Gentile Senatore Floris,

ho letto la sua risposta alla mia lettera e mi preme dire ancora una volta la mia. Lei invita ad un dialogo sereno sul tema del demanio militare e ribadisce che l’iniziativa organizzata dalla mia scuola era inopportuna a causa dell’assenza dei rappresentanti delle “forze armate” e in ragione dello stesso titolo che abbiamo dato a quell’evento, vale a dire “Sardigna terra de bombas e cannones”.

Trascurando il fatto che un confronto difficilmente può risultare sereno con una interrogazione parlamentare pendente sulla mia testa e su quella di tutti i colleghi componenti il Collegio Docenti della mia scuola, mi permetto di farle notare che nella sua risposta lei trascura alcuni dati oggettivi che mi preme rimarcare.

Al contrario di quanto riportato dalla vostra narrazione in Parlamento, le forze armate sono di casa nelle scuole sarde, in proporzione molto maggiore rispetto ad altre regioni. La Sardegna viene dopo solo alla Puglia, alla Campania e alla Calabria per numero di interventi dei militari nelle scuole.

Del resto i Ministeri a cui avete rivolto l’interrogazione lo sanno bene, perché il dato, (reso noto dall’associazione studentesca dell’università di Cagliari “Scida”), è tranquillamente reperibile online, all’interno del protocollo d’intesa tra i Ministeri della difesa e dell’istruzione da cui è tratto.

In Sardegna il numero degli interventi dell’Esercito Italiano nelle scuole è pari a 30, ed è appunto la quarta regione all’interno dello stato italiano. Senatore, è davvero sicuro che nella scuola sia deficitaria la presenza di «figure tecniche, politiche o militari che possano sostenere le ragioni della presenza di queste basi e poligoni sul territorio della Sardegna»? Posto che, come ho già avuto occasione di dire, al dibattito organizzato al liceo Mossa il contraddittorio era presente, essendo rappresentato lo Stato per tramite dell’onoverole Scanu (che come penso lei saprà si colloca su un piano politico a me distante anni luce), perché ritiene che i militari abbiano il diritto di veicolare il loro punto di vista nelle scuole – oltretutto loro sì senza contraddittorio – e invece altre figure componenti la società non abbiano neppure facoltà di parola? Sono un convinto democratico e questo punto proprio non riesco ad afferrarlo.

Senatore, non so se lei è al corrente, ma in diverse scuole dell’isola ancora si festeggia la “vittoria” di Vittorio Veneto. Non trova singolare e anche un pò anacronistico che negli anni Duemila si festeggi ancora l’esito di quell’orrendo ed inutile massacro che fu la Grande Guerra e che vide il sacrificio umano di decine di migliaia di giovani sardi che furono violentemente sradicati dalla loro terra e dal loro lavoro per essere mandati al macello? Non auguro a nessun collega e a nessun Dirigente scolastico di subire una interrogazione parlamentare, però sarebbe utile sollevare il dibattito in merito all’utilità e al valore pedagogico di tali iniziative.

Insomma Senatore, come vede la presenza di rappresentanti dei militari e perfino la discutibile esaltazione di alcune “vittorie militari” è tutt’altro che deficitaria nelle scuole sarde rispetto a quanto lamentato nella vostra interrogazione.

Vorrei venire ora al nome dell’evento da lei contestato. Ho proposto “Sardigna terra de bombas e cannones” per il semplice fatto che effettivamente la Sardegna è una terra di bombe e cannoni. Tale fatto può piacere o non piacere, ma si tratta appunto di un fatto. Si può anche ritenere, come ad esempio sostiene lei, che i presidi militari costituiscano un fatto positivo, ma la presenza degli stessi rappresenta un dato che in molti ignorano, a partire dai ragazzi e dalle ragazze delle nostre scuole.

La Sardegna è la regione più militarizzata d’Europa. In Sardegna sono presenti i tre poligoni militari più grandi d’Europa e la nostra terra ospita il 61% delle servitù militari dello Stato.
Di questo dato si può parlare o non si può parlare? Si può informare i ragazzi che c’è un processo in corso dove sul banco degli imputati siedono i comandanti che hanno diretto il Poligono di Quirra «per aver cagionato un persistente e gravo disastro ambientale con enorme pericolo chimico e radioattivo per la salute di decine di migliaia di animali, di decine di pastori, del personale della base e di numerosi cittadini» (come si legge nel capo di imputazione della Procura)? Si può parlare dei ben noti rilievi delle ASL di Lanusei sulle malformazioni degli animali di allevamento, sui decessi dei pastori frequentanti il poligono e sulla presenza di torio radioattivo e di altre sostanze nocive nelle loro salme?
Insomma Senatore, a scuola si può discutere della realtà o si deve solo addestrare i ragazzi a compilare test invalsi e quizzettoni nozionistici per accedere all’Università?
Lei mi chiede di «operare con l’alto spessore morale che ho percepito dalla sua lettera» e io intendo seguire il suo consiglio. Continuerò pertanto a fare il lavoro che ho scelto occupandomi dei tanti bisogni formativi e pedagogici dei ragazzi. Continuerò anche a mandare avanti la mia battaglia perché a scuola si possa e si debba parlare di tutto ciò che riguarda la Sardegna e i sardi e quindi continuerò ad organizzare incontri e dibattiti di varia natura, obbedendo solo ai crismi della democrazia collegiale e del valore pedagogico-educativo delle iniziative.

Se per questo dovrò subire ulteriori interrogazioni parlamentari, provvedimenti disciplinari, sanzioni e quant’altro sarò ben felice di affrontarle con serenità e determinazione.

Cordiali saluti