Sono nato italiano nel ’58 a Cagliari, sono diventato americano a 49 anni, vorrei morire sardo a cent’anni.

Mio nonno Luigi è stato il primo Presidente della Regione Sardegna, istituita dallo Stato Italiano come Regione a Statuto Speciale. Dal ’48 al ’53 ha fatto il Governatore della nostra bella isola dopo essere stato il primo Sindaco eletto di Cagliari, dal ’44 al ’47, il cosiddetto ‘sindaco della ricostruzione’.

Aveva combattuto, col pieno appoggio dei cittadini sardi, per liberare la nostra isola dalla malaria, grazie anche al grande aiuto di Rockfeller. Si era adoperato per portar l’acqua e l’elettricità in ogni paese della Sardegna. Si era fatto in quattro, fisicamente e intellettualmente, per ridare alla nostra terra credito economico e culturale, dopo la seconda guerra mondiale.

Si era battuto con diligenza, devozione, umiltà al servizio del cittadino.

Senza pensare ai soldi. Semmai rimettendoci.
Un altro modo di intendere la politica quello suo, a quei tempi.

Era il 1948, neanche 70 anni fa e la Sardegna era una delle venti Regioni d’Italia.

Nonno Crespellani lo ricordo da bambino (prima che morisse da Senatore della Repubblica e componente della commissione antimafia nel 1967) quando ci portava a vedere i concerti di musica classica o all’opera al Teatro Massimo.

Io, allora ero un bambino di 5-6-7 anni, coi pantaloncini corti, e dopo quei vaghi ricordi non ho più sentito parlare di politica né me ne sono mai interessato per trent’anni. Son cresciuto in Sardegna e sono andato via a 20 anni. Ho votato per la prima volta a 33 anni (a qualcun altro a quell’età lo avevano crocifisso).

Ero appena rientrato per la seconda volta a vivere in Sardegna dopo essere emigrato due volte, a 20 anni a Milano e a 26 anni in America.

Oggi ho 58 anni suonati, vivo (dinuovo) da 17 anni in America, sono residente a nord di Miami in Florida dopo esser stato 12 anni alle Hawaii e tre a New York, ma torno ogni anno qualche mese in Sardegna perchè il richiamo con la terra madre per noi sardi veri è irresistibile.

La rete e i social media ci fanno sentire ‘sardi dentro’ ogni giorno di più.
Spero di morire (possibilmente dopo i cento anni) non in una Regione Sardegna, ma in uno ‘Stato Sardegna’.

Deaicci ci fuliu su passaportu Italianu e puru cussu Ameriganu e m’agguantu scetti su Passaportu Sardu.

Perchè Italiano è bello, Americano è bello, ma Sardo è ancora più bello.
Sono fondamentalmente sardo.

Si, anche Italiano e Americano, ma essenzialmente sardo.

Io sono uno di quelli che sogna una Sardegna Nazione, uno “Stato di Sardegna”. Non Sardegna Regione dell’Italia, ma ‘Stato’ dell’Europa.
Lo Stato Sardegna.

Avevo scritto anni fa sul blog di Vito Biolchini, commentando un intervento di Progres, che l’obiettivo di liberare la Sardegna dall’oberante fardello italiano, è quello giusto. Quello che abbiamo tutti noi sardisti-indipendentisti ma anche i sardi sostenitori del Canton Marittimo.

Per dar corpo a questo sogno bisogna però prima unirsi. Cosa non facile. Creare liste di tutte queste forze con un unico leader, senza creare solchi dicendo ‘questo si e questo no’ perchè hanno o hanno avuto connivenze con lo stato italiano.

Semmai chi ha avuto o ha un rilevante passato politico, può mettere a servizio la propria esperienza e la propria forza propositiva in uno dei partiti della coalizione appoggiando un nuovo governatore che ci guidi all’indipendenza.

Vorrei tanto che il prossimo consiglio regionale si trasformi in ‘nazionale’, si stacchi dall’Italia e garantisca la democrazia e l’autodeterminazione della nostra isola.

Partiamo dal fatto che al tavolo si debbano sedere tutti i partiti e le persone che hanno quell’obiettivo primario (di liberare la Sardegna dall’Italia). E che siano pronte a far confluire le loro idee e il loro nome verso quell’obiettivo comune, senza gli egoismi e le invidie che ci hanno castrato per duemila anni. Che poi il partito leader si chiami Partito dei Sardi o Partito Sardo d’Azione o Unidos o Sardigna Nazione o Progres o con un altro nuovo nome poco importa.

L’importante, come la maggioranza delle persone che amano la Sardegna crede, è che si uniscano tutte quelle forze spaiate, che vogliono fortemente una Sardegna libera e nazione a sè stante e autogestita. Mai come ora si può raggiungere una maggioranza assoluta rispetto ai tradizionali partiti italiani. Non è un traguardo impossibile, sembra di poterlo toccare con mano. Cosa dobbiamo fare per realizzare questo sogno?

Le tre domande che rivolgo ai graditi ospiti di questo convegno (appuntamento mercoledì 12 alle 19 all”Exma) è:

1) Sono pronti i sardi nel mondo e i residenti in Sardegna ad autogovernarsi e a staccarsi dal sistema politico italiano ?
2) Avrebbero risorse sufficienti per ‘mantenersi’ dignitosamente con turismo, cultura, agricoltura, energie rinnovabili o altre forme che volete suggerire ?
3) Quali passi bisognerebbe compiere per giungere ad una reale autonomia o addirittura alla formazione di un nuovo Stato ?

A voi la parola, poneisì de accordu.