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Nel 2016 abbiamo assistito a quelle che sono forse importanti e autentiche premesse di una svolta per l’isola.

La visita di Xi Jinping, cioè l’uomo più potente e influente dell’Asia, è stata un’occasione storica di apertura dei nostri orizzonti culturali e geopolitici, che ci ha permesso di riflettere sul fatto che non necessariamente la globalizzazione ci deve vedere quali spettatori o addirittura – ed è una percezione largamente diffusa – vittime ma che al contrario da essa potremmo avere ancora l’occasione di trarre importanti benefici.

Anche se i mutamenti politici più significativi occorsi negli ultimi mesi quali la Brexit, l’elezione di Trump a Presidente USA o le ritrovate velleità imperiali di Putin, Orban e Erdoğan sembrerebbero suggerire un suo declino o più semplicemente una diffusa volontà di correggerne le problematicità, il processo di interdipendenza economica, sociale e culturale nel pianeta continuerà a contraddistinguere il mondo in cui viviamo ancora per molti anni.

Per questo sarebbe folle continuare a lasciarci sfuggire le grandissime opportunità offerte dai mercati emergenti di Russia, India, Cina e insieme ad essa tutta l’Asia orientale, che dovranno essere capaci di accogliere le “sarderie” in tutte le loro forme per lo meno nella stessa misura con cui noi abbiamo dato asilo alle piuttosto scadenti cineserie del terzo millennio.

Un’altra interessantissima novità è data dalla costante crescita del turismo crocieristico che nei porti dell’isola ha visto nell’anno appena trascorso più di mezzo milione di passeggeri. La tendenza per il 2017 è quella di una sua ulteriore espansione e ciò sta consentendo, per lo meno a Cagliari e nelle altre città portuali, di superare lo storico tallone d’Achille di un’economia dell’ospitalità troppo vincolata dalla stagionalità.

Si tratta evidentemente di un’occasione d’oro per far conoscere l’isola al di fuori dei tradizionali circuiti. Ma a proposito di turismo c’è poi un altro dato se è possibile ancora più incoraggiante emerso nelle ultime settimane: secondo un’indagine condotta dalla Banca d’Italia e relativa agli ultimi sei anni Cagliari primeggia tra le destinazioni italiane con riferimento al rapporto tra l’effettiva soddisfazione riscontrata dopo la visita in città e quelle che erano state le aspettative pregresse del visitatore.

Tutto questo è imputabile chiaramente ad un’ampia ignoranza o sottovalutazione delle bellezze che l’isola e in particolare la sua capitale sono in grado di offrire, a campagne di promozione nei circuiti dedicati condotte dalla RAS e dagli altri enti deputati di scarso impatto mediatico e quindi abbondantemente da rivedere o, molto più probabilmente, ad entrambe le cose. Detto questo il potenziale di crescita è straordinario.

Un dato da sottolineare è che a primeggiare in questa classifica sono le località tradizionalmente meno visitate dagli stranieri, a conferma un fatto ampiamente risaputo: se tra le isole del Mediterraneo Sicilia e Malta godono di una notorietà mondiale la Sardegna rimane, al di là della solita costa smeralda, poco conosciuta e al di fuori del vecchio continente in gran parte ignorata o confusa con altre realtà, al punto che ad esempio i media anglofoni sono soliti indicarla come “the Italian island of Sardinia” (in modo da dare un’idea almeno della sua ubicazione geografica).

In considerazione di tutto ciò mi domando che senso abbia anche solo ipotizzare una crescita del turismo extraeuropeo o delle esportazioni nei settori ad esempio dell’artigianato o dell’agroindustria al di fuori dei mercati tradizionali quando gran parte del mondo non solo non conosce le nostre eccellenze ma è all’oscuro della nostra stessa esistenza!

E non possiamo non chiederci anche per quale oscura ragione gli esecutivi che si sono succeduti lustro dopo lustro in viale Trento abbiano manifestato, spinti da cronico provincialismo, indifferenza o nel migliore dei casi nicchiato rispetto a questo tema così platealmente centrale per il nostro futuro.

Occorre evidentemente darsi quanto prima una mossa, sulla di due semplici direttive: valorizzare ciò che ci rende speciali ed esaltare ciò che ci rende unici, anche sfruttando internet quale mezzo attraverso cui veicolare su scala globale il brand Sardegna, con tutte le eccellenze di cui questo è portatore (e seguendo una strada già battuta con successo ad esempio da Nurnet o dal popolarissimo blog Ricette di Sardegna).

Perché nella società della comunicazione, una realtà priva di visibilità mediatica sostanzialmente non esiste e questo è un rischio troppo a lungo sottovalutato da politici e analisti che non possiamo più permetterci di correre. Ognuno di noi si dia da fare nel ruolo che compete a ciascuno e le istituzioni, soprattutto quelle regionali, battano un colpo.