“Benvenuti dove il sole si ferma più a lungo” era lo slogan coniato dalla Provincia di Sassari per accogliere i turisti, prima che calasse la notte sulle provincie sarde.

La stessa Provincia di Sassari aveva promosso il “Patto dei Sindaci”, una frase altisonante che richiamava alla memoria i patti antifeudali di fine ‘700, il cui compito sarebbe stato quello di elaborare un Piano energetico di “rinnovabili” da portare in Consiglio d’Europa, ma che si è poi dimostrato una scatola vuota dal momento che non ha prodotto neppure una deliberazione in merito.

L’indipendenza energetica in Sardegna non è considerata di importanza strategica in quanto la Regione è rimasta ancorata al metano, quando il resto dell’Europa si è avviato già da tempo verso l’utilizzo di energie rinnovabili a costo zero.

Mentre l’Olanda ha dichiarato che vieterà le auto a benzina e a gasolio dal 2025 e in Germania si è dato inizio alla rivoluzione fotovoltaica con pannelli che catturano la luce rendendo indipendenti energeticamente migliaia di famiglie, qui in Sardegna le popolazioni lottano per non farsi costruire nel territorio megacentrali speculative, come quella di Gonnosfanadiga.

Per la verità la Regione Sardegna ha pensato alle energie rinnovabili dando in concessione qualche mese fa alla Toscogeo s.r.l. il permesso di ricerca di risorse geotermiche denominato “Sardara” che dovrà operare nei comuni di Collinas, Gonnostramatza, Lunamatrona, San Gavino Monreale, Sanluri, Sardara, Villanovaforru nella Provincia di Oristano e Medio Campidano, e potrà trivellare il territorio a lunghe profondità per cercare il calore proveniente dal sottosuolo.

Altre concessione sono state affidate a imprese per la produzione di energia fotovoltaica ed energia eolica con evidente bassa produttività e alto impatto ambientale. In ogni caso si tratta di concessioni ad aziende energetiche che faranno pagare ai Sardi l’energia prodotta a prezzi di mercato.

Ma veniamo ora al PEARS, un acronimo che potrebbe sembrare uno di quei orecchini che molti giovani appendono al corpo, mentre invece non è altro che il Piano Energetico Ambientale della Regione Sardegna, deliberato il 28 gennaio 2016, con visione ottocentesca, che interesserà il periodo 2015-2030. “Se consumi meglio ci guadagni” è lo slogan utilizzato dall’Assessorato regionale dell’Industria per presentare il progetto, la cui premessa fa già tremare i polsi in quanto dice: «Entro il 2020 dobbiamo raggiungere l’obiettivo di coprire con fonti rinnovabili la quota del 17,8% dei consumi energetici dell’Isola.

Se non dovessimo raggiungere questo traguardo, la Regione verrà sanzionata attraverso un prelievo nel bilancio regionale, che porterà a un possibile aggravio delle imposte sul cittadino e sulle imprese».

Detto questo, che significa letteralmente “se non raggiungeremo questa quota dovremo pagare l’energia a costi più alti di quelli attuali”, veniamo al programma Regionale per l’energia. Uno si aspetterebbe dopo questa premessa un programma duro a tappe forzate per il raggiungimento dell’obiettivo impostoci dall’Unione europea, invece… ecco cosa contiene il PEARS: «Uno strumento importante per la realizzazione di questa strategia è il metano […]. Occorre fare presto e bene e il Piano disegna con precisione la strada da intraprendere […]». Questo significa che la Regione ha in testa l’idea di metanizzare l’Isola, a costo di pagare le sanzioni previste per il mancato raggiungimento dell’obiettivo sulle energie rinnovabili.

È possibile che a qualcuno dell’Assessorato regionale dell’Industria non sia venuto in mente di pensare ad investire sul sole che sul nostro territorio batte 365 giorni all’anno? Si può ancora pensare di metanizzare l’Isola e di portare il metano non si sa da dove e a quale prezzo quando il resto del mondo si sta rendendo indipendente con l’energia inesauribile prodotta dal sole?

Come si fa a non immaginare che con i pannelli fotovoltaici montati sul tetto di una casa in Sardegna si renderebbe ogni famiglia indipendente energeticamente dal resto del mondo con un risparmio medio mensile di 400 euro?

La notizia di questi giorni è che la Regione sta per realizzare un piano di stanziamento per l’inizio della metanizzazione dell’Isola che contiene già una spesa iniziale di 390 milioni di euro per costruire la dorsale del metanodotto che va da Sarroch a Porto Torres.

Detto questo, a noi del Movimento “Sardigna nostra” ci viene spontanea più di una domanda: a chi vanno questi soldi destinati al metano? Quali sono gli interessi che ruotano intorno a questa scelta energetica obsoleta e dannosa per la Sardegna?

Se pensiamo che con la stessa cifra potremmo installare sulle case di 320 mila sardi impianti fotovoltaici che producono energia a costo zero per sempre, e che allo stesso tempo potremmo raggiungere il 17, 8% di rinnovabili entro il 2020 che ci esenterebbe dalle sanzioni comunitarie, deduciamo che interessi particolari ruotino intorno a questa politica energetica antisarda.

Il problema si può risolvere mandando a casa coloro i quali ieri hanno coniato la frase “Benvenuti dove il sole si ferma più a lungo” e che oggi appartengono agli stessi schieramenti che governano la Sardegna e che con quello slogan non vedevano il sole come fonte energetica ma come abbronzante naturale per turisti.