(Pro lèghere s’artìculu in sardu pùnghere subra sa bandera in artu)

Interessandomi da qualche tempo di Unione Europea, devo confessare che, pur sforzandomi, non comprendo di cosa si stia trattando nell’articolo “Regioni speciali d’Europa, Pigliaru batta un colpo”.

In particolare, nella nota si sostiene che: “il vertice del Consiglio europeo di Malta del 3 febbraio 2017 ha segnato una data spartiacque per l’Italia e per la Sardegna”, e che il 25 marzo di quest’anno a Roma, in occasione delle celebrazioni del 60 anniversario dei Trattati, verrà firmato un “nuovo trattato europeo a due velocità”.

Nella nota si auspica quindi che “Il 25 marzo una delegazione sarda dovrà assolutamente essere convocata con la delegazione italiana a partecipare alla firma del nuovo accordo europeo per ottenere l’inserimento nel trattato della propria personalità giuridica autonoma sancita dallo statuto. ”.
In primo luogo, non mi risulta che nel corso del Vertice, peraltro informale, tenutosi a Malta il 3 febbraio scorso, i rappresentanti dei paesi membri dell’UE abbiano adottato posizioni vincolanti e tali da poter condizionare in qualche modo la situazione o il futuro della Sardegna.

All’ordine del giorno del Vertice informale figuravano infatti due argomenti principali: 1) concordare misure volte a contenere il flusso dei migranti irregolari dalla Libia verso l’Italia; 2) i preparativi per l’imminente 60º anniversario dei trattati di Roma (trovi qui i risultati del Vertice: http://www.consilium.europa.eu/it/meetings/european-council/2017/02/03-informal-meeting/).

In secondo luogo e in merito alle celebrazioni per il 60 anniversario dei Trattati, il momento più interessante e importante di quell’evento sarà l’occasione di veder riuniti a Roma i leader europei, per completare il processo di riflessione politica sul futuro dell’Unione Europea, avviato a Bratislava nel settembre dell’anno scorso. Nel programma degli eventi (che trovi qui: http://www.politicheeuropee.it/comunicazione/19822/calendario) non mi pare figuri la firma di un Trattato, tantomeno a “due velocità”.

Peraltro, conoscendo un pó il funzionamento dell’UE, mi pare singolare che quanto stabilito dall’art. 48 del TUE (che trovi qui: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex:12012M048) sia stato tanto allegramente disatteso.

La nota di Scifo prosegue sostenendo che “Il nuovo trattato di Roma è l’occasione unica di ottenere l’inserimento nel trattato europeo della specialità dell’isola di Sardegna” e che “La Sardegna dovrà chiedere e ottenere di essere inserita tra i territori ultraperiferici di cui all’art. 349 e 355 comma 5 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in deroga all’art. 52 del trattato e l’inserimento della specificità della minoranza etnica sarda e del sardo come la sua lingua ufficiale”. Siamo dinanzi ad un’interpretazione a dir poco fantasiosa dei trattati europei.

L’ultraperifericità di 9 territori europei non è solo una scelta politica ma anche, e soprattutto, geografica, in considerazione principalmente del fatto che una parte del territorio di alcuni Stati membri dell’UE si trova in aree del Pianeta lontane dall’Europa, conosciute appunto come regioni ultraperiferiche (RUP). Chiunque chiedesse di far rientrare la Sardegna tra queste si coprirebbe di ridicolo, a meno che non trovasse il modo di spostare l’Isola in altre zone del Pianeta come, ad esempio, le Antille (cosa che a molti non dispiacerebbe affatto!).

Quanto al riconoscimento della “specificità della minoranza etnica sarda e del sardo come la sua lingua ufficiale”, oltre al fatto che questa non rileva assolutamente da un punto di vista “fiscale” ma unicamente “culturale”, è opportuno evidenziare che nell’UE si contano oltre 60 lingue autoctone regionali o minoritarie riconosciute (fra cui il sardo, il basco, il gallese, il catalano, le lingue sami, il frisone, lo yiddish, etc..) e che spetta ai governi nazionali definire lo status giuridico e la tutela da riconoscere a tali lingue.

La Commissione europea, dal canto suo, incoraggia e tutela come può la diversità linquistica, considerandola un Patrimonio e, già molto tempo prima che la Sardegna stessa si dotasse di una legge per la salvaguardia del Sardo (Legge Regionale 15 ottobre 1997, n. 26) la Commissione europea, nel 1981, lanciava una “Azione a favore della promozione e della salvaguardia delle lingue e culture regionali o minoritarie” che finanziò anche diversi progetti in Sardegna.

Infine, in merito a quanto sostenuto nella nota circa la “zona franca intergale”, mi preme evidenziare che, nel Rapporto su “Fiscalità di vantaggio nell’ambito della disciplina comunitaria degli aiuti di stato e buone prassi in materia di lotta allo spopolamento”, commissionatomi nel 2006 dalla Regione Sardegna (lavoro che sicuramente giace abbandonato in qualche scafale di Viale Trento), ebbi modo di documentare che quello della Zona Franca non dovrebbe essere che uno tra i vari strumenti di una più ampia e articolata politica di “fiscalità di vantaggio”, tutta da costruire a livello regionale.

Ciò è possibile, a livello di UE, unicamente nel caso in cui la Regione si guadagni, rispetto allo Stato italiano, un’”autonomia politica e fiscale”, assumendosene le conseguenze politiche ed economiche.

* (euyou.info)