Non festeggio l’8 marzo in pizzeria o ristorante, non l’ho mai fatto ne lo farò negli anni a venire ma, non critico chi lo fa. Non festeggio l’8 marzo poiché la considero una sorta di “’ora d’aria” concessa a noi tutte senza distinzione (stavolta si) di estrazione sociale, culturale o anagrafica: cinquantenni o ventenni, laureate o operaie non fa differenza perché in fondo noi donne siamo fatte cosi:amiamo stare in compagnia e se serve a festeggiare qualcosa ancora meglio.

Ma come sempre capita da che è stata istituita “la festa”, dal giorno dopo si ricomincia dalla stessa posizione dalla quale si è partite la sera precedente, salvo qualche sporadica differenza.

Allora, più che andare a festeggiare bisognerebbe scendere in piazza, recarsi nei palazzi del governo e pretendere, urlando se necessario che la festa della donna sia tutti i giorni dell’anno, scandita dal rispetto, senza dover sempre sottolineare la ‘diversità di genere’ che sottintende quasi una diversità di razza.

Bisognerebbe chiedere che alle donne, giovani o meno giovani, sia concesso il diritto al lavoro: sacrosanto per ogni essere umano e negato invece ancora a molte di noi, al nord come al sud, senza distinzione geografica.

Bisognerebbe chiedere a gran voce il lavoro come diritto, per affrancarci dalla miseria e dalla dipendenza da altri per vivere. Il lavoro come dignità acquisita per diritto costituzionale e non solo a parole.

Bisognerebbe chiedere e pretendere che, un foglio in bianco, firmato al momento dell’assunzione, smetta di essere una dichiarazione di ‘infertilità’ a vita nelle mani del datore di lavoro.

Bisognerebbe urlare a gran voce, che ci vengano riconosciuti i meriti, economici e gerarchici al lavoro,qualunque esso sia.

Bisognerebbe chiedere che per legge, gli stipendi delle donne siano parificati a quelle degli uomini, che in alcuni casi pur esercitando le stesse professioni, sono di gran lunga inferiori.

Bisognerebbe chiedere che le lavoratrici, possano avere il diritto inequivocabile alla pensione, prima che sopraggiunga la morte per anzianità, e godere della famiglia che per alcune rimane un miraggio ancora.

Bisognerebbe chiedere che nelle nostre università e scuole e fabbriche, ci sia la possibilità di avere strutture che sostengano la famiglia, con asili nido e scuole materne che mettano in condizione noi donne di non dover più scegliere fra il diritto al lavoro e quello alla famiglia.

Bisognerebbe urlare che non siamo più carne da macello nelle mani degli uomini e che il nostro destino e futuro appartiene solo a noi e non più ai ‘carnefici’ che sotto le mentite spoglie di mariti, compagni e fidanzati dispongono della nostra vita e morte a loro piacimento.

Bisognerebbe chiedere, a gran voce, che le donne siano tutelate, non a parole ma con i fatti, con leggi non più liberamente interpretate ma che codifichino severamente i limiti nei quali un assassino o presunto tale non possa più nuocere, nemmeno verbalmente.

Bisognerebbe urlare che non vogliamo più essere commemorate nelle piazze con scarpe e fiocchi o panchine rosse.

Bisognerebbe urlare che le vittime di femminiccidio non siano più unite da un sottile filo rosso, che ormai è diventato un cappio stretto intorno alla parola donna e che annega, come in un oceano di sangue i sogni di ciascuna di noi.

Bisognerebbe urlare questo ed altro ancora per migliorare la condizione della donna e rendere la nostra Nazione un po migliore. Questo per me dovrebbe essere l’8 marzo a dispetto di un gran parlare e sciacquarsi la bocca con frasi di circostanza e mazzi di mimose in fiore,come a lenire i patimenti e nascondere le cicatrici. Abbiamo davvero poco da festeggiare un 8 marzo che illividisce gli animi solo al pensiero che per anni si sono ricordati inverosimili incendi in altrettanto inverosimili fabbriche Americane o scioperi di donne che nella Russia degli Zar manifestavano in qualche piazza a San Pietroburgo senza dare segno e sostanza ad una commemorazione che invece rassomiglia, con l’avanzare della civiltà, alla commemorazione di un eccidio, di una carneficina, una sorta di purificazione dal male cosi come avvenne nei secoli bui delle persecuzioni più aberranti.