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Una nota stampa diffusa dall’Eni, il colosso dell’energia italiana, ha reso noto qualche giorno fa che ha concordato di cedere al gigante russo Rosneft una quota del 30% nella concessione di Shorouk, presente nel Mar Mediterraneo che bagna le coste dell’Egitto.

La notizia, ripresa da tutte le agenzie di informazione nazionali e internazionali, in Sardegna è passata sotto silenzio. Una mancanza che chiama in causa il ruolo degli organi di informazione economica dei quotidiani sardi e il mondo della politica, che in queste settimane è dilaniata dallo scavo all’interno delle proprie divisioni e dimentica quanto accade attorno alla nostra Isola.

Gli effetti dell’accordo tra Eni e la russa Rosneft avrà sicuramente i suoi effetti nella vita dei sardi, perché da anni è attesa la rete di distribuzione del gas metano e la installazione di un complesso di centri di stoccaggio, che ancora non è noto come e da chi verranno riforniti.

Di certo c’è solo che il problema-energia rientra nel patto firmato tra il governo Renzi e la giunta Pigliaru. L’esecutivo sardo ha fatto capire di aver abbandonato il progetto Galsi, che puntava a far arrivare il gas metano dalle coste del Nord Africa attraverso una condotta sottomarina che partiva da una risorsa energetica attiva nell’Algeria e si congiungeva con le coste sud della Sardegna, per proseguire nel cuore dell’Isola fino al nord della Gallura e poi proseguire nei fondali marini fino a Piombino. Stando alla nota dell’Eni, il colosso Rosneft dovrà consegnare all’incasso dell’azienda italiana un assegno da un miliardo e 575 milioni di dollari.

Si viene a sapere che il giacimento di fronte all’Egitto è la più grande fonte di gas naturale mai scoperta nel Mediterraneo e in mano all’Eni. La risorsa energetica, stando alle notizie dell’ente italiano, ha un potenziale complessivo di 850 miliardi di metri cubi di gas.

Appare palese che l’accordo tra Eni e l’impresa russa Rosnef non è solo un evento che attiene all’economia ed alla finanza. E’ evidente che dietro vi è anche un aspetto che richiama la realtà geopolitica dell’Europa, della Russia, dei Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, e quindi anche della Sardegna nel cuore di questa nuova pagina delle manovre tra grandi potente e colossi che tengono sotto controllo e si spartiscono le fonti di energia. In questo quadro occorre in Sardegna una maggiore attenzione da parte del mondo della informazione nel suo insieme, del consiglio regionale e delle forze politiche.

Una visone a largo respiro di quanto sta accadendo attorno a noi è fondamentale in una situazione di conflitti e di evoluzioni in atto su scala internazionale. Perchè? La risposta è abbastanza scontata, dato che la giunta Pigliaru ha messo da parte il progetto della condotta sottomarina, c’è da capire come arriverà il gas metano in Sardegna. Di recente l’assessora all’industria Maria Grazia Piras ha ipotizzato che il metano arriverà nella rete sarda nel 2018, e ha chiarito inoltre che il gas naturale verrà stoccato in grandi depositi dislocati nelle coste della Sardegna.

Da questi punti di rifornimento verrà trasportato su gomma in 38 bacini. Tutto ciò, secondo le affermazioni dell’assessora Piras, in attesa della realizzazione della “dorsale sarda interna di trasporto”. Una quota dei costi di questa operazione fa parte del Patto per la Sardegna. Tutto ciò avverrà realmente? In attesa dei fatti concreti resta in piedi il piano degli intenti. I bacini individuati sono i seguenti: Ittiri, Sassari, Nuoro, Quartucciu, Cagliari, Ozieri, Oristano.

Per questo pacchetto di opere, da affidare a imprese private, sono state impegnate risorse pari a 228 milioni di euro. Ciò che rimane da capire e da rendere chiaro all’opinione pubblica è il come il gas metano arriverà in Sardegna. Verranno impegnate navi galleggianti con funzione di stoccaggio e di rigassificazione, o ci saranno altri sistemi? Fino ad ora questi particolari rimangono coperti da un velo di nebbia. Che occorre dissipare per l’importanza che il gas metano riveste per il sistema industriale e per l’uso nelle abitazioni.

La caduta indietro e i silenzi sulla centralità dell’energia non possono continuare poiché il problema si lega a quella rete di vincoli che penalizzano la Sardegna e il suo futuro.