere lecitamente e che ti spettassero, perché li restituisci?

E mentre questi dubbi ti assalgono, senti la nausea che ti dà il sapere che queste persone sono state elette per fare il bene del nostro popolo e per questo sono profumatamente pagate con i soldi della collettività.

In una terra dove la metà dei giovani è senza lavoro, dove i ragazzi emigrano, dove la gente si impicca per la frustrazione che dà la disoccupazione, dove migliaia di persone lavorano in nero o saltuariamente e spesso per non più di settecento euro al mese…

In una terra alla disperazione, quanto coraggio ci vuole – se può essere chiamata coraggio quella che è solo l’audacia nell’ingordigia – per arrivare a rubare altri milioni alla povera gente pur godendo di stipendi da nababbi?

Quanto bisogna essere ingiusti e crudeli, quanto si deve essere simili ai tiranni Savoia per arrivare a sottrarre le terre comunitarie per accontentare un pugno di privati e di insaziabili speculatori?

Quanto bisogna essere nemici di questo popolo oppresso per arrivare ad essere puniti anche dalla stessa legge del dominatore?

Ma davvero, popolo sardo, vuoi continuare a farti governare da questa classe politica?