Non sono solo la mancanza di conoscenza della lingua e storia della Sardegna ad influire in modo negativo sulla società sarda. Spesso mancano gli attributi necessari per schierarsi dalla parte giusta.
Siamo corrotti fino al midollo e non ce ne rendiamo conto.

Un giornalista tedesco, quando denuncia una mancanza del sindaco o del consigliere che sia, viene ringraziato dal suo concittadino quando lo incontra per strada. Un giornalista francese, per la stessa ragione, crea scompiglio. Tutti scendono in piazza a protestare.

In Sardegna, invece, quando un giornalista denuncia un fatto istituzionale, viene messo alla gogna. Persino i beneficiari della denuncia ne prendono le distanze. Iniziano a non salutare più chi riporta fatti di interesse pubblico. E spesso il cronista viene addirittura insultato nei profili social degli amministratori di turno.

Mi sono chiesto il perché di questo modus operandi nostrano. Dando una risposta banale e immediata, c’è da pensare al leccaculaggio diffuso. Ma, tra le tante, una motivazione in particolare viene a galla, ed è la corruzione insita nella nostra cultura.
Siamo corrotti. Più o meno e in varie forme, lo siamo tutti. Dal ceto medio a quello più povero.

Quando ad esempio si scopre di avere un problema di salute, non è forse vero che si cerca di scavalcare le attese sanitarie chiedendo di ridurre i tempi all’amico infermiere (o medico), che lavora in quell’ospedale? Ecco qua, il favore è fatto. Ed ecco un favore da restituire.

Quando si vorrebbe che il proprio figlio facesse carriera militare, non è forse vero che ci si rivolge all’amico graduato affinché metta una buona parola per farlo arruolare, anche quando mancano presupposti? Ed ecco che quel giovane soldato sarà sempre grato a quella persona “buonabuona” che lo ha aiutato a trovare un lavoro per tutta la vita. E ovviamente saranno grati e in debito anche i suoi familiari e successori. Come lo sono anche quegli insegnanti che, per evitare di essere trasferiti lontani dall’isola, non esitano a chiedere alla segretaria, o dirigente, degli istituti scolastici dietro casa, di interferire per non dover preparare la valigia.

Poi c’è quell’altro che va in pensione a 50anni (e anche prima) perché ha cercato voti per il candidato amico del sindacalista, o perché certificati medici “non veritieri” lo hanno reso improvvisamente “invalido”.

Viene assunto anche Caio alla Asl come portacarte, perché il padre è amico del direttore che gli aveva chiesto dei favori in passato. O Tizio, titolare di “Stoperfallire” Srl, un’azienda d’informatica che non va tanto bene, ma è riuscito a vendere fornitura e servizi al comune di Chissadove a costi esorbitanti e fuori mercato, per una gara d’appalto che l’amministratore comunale e il responsabile tecnico hanno preparato, guarda caso, con il codice fiscale di Tizio come requisito basilare per la candidatura. Proprio quello. E, per consentire la partecipazione di numerose imprese, viene pubblicato dieci minuti prima dei termini di scadenza del bando nelle ultime pagine di un giornale provinciale della Thailandia.

Anche Tizio si è fatto corrompere e ora deve un sacco di favori. Favori che devono anche i privilegiati del Comune di Menefregodelpuc, a cui è concesso di tinteggiare la facciata di un rosso accecante nel centro storico, e ad altri concittadini invece è severamente vietato, “perché il Piano urbanistico comunale non lo consente”, esclama categorico il geometra comunale.

Questa è la Sardegna. Va male tutto ma, siccome tutti abbiamo un favore da restituire, non siamo nelle condizioni di protestare, né di denunciare, né di parlare come fa un cittadino francese, pur vedendo le assurdità palesi a tutti. E dai Palazzi continuano a ridersela.

Purtroppo l’andazzo si è talmente incancrenito che, se non ci si adegua alle regole, si rischia di non lavorare, e/o di non andare avanti. Chi invece ha gli attributi per protestare e denunciare, come appunto un giornalista o anche un cittadino, viene “fatto fuori” come se fosse un virus.

Indipendenza vuol dire anche indipendenza di giudizio. Capacità di critica senza condizionamenti. Non basta sparlare a bassa voce al bar come comari in chiesa. Bisogna avere il coraggio di rifiutare un favore e battersi perché le cose funzionino davvero come dovrebbero.

Siamo noi il sistema marcio. Abituati a dare le colpe solo ai politicanti, spesso non ci rendiamo conto di essere noi il problema. Vendendoci, non siamo più in grado di predicar bene perché colpevoli quanto loro di razzolar male.