(Pro lèghere s’artìculu in sardu pùnghere subra sa bandera in artu)

La trasformazione dell’Ente Foreste in Agenzia Forestas, lungi dal mettere ordine in un comparto che potrebbe essere tra quelli decisivi per il futuro dell’economia sarda, sembra scontentare anzitutto gran parte dei seimila dipendenti.

Per chiarezza, occorre ricordare che chi scrive negli anni passati ha attaccato con decisione la gestione dei cantieri sparsi un po’ per tutta l’Isola. Nati con il nobile intento di valorizzare l’immenso patrimonio boschivo e ambientale della Sardegna, in alcuni casi sono degenerati in forme di assistenzialismo e clientelismo. Tanto che il numero degli assunti è via via cresciuto, senza che all’oramai defunto Ente Foreste venisse assegnata una “missione” di governo e sviluppo realmente integrata al territorio e all’economia reale.

Certo, i deficit e le degenerazioni della politica non possono essere fatte scontare ai lavoratori, la cui gran parte svolge il lavoro con passione e abnegazione.

Nella stragrande maggioranza del tempo oggi gli operai forestali sono preposti a garantire servizi alla comunità, spesso oscuri ma certamente importanti: campagna antincendi, interventi di Protezione Civile, manutenzione degli alvei fluviali, supporto alle comunità nella gestione del territori. Poco tempo sembra restare per la produzione dei beni e servizi. Semmai, dicono quelli che ci lavorano, “creiamo le condizioni perché altri, attraverso il nostro operato, creino degli indotti economici per far crescere il territorio, con le cooperative venatorie o turistiche, per tacere di quelle che si occupano di escursionismo”.

Intanto sono settimane di grandi agitazioni, con proteste sempre più reiterate nei confronti della politica: “Siamo dipendenti pubblici a tutti gli effetti ma a cui viene applicato un contratto di natura privatistica che può essere messo in atto solamente per il 50% – dice uno degli operai che si ritiene danneggiato dai primi passi dell’Agenzia Forestas – tra gli articoli principali che non ci possono essere applicati sono quelli che riguardano la progressione di carriera. In qualsiasi ambito lavorativo è buona norma che con il passare del tempo un dipendente si specializzi sempre maggiormente, dandogli la possibilità di crescere e progredire nella carriera. Da noi all’Agenzia ex Ente Foreste un operaio base di 1° livello dopo quaranta anni di servizio va in pensione sempre con il livello originario, pur essendosi specializzatosi in altre attività come gli interventi di protezione Civile, lavori in bosco come potatori o motoseghisti”.

Questo accede perchè l’ente da decenni non indice concorsi per qualificare il personale carente in organico sia operaio che impiegato, rivolgendosi allo strumento delle mansioni superiori per garantire le attività ordinarie.

Un sistema che ha probabilmente fatto comodo alla parte politica e sindacale: “Abbiamo operai che svolgono le mansioni di Capo cantiere mentre il loro livello originario è di Caposquadra operaio. Questo non perché siano stati favoriti da qualcuno ma perché, semplicemente, erano gli unici già in organico presenti nel territorio con le attitudini a svolgere quel compito”.

Ora gli operai sperano che la loro protesta, finalizzata a ottenere il riconoscimento economico e l’inquadramento per le mansioni effettivamente espletate, possa sfociare nell’approvazione di un emendamento ad hoc, che chiedono sia messo in discussione nel corso del prossimo dibattito sulla legge finanziaria della Regione.

Sarebbe un primo passo. Ma quel che serve al patrimonio boschivo e ambientale della Sardegna – e di conseguenza ai lavoratori e alle lavoratrici che se ne occupano – è una riforma vera, che non sia solo un maquillage.