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L’anno che verrà non potrà essere di transizione. Né per lo Stato, né per la Regione.

Né per gli imprenditori, né per i dipendenti. Né per i pensionati, né per i disoccupati.

L’anno nuovo potrebbe essere quello dello svolta o quello del definitivo affondamento. Non sarebbe male affrontarlo con una consapevolezza che, già da sola, rappresenterebbe un significativo passo in avanti: ognuno di noi, nel suo piccolo, può essere arbitro del proprio destino. E di quello dei suoi familiari, dei suoi colleghi, dei suoi amici e dei suoi vicini di casa.

Il momento è così grave che solo con uno sforzo comune e solidale si può sperare di venirne fuori. Sarebbe bello che ognuno di noi, per la propria parte, si industriasse a fare di più. Chi è impegnato nelle istituzioni, ad esempio, potrebbe prendere l’impegno di spogliarsi di qualsiasi appetito partitocratico e personalistico, pensando unicamente al bene comune.

Immagino che non siano tanti a credere che questo possa accadere. Ma per mettersi sul pulpito e predicare, predisponendosi a lanciare la prima pietra contro i politici, occorre prima un serio esame di autocoscienza personale.

È disposto l’impiegato pubblico, prendendo atto della difficoltà del momento, a svolgere la sua funzione in modo irreprensibile, evitando le placide comodità che a volte il posto fisso statale (ma anche regionale, provinciale, comunale e via discorrendo) sembra assecondare? È disposto a vigilare sui propri colleghi che, con comportamenti scorretti, mettono in discussione tutta la categoria, aumentando i disservizi e moltiplicando le lungaggini burocratiche? Se questo accadesse un pezzo di crisi sarebbe superata.

Sono disposti gli imprenditori a sforzarsi di investire in innovazione, cercando di aumentare i ricavi della propria azienda, invece di pensare solo a tagli e riorganizzazioni che spesso stracciano via il presente e il futuro delle persone? E quelli che operano al di fuori della legge, frodando il Fisco e portando all’estero i propri capitali, si rendono conto di essere i primi nemici del sistema-Italia? Se queste storture venissero limitate, un altro pezzo di crisi sarebbe superato.

E i dipendenti privati sono disposti a mettersi in discussione, riqualificando il proprio lavoro e collocandosi su un mercato sempre più globale, senza nascondersi dietro anacronistici salvacondotti sindacali? Se questo accadesse il 2017 non potrebbe essere considerato all’insegna della crisi.

Sono disposti i titolari delle pensioni d’oro a rinunciare a un pezzo delle loro immense sicurezze per liberare risorse da destinare a nuovi investimenti e infrastrutture moderne? Se arrivasse questo segnale forse anche i disoccupati – giovani e di lungo corso – i cassintegrati e tutti gli “ultimi” di questo Paese potrebbero tornare a parlare di speranza.

Questo – per molti – è un libro dei sogni. Ma se ci pensate bene nelle terre più civili è la quotidianità, l’equilibrio sul quale sono fondate le società più giuste.

Anche noi possiamo, anzi dobbiamo. Buon anno nuovo a tutti. E proviamoci davvero.