Che giornate!

Il frullatore Sardegna ci regala un mix di delusioni, preoccupazioni, speranze e orizzonti.

La giornata di ieri è stata particolarmente delicata e le prossime si annunciano ugualmente complicate.

Il sonnolento “blitz” del presidente del Consiglio italiano a Cagliari si è rivelato imbarazzante.

La Nuova Sardegna, nel suo titolo di apertura di oggi, lo riassume con efficacia: Gentiloni ha fissato le priorità del rapporto tra Italia e Sardegna. Pare che le cose più urgenti siano il completamento delle strutture nate col G8 scippato all’Isola da Berlusconi e il fantastico ossimoro della chimica verde.

Cioè: è Gentiloni a fissare l’agenda? Davvero non c’è niente di più decisivo di cui parlare tra noi e l’Italia? E poi: è accettabile che la Regione si presenti da ospite in casa propria – in una stanzetta dell’aeroporto di Elmas – a pietire, da insalutata intrusa, un po’ di attenzione dal presidente del Consiglio?

La Maddalena e la chimica verde sono due facce della stessa patacca spacciata come medaglia: “priorità” per i soliti noti (progettisti, esecutori di opere pubbliche, prenditori di contributi pubblici, nascosti dietro a operai trasformati in scudi umani) ma cattedrali nel deserto non inserite in una pianificazione integrata e di prospettiva.

Interessi privati presentati come concessioni dell’Italia a una Sardegna – intesa come istituzione – che non ha vergogna a rivelarsi come culturalmente e politicamente sottomessa, incapace di elaborare un suo piano strategico da pianificare con i territori e per i territori. Da qui il tentativo di vendere lo sblocco di due nuove cattedrali nel deserto come l’inizio del riscatto. Con tanti saluti ai soldi ai quali abbiamo rinunciato prima nel 2006 e poi nel 2014 – come legittimamente ricordato ieri da Gentiloni – e all’idea di un vero riscatto basato su pianificazione, modernità, reti e innovazione.

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La verità politica dell’incontro di ieri l’ha ben colta Giuseppe Meloni, su L’Unione Sarda: il linguaggio del corpo di Gentiloni ha rivelato quasi un fastidio nel breve confronto, da lui accettato per pura cortesia, con Pigliaru. La vera star della giornata era Massimo Zedda, con qualche ragione individuato da Matteo Renzi come uno dei possibili astri nascenti sulla scena politica italiana.

Credo che, in maniera cinica e ingenerosa, come ho già scritto nelle settimane scorse, Renzi e i suoi abbiano scaricato Pigliaru, addebitandogli anzitutto il disastroso risultato sardo del Sì al referendum. E poi mettendone a confronto la personalità e la (im)popolarità (certificata dai sondaggi) con quelle strabordanti di Zedda.

Abbiamo davanti a noi tempi bui, anche e soprattutto per questo. Un singolare contrappasso per Pigliaru, che tutto aveva scommesso sull’omogeneità con Renzi e le sue spregiudicate politiche.

Ma non basta. Il Pd sardo dovrà probabilmente rinviare ancora il suo congresso, in attesa che a Roma si decida su scissioni e nuovi equilibri.

Nel frattempo si rinvia ulteriormente non solo il rimpasto in Giunta ma anche la nomina di due assessori-chiave, in questo particolare momento, come quelli all’Agricoltura e alle Riforme, vacanti da mesi.

Intanto c’è chi approfitta della situazione per consolidarsi. Forte dei suoi cinque consiglieri regionali (tre eletti, due “rimediati” in corso d’opera) il partito (sovranista di sinistra) dei sardi lancia la sua Opa sulla politica sarda: nelle prossime settimane pare sia pronto ad annunciare di poter contare su una quarantina di sindaci e su oltre 150 tra assessori e consiglieri comunali.

Immaginiamo che dietro questa adesione di massa ci siano fortissime tensioni ideali e non già un richiamo alla gestione dei finanziamenti che da Cagliari vengono poi ripartiti sui territori. Perché siamo assolutamente certi che nessun sindaco si sia mai sentito in dovere di giurare fedeltà in cambio dell’ottenimento di giusti diritti. E che nei confronti di nessun sindaco siano state messe in pratica o minacciate vendette ed esclusioni in caso di scelte politiche alternative.

È tutto certamente frutto dell’idealismo 2.0: in quale altra maniera possiamo definire la prepotente crescita di un partito sostanzialmente personale, fondato tre anni fa, e già capace di contare sul dieci per cento degli amministratori sardi, a fronte del 2 o 3% mediamente ottenuto negli appuntamenti elettorali più importanti fin qui affrontati?

Auguri, Sardegna.