Prima ci si è lasciati guidare alla riconversione ai servizi e all’abbandono della campagna, come fonte di reddito principale.

Ora che Stato e istituzioni arretrano, il Sarcidano sperimenta la progressiva trasformazione in un deserto occupativo e amministrativo.

Prima gli uffici pubblici e poi – da qualche tempo – anche l’ospedale.

Cosi Isili, che è il punto di riferimento di un vastissimo territorio, con i suoi 2478 residenti, cerca di resistere, rivendicando la propria centralità. Perché chiunque, per piccolo che sia, può rappresentare il punto di riferimento per altri.

Come potrebbe essere altrimenti, in un territorio a basso tasso demografico e con una viabilità precaria, a 71 chilometri da Cagliari, 105 da Nuoro, 66 da Oristano e quasi 200 da Olbia?

Dal marzo 2016 il paese fa i conti con la chiusura del reparto di Chirurgia dell’ospedale San Giuseppe – conseguente all’inizio dei lavori per la nuova sala operatoria, oramai quasi conclusi – e da qualche settimana lotta contro l’esclusione dello stesso nosocomio (assieme a quello di Muravera) dalla rete chirurgica dell’emergenza-urgenza, decisa dalla Asl di Cagliari in un’ottica di riqualificazione e ottimizzazione.

Accanto all’amministrazione guidata dal sindaco Luca Pilia da mesi è schierato il comitato “Sanità Bene Comune”. Un nugolo di volontari che presidia la struttura durante tutto l’arco del giorno, facendo base in una roulotte imbandierata e ricevendo visite più o meno di solidarietà da esponenti politici, del mondo sindacale e della Chiesa.

Chiedono sempre la stessa cosa: “La riapertura del reparto di chirurgia del San Giuseppe, il mantenimento nel Sarcidano – Barbagia di Seulo di un servizio di chirurgia d’eccellenza con reparto di degenza, la ristrutturazione della rete socio-sanitaria territoriale e percorsi diagnostici e clinici pubblici, certi e gratuiti, e la stesura di un Piano sanitario regionale propedeutico a qualsiasi riforma della sanità sarda”.

Richieste chiare e comprensibili. Anche perché, basandosi su quanto accaduto da altre parti e sul fatto che – in altri campi – la Giunta si è fatta fin qui guidare da freddi parametri numerici e non da valutazioni politiche, c’è il sospetto che il depotenziamento della Chirurgia possa essere propedeutico a un più progressivo ridimensionamento del presidio ospedaliero di Isili.

Ripercorrendo la cronologia dei fatti è impossibile tacciare l’amministrazione e i componenti del Comitato di essere visionari.
Nel marzo 2016 una delibera dell’Asl aveva dichiarato non a norma le sale del blocco operatorio, decretando la necessità di importanti lavori di riassetto, in particolar modo per quel che concerneva l’impianto di aerazione.

Sempre nello stesso mese, senza nessun preavviso, le sale operatorie sono state chiuse e messe fuori uso. Una decisione che sembrò cogliere di sorpresa la stessa Direzione sanitaria, il primario di Chirurgia, il personale e i pazienti. Contestualmente venivano sbarrate anche le porte del reparto di degenza. Appena qualche settimana dopo, nel corso dell’assemblea dei sindaci nella Comunità montana di Isili, l’allora manager Savina Ortu dichiarò che i lavori di messa a norma delle sale sarebbero iniziati entro 60 giorni. I primi materiali arrivarono, invece, a settembre inoltrato, 171 giorni dopo la chiusura.

Il 16 aprile 2016 la prima manifestazione dell’intero territorio a Cagliari e un mese e mezzo dopo la costituzione del comitato “Sanità Bene Comune”.
Si preparano assemblee, si fa attività di sensibilizzazione nell’intero territorio e si chiede il ritiro della delibera sul piano di riordino della rete ospedaliera.

Il 24 giugno un’altra manifestazione, molto partecipata, a Isili. A luglio nuovo sit in davanti alla sede dell’Asl, a Cagliari. Vertici aziendali e sindaci si accordano per una rivisitazione della sala operatoria con la dicitura “Chirurgia programmata”.

Una circostanza che allontanerà il Comitato dagli amministratori locali.

Altro sit in ad agosto, con un vertice tra rappresentanti del Comitato e manager Asl. A settembre Isili unisce le forze con le proteste che arrivano anche da Sarrabus/Gerrei, Mandrolisai e Iglesiente. Si lavora per una grande manifestazione nella tarda primavera.

Il 9 novembre duemila persone marciano su Cagliari, verso il palazzo del Consiglio regionale.
Una delegazione parla con il Presidente Ganau, al quale viene consegnato un duro documento (questa volta firmato anche dai sindaci) in difesa dei servizi sanitari a rischio.

Intanto i lavori nel blocco operatorio continuano ma i tempi di consegna slittano ulteriormente. Il Comitato apre il fronte sui disservizi in Diabetologia e invia una lettera formale all’azienda perché venga riaperto il reparto di chirurgia.

Il nuovo dirigente della Asl di Cagliari Tecleme, all’atto del suo insediamento, assicura che la sala operatoria verrà riconsegnata entro fine marzo. Mese in cui niente succede (i lavori non sono ancora terminati, a inizio maggio), se non che L’Unione Sarda dà conto di un documento in cui è confermata l’esclusione di Isili e Muravera dalla rete della Chirurgia d’urgenza. Il direttore della Asl unica Moirano smentisce. O, meglio, precisa che “nessuna decisione è stata ancora presa”.

A fine aprile – quando il sottoscritto ha fatto visita al Comitato e all’amministrazione, ottenendo anche di visitare il presidio e il cantiere della sala operatoria – nessun’altra novità era disponibile.

Se non il senso di smarrimento – che non vuol dire assolutamente resa –  ben visibile negli occhi degli isilesi in lotta: “E’ difficile andare avanti, perché alla lunga ci si sente sempre più isolati. Vorremmo che su questa nostra lotta simbolica non calasse mai il silenzio. Perché oggi saranno Isili, il Sarcidano e la sanità, ma domani – se questo modo sbagliato di amministrare solo sulla base dei numeri non fosse sconfitto – potrebbe accadere a ogni territorio, ogni paese e ogni cittadino sardo”.