(Pro lèghere s’artìculu in sardu pùnghere subra sa bandera in artu)

Tutti criticano – a parole – la società liquida e senza memoria. Ma questa incapacità di contestualizzare e tradurre in conseguenza le esperienze fa comodo a molti. Specie a chi è dalla parte del torto.

A leggere i giornali di oggi, dopo che il governo italiano ha contestato anche l’aggiustamento di bilancio del 5 dicembre scorso, sembra che il vicepresidente della Regione Paci sia stato sempre un ferreo oppositore delle prevaricazioni romane e un altrettanto fiero difensore della Sardegna e dei suoi interessi.

No, assessore Paci, non è così. Per quel poco che contiamo, sentiamo il dovere di non consentire a lei, ai suoi danti causa e ai suoi sostenitori di non imbrogliare la realtà dei fatti, contando sulla scarsa memoria, sulla distrazione della maggioranza dei cittadini, sulla connivenza dei beneficiati dal sistema Regione.

Lei è l’assessore “economico” – e da un mese e mezzo il presidente “reggente” – della Giunta meno autonomista della storia. È l’assessore che ha teorizzato e realizzato – senza ottenere formale mandato dal Consiglio regionale – un accordo con lo Stato per ritirare i ricorsi pendenti presso la Consulta, finalizzati a respingere una serie di assalti che Roma aveva perpetrato verso i nostri diritti, verso la nostra autonomia finanziaria e verso la nostra capacità di programmazione locale. Non solo ha ritirato i ricorsi ma si è pure impegnato a non far valere eventuali sentenze positive che sarebbero potute arrivare, nel frattempo.

Già questo basterebbe per accusare un’intera classe politica di alto tradimento nei confronti della Sardegna e dei sardi.

Un’intera classe politica perché sarebbe ingiusto prendersela solo con lei, che – con qualche evidente, edonistica, soddisfazione – si è eretto a dominus assoluto sul versante della spesa e della programmazione (?).

È stato infatti il presidente Pigliaru, e non lei, a prendere spudoratamente posizione a favore del Sì al referendum del 4 dicembre, manifestando in tutta la sua plastica evidenza l’assoluta subalternità della guida di questa Giunta nei confronti non tanto e non solo dello Stato quanto, fatto politicamente ancora più grave, della fazione politica che si trovava a guidarne – pro tempore – il governo. Un investimento miope, giocato sulle spalle di un’intera nazione, finalizzato a mostrare cieca fedeltà, nella convinzione che poi il dominus Renzi qualcosa avrebbe restituito.

Nei fatti, un tradimento della Sardegna e dei suoi interessi. Da qui le surreali dichiarazioni pre e post referendum. Discorsi fuori dal mondo, che hanno sfidato tre/quarti dell’opinione pubblica sarda, mostrando in tutta la sua evidenza la lontananza – meglio, la spaccatura – che c’è oggi tra opinione pubblica e Palazzo.

Ma, come sempre accade a quelli che antepongono la fedeltà alla ragione, il compromesso ammiccante al diritto, a stretto giro di posta é arrivata la beffa.

Il governo “amico”, incassati il ritiro dei ricorsi alla Consulta e il cieco sostegno al referendum e a una serie di altre prevaricazioni, ha tradito, lasciando nudi la Giunta e la sua per troppo tempo accondiscendente maggioranza.

Prima l’impugnazione della finanziaria regionale e il suo conseguente annullamento – in toto – da parte della Consulta. Abbiamo sentito con queste orecchie – lo scorso 11 gennaio – il vicepresidente Paci dare degli ignoranti a quanti sostenevano che si trattava di un fatto grave, che metteva a rischio il funzionamento stesso della Regione: “È solo un fatto tecnico già superato, la variazione di bilancio dello scorso 5 dicembre ha sanato e superato la questione”.

Un’interpretazione appalesatasi sin da subito come pretestuosa e strampalata. Tanto che in queste ore, puntuale come uno scandalo estivo di un’attricetta del nostro tempo, è arrivata da parte del governo “amico” anche l’impugnazione di quella variazione che avrebbe dovuto – asseritamente – sanare la bocciatura della finanziaria.

Il disastro si commenta da solo.

Se poi ci aggiungiamo gli ultimi “imbrogli” romani in ordine di tempo (i soldi negati a Province ed enti locali, l’esclusione dalla ripartizione dei fondi per i farmaci sperimentali, il blocco dei pagamenti in agricoltura, e la vergognosa vicenda degli accantonamenti) il disastro diventa insanabile.

I giornali di oggi provano a metterci una pezza, presentando l’assessore Paci come un futuro condottiero (?) nella rivendicazione con Roma, omettendo di ricordare qual è l’atteggiamento irresponsabile che ci ha portato a vivere questo incubo.

Anche per questo l’attuale Giunta regionale si candida a passare alla storia non solo come la meno autonomista ma anche la più nefasta per gli effetti che è stata capace di produrre in un momento di estrema emergenza socio-economica.

Ripetiamo l’assunto di ieri: prima questa farsa finisce e meglio è per tutti.