(Pro lèghere s’artìculu in sardu pùnghere subra sa bandera in artu)
Con grande piacere leggo che anche Pier Franco Devias, segretario nazionale di Liberu, si sia convinto della necessità di una Casa Comune del nazionalismo sardo, in quanto è ormai reale la possibilità di togliere il governo della Sardegna al sistema politico occupante.
Ne sono contento a livello personale e ne è contenta tutta Sardigna Natzione Indipendetzia, della quale sono Coordinadore Natzionale. Rimane solo qualche cosa da chiarire prima di iniziare a ragionarci sopra.
Quando si vogliono costruire Case Comuni senza distinzioni tra padroni di casa e invitati, non si fanno le “chiamate” pubbliche ma si informa l’ambito di riferimento in via riservata e successivamente si concordano insieme modalità e regole per iniziare la costruzione.
Né più e né meno di come si è fatto per la Mesa Natzionale, per la quale si è iniziato, nel mese di novembre 2015, ad informare, non invitare, tutte le espressioni politiche e civiche della Sardegna, non compromesse con il sistema politico occupante, e solo dopo aver ascoltato tutti, compreso Devias, 10 mesi più tardi, si è resa pubblica l’iniziativa con la conferenza stampa del 15/10/2016.
Quando qualcuna fa la chiamata prima che si inizi ad operare, quel qualcuno è di fatto un UNITORE, e quando l’unitore detta condizioni e modalità per stare insieme, di fatto quel qualcuno è il padrone di casa che invita gli altri come ospiti.
E, quando gli ospiti vengono invitati ad occupare file diverse a seconda della loro peso politico, presunto o vantato, si sta di fatto riproponendo vecchi manuali di cultura politica a noi estranea. Questo modo di procedere nella Mesa Natzionale lo abbiamo accantonato da subito e ogni componente nazionale ha due delegati, con diritto di voto, qualunque sia il peso politico che gli viene riconosciuto.
Altra questione da chiarire è quella di che cosa si intende per Casa Comune, quale è l’ambito di riferimento e con chi sì e con chi no. SNI segue quanto indicato da Angelo Caria, per il quale la Casa Comune dei Sardi è aperta a tutte le espressioni politiche natzionali non compromesse con il sistema occupante, non solo ad indipendentisti, ma anche a sardisti, agli autonomisti, ai civici e alle associazioni politiche e sociali.
Una casa comune di soli indipendentisti, non sarebbe sufficiente per costruire un sistema politico natzionale, credibile e delegabile, in grado di cacciare il sistema politico occupante dal governo della Natzione.
Detto ciò che era necessario dire, siamo pronti a confrontarci, prendiamo posto in sa mesa, tutti insieme, iniziamo pure a cercare le condivisioni che ci permettano di andare avanti, senza padroni di casa e a porte aperte, in modo che chi vuole entrare possa prendere posto ed iniziare a confrontarsi con gli altri, alla pari.
A porte aperte, perché possa entrare anche chi sta rientrando da case comuni estranee e adesso ha ritrovato la strada giusta per rientrare a casa sua, e nostra.
Nella nostra casa comune si dovrà riuscire a stare e fare insieme anche se diversi, saremo uniti dall’obiettivo più importante, quello di restituire il governo della Sardegna ai sardi e di preparare la natzione ad essere sovrana del suo futuro.
Attendiamo con trepidazione il controchiarimento che precederà il controcontrochiarimento che sarà seguito da un ulteriore…
Tancas serradas a muru… Ed anche a filo spinato.
“Nazionalismo sardo”? È un po’ inquietante sentire usare questa espressione.. Il “nazionalismo” storicamente si è manifestato come ideologia basata sulla superiorità di una nazione sulle altre e a partire dal XIX secolo si è configurato come ideologia al servizio di una politica di potenza, alla base di guerre e scontri imperialistici. Non a caso il termine si lega al Fascismo e al Nazismo. Le parole, come la Storia, sono importanti!
Altra cosa è parlare di indipendenza e diritto di autodeterminazione dei popoli. L’indipendenza è libertà, coraggio di assumersi le proprie responsabilità.
Solo chi ha la coda di paglia può criticare le persone oneste che parlano di nazionalismo, così come chi fa politica salottiera, senza dialogo con la base, dall’alto della propria incommensurabile cultura, può decidere autonomamente cosa è buono o meno per il popolo.
Non possiamo perdere la speranza e tantomeno depositare il futuro dei nostri figli nelle mani degli cultural chic, anche fossero i migliori umanisti esistenti in Sardegna.
Questi signori sono fantastici: riuscirebbero a dividersi anche da soli…