Ho un debole per Vito Biolchini, per la sua intelligenza. Adoro le persone che esprimono proprio quello che pensano, in una terra in cui questo è uno scandalo imperdonabile. Però, non sono d’accordo con il suo ultimo articolo. Proprio per nulla.

Comincio dall’asserto di base del suo ragionamento, che lui definisce “molto chiaro” ma che invece tutto mi pare fuorché chiaro: basta con l’indipendentismo, è meglio che tutti ci raduniamo intorno alla “sostenibilità”.

Ora, dico subito che “sostenibilità” è il termine meno chiaro del discorso politico degli ultimi vent’anni: un termine passe-partout il cui significato è facilmente equivocabile. I criteri che definiscono ciò che è sostenibile sono troppo astratti per essere portati al centro di un movimento politico aggregante. Non così, invece, il tema dell’autodeterminazione.

Il primo punto (“basta con l’indipendentismo”) mi trova purtroppo abbastanza d’accordo, ma per ragioni opposte a quelle espresse da Vito. Infatti la catastrofe trasformista e clientelare rappresentata dalle pratiche ormai storiche del Partito sardo d’azione e, nella stagione politica attuale, rappresenta in modo quasi iconico il Partito dei Sardi, hanno sporcato l’immagine dell’indipendentismo nel suo insieme, questo è chiaro.

Perché infatti un sardo che vorrebbe votarsi al cambiamento dovrebbe dar credito al Partito dei Sardi e ai Partiti che in qualche modo hanno collaborato con Pigliaru?

L’indipendentismo è fragile, certo, per la sua ostilità al carattere urbano della società sarda, per il suo orientarsi non sulle dinamiche sociali di liberazione ma sul soggettivismo e sullo spirito d’appartenenza, ma la picconata alla sua immagine pubblica rischia di darglielo proprio il sovranismo, per le sue scelte trasformiste. Infatti, nonostante tutto questo, l’indipendentismo contiene un patrimonio importante, che è quello dell’autodeterminazione e del sottolineare il carattere di dipendenza della società sarda da quella italiana, che è prezioso e da difendere (talvolta contro gli indipendentisti stessi, penso al tema della lingua sarda).

L’indipendentismo è speranza e apertura verso un futuro migliore, la “sostenibilità” no.

Inoltre, la debolezza della cultura e della pratica politica indipendentista non può essere solo ascritta alle sue parole d’ordine, quanto ai caratteri della cultura e della pratica politica sarda in generale, soprattutto il fatto che nella politica sarda manchino le città e un’opinione più slegata dalle aree rurali e dalle clientele (altro che cagliaricentrismo e paesitudine!).

E qui torna il tema dei partiti “italiani” dai quali differenziarci.

Per quanto efficace come espressione, essa si presta sicuramente a interpretazioni ambigue, e la provocazione dell’articolo biolchiniano può essere utile.

Dove va posto infatti il limite di una coalizione per l’autodeterminazione? Se ci fosse un Partito indipendentista o radicato solo in Sardegna, espressione del sistema clientelare della dipendenza coloniale (e io ne conosco diversi, di partiti così), a mio modo di vedere dovrebbe essere escluso, così come naturalmente il PD lo è.

Se al contrario vi fosse una forza politica italiana con un programma utile per il superamento della dipendenza della Sardegna, personalmente cercherei delle formule di alleanza, almeno tattica, con essa. Personalmente non capisco se il M5S abbia un programma per la Sardegna, mi sembra di no, ma non esiterei a cercare un accordo con loro, per essere esplicito.