Per precedenti impegni, non ho potuto partecipare al convegno tenutosi a Sassari l’11 febbraio con tema “diritti dei sardi nel secolo XXI”. Interessato alla tematica, mi sono dunque premunito di leggere con attenzione il resoconto pubblicato sul blog Pesa Sardigna e replicato su queste pagine.

Una relazione abbastanza dettagliata che, seppure in sunto, riporta in virgolettato gli interventi salienti dei vari esponenti dell’autonomismo/indipendentismo sardo.

Pare che qualcosa stia nascendo, anche se non è chiaro e ben definito quale possa essere l’obiettivo finale che le variegate anime dell’autonomismo/indipendentismo intendono perseguire.

Non avendo partecipato, i miei commenti, gioco forza, si basano esclusivamente sul racconto che ne fa Giovanni Fara. Potrebbero, pertanto, essere forviati dalla necessaria essenzialità del relatore o da mie più che probabili incomprensioni, di cui mi scuso in anticipo.

Il dibattito, per quel che leggo, si è incentrato quasi esclusivamente intorno a tematiche che attengono più al contenitore che al contenuto, quasi che quest’ultimo sia dato per scontato o che risulti un argomento troppo ostico su cui confrontarsi.
Ma è proprio il contenuto ciò che sfama e disseta ed abita i territori. Il contenitore, cioè la forma istituzionale che si vorrebbe disegnare per l’isola, è funzionale a governare e por ordine all’atto che si compie per sfamare, dissetare e abitare. Non può precedere l’accordo preliminare sui contenuti.

Il contenitore lo si dovrebbe disegnare in base alla “merce” che s’intende metterci dentro. Non si può creare una bottiglia per un’acqua da inventare o un cesto per un pane che ancora non c’è, perché si otterrebbe un involucro non fruibile e privo di utilità.

Leggendo ho ricavato la netta impressione che nei predetti gruppi/partiti/movimenti, pur non mancando la buona volontà di creare un percorso serio per una confluenza di idee che si traducano in precisi progetti per la Sardegna, manchi ancora una visione condivisa del disegno istituzionale che dovrebbe dar corpo ed esecutività ai propositi.

L’area è alquanto frastagliata e si muove su almeno tre direttrici che, seppur non necessariamente divergenti, pare scorrano su binari paralleli.

Ho letto di revisione dell’attuale Statuto nell’ottica di una più ampia autonomia; chi, più prudentemente, auspica una piena applicazione delle norme finora disattese; altri che propendono per una sua radicale riscrittura, prefigurando chi un’estensione dell’autonomia da Roma chi, invece, una più risoluta indipendenza dal potere centrale.

Sebbene i termini autonomia ed indipendenza, pur con qualche sfumatura semantica, assumano in italiano significati sufficientemente equivalenti, volendo esprimere entrambi la “capacità e facoltà di governarsi e reggersi da sé”, è in ambiti specifici, come quello che attiene agli assetti istituzionali, che il concetto tende a divergere, lasciando trasparire animus che prefigurano esiti del tutto differenti sul piano dei lineamenti organizzativi del futuro ente cui si vuol dare vita.

Il termine “riscrivere” assume una doppia valenza e può essere, da un lato, conseguente ad una rivendicazione forte, qual è quella dell’indipendenza della Sardegna, concetto espresso a chiare lettere da Bustianu Compostu di Sardinia Natzione, tesi, le sue, peraltro più che note; dall’altro può essere prodromo, e al tempo stesso il risultato, di una richiesta di ampliamento dell’autonomia, attuata all’interno di uno stato sovrano di cui non si disconoscono, pur limitandole, le prerogative delle istituzioni centrali.

Attribuzioni che s’intende far transitare nel futuro ente. In questo caso si parla di “riformare”, espressione più volte risuonata nella sala che ha accolto il convegno.

‘Riscrivere’ e ‘riformare’ due verbi che sottendono concetti che a ben guardare solo un grande impegno ed una positiva volontà scevra da velleità egemoniche potranno integrare entro un prodotto di sintesi. La strada è lunga ed irta di ostacoli strettamente legati a due visioni distanti ma non inconciliabili.

Come se non bastasse, c’è chi, mostrando più prudenza, propenderebbe per una piena applicazione delle norme già contenute nell’attuale Statuto e mai realizzate, o attuate in maniera blanda. Anche in questa visione, ed in maniera ben più marcata, il campo d’azione è definito e ben delimitato dalle norme giuridiche che non disconoscono la sovranità di Roma sul governo della regione.

Potranno questi diversi sentimenti che oggi animano il dibattito trovare un punto di conversione per condividere un percorso sensato che restituisca all’isola il nutrimento di cui ha vitale necessità?

Val la pena a questo proposito riportare alcuni stralci di un’analisi reperita in qualche angolo sperduto del web (sperduto perché non ricordo dove, né chi ne è l’autore, riporto il titolo “La politica sarda a un bivio, tra conservazione brutale e innovazione necessaria.”, per il resto mi scuso), che ritengo di assoluto buon senso e mi pare cogliere gli elementi salienti e più incisivi intorno a cui dovrebbe svilupparsi il confronto.
Scrive l’autore:

“Non c’è il tempo e nemmeno la possibilità concreta, in questo momento, di rovesciare il tavolo e cambiare gioco…”

“Nel processo di aggregazione in corso la questione della leadership, se pure inevitabile, ha in questo momento uno scarso peso. È più importante definire alcune condizioni preliminari.

Come, per esempio, la chiusura verso qualsiasi ipotesi di collegamento con i partiti italiani e i loro associati ed anche verso le forze e i soggetti che hanno avuto responsabilità di governo e hanno già dato prova di sé.”

“Né – almeno sulle prime – sarà possibile porre come finalità immediata una rinegoziazione dei rapporti giuridici e politici con lo stato italiano (compresa la tanto invocata, a volte come azione di disturbo, Zona Franca).”

“I nodi da sciogliere del resto sono tanti e impegnativi. Sul fronte dei trasporti (interni ed esterni), sul fronte della produzione e distribuzione dell’energia, sul fronte della gestione della sanità pubblica, sul turismo, la scuola e l’università, la questione linguistica, la politica culturale, sul comparto strategico della produzione agroalimentare.” (Contenuti, non contenitore).

In chiusura mi preme segnalare che il 10 febbraio ho avuto il piacere di partecipare ad un altro convegno, sempre a Sassari. Ospite d’onore il proprietario di questo blog. Anche in questa occasione, poco spazio al contenitore, molto, invece, si è parlato di argomenti vitali per l’isola. Si è finalmente posta al centro del ragionare e dell’argomentare la Sardegna, con tutti i suoi abitanti dentro.

Ho applaudito con convinzione. Forse davvero una speranza si fa strada. Non tutto è perduto. Dobbiamo dar pieno e convinto sostegno a queste iniziative.