Con l’incarico a Gentiloni si perfeziona il primo periodo renziano. Era necessario per chi come lui aveva puntato tutto su una maggioranza piena di cariatidi e di impresentabili uscire di scena senza pagare il conto.

Quello che lascia è però un conto salatissimo e che non è servito a raggiungere gli obiettivi per cui era stato programmato.

L’obiettivo dichiarato era quello di ridurre la frattura generazionale tra chi ha vissuto e gode ancora di un sistema di garanzie e chi invece, la nostra generazione e le successive, ne è privo.

L’interesse creato attorno alla sua candidatura alle primarie e i primi test elettorali (Europee 2014 su tutti) hanno dato la sensazione che attorno a lui ci fosse il consenso che serviva a provarci. Forse è in quel momento che Renzi ha davvero sperato di poter, già in questa legislatura ottenere dei risultati stabili e ha cercato di usare questa legislatura per preparare al meglio il successivo e per lui primo test elettorale ovvero quello che affronteremo nel 2017 o più verosimilmente nel 2018.

La sua strategia è stata subito individuabile ma nonostante tutto i sui avversari interni si sono buttati sulla vittoria facile, che lui ha offerto, del referendum confermativo delle riforme sottraendolo del tutto a quella che sarebbe stata la vera e determinante sconfitta politica ovvero quella della mancata crescita e di conseguenza l’impossibilità di riuscire nell’ operazione di riscatto generazionale che era il cuore del suo storytelling.

Essendo le istituzioni affollate di quella classe dirigente cattocomunista che ritiene di averlo fermato, lui ha suonato l’unica musica che questi volevano sentire ovvero quella di andare al voto presto, esattamente il contrario di ciò che serve a lui, esattamente la situazione in cui loro si trovano meglio cioè quella di costruire governi in bianco e nero.

Sapendo bene Renzi che una ulteriore e forte crisi che la nostra economia vivrà i prossimi mesi e il vistoso peggioramento dei fondamentali ha bisogno di tempo per essere assorbita c’è da giurare si prenderà tutto il tempo che gli serve per costruire un nuovo storytelling da Cincinnato della politica mentre le incrostazioni di vecchia e vecchissima politica si terranno oggi una scena che lui non poteva volere.

L’unico che mi pare l’abbia capito e che può fargli saltare il banco è come sempre Berlusconi, che neppure a ridosso della ultima sonora batosta referendaria ha mai mancato di testimoniargli la sua simpatia. Chissà se Renzi ha mai pensato di riuscire a stabilire una forma di coesistenza con le incrostazioni del suo partito e contemporaneamente assorbire il mondo popolare che da vent’anni crede in Berlusconi, fatto sta che le recenti vicende dovrebbero avergli insegnato che la strada più breve è raramente quella che ci porterà a casa.

Rimane il fatto che da qui a un anno resterà una delle pochissime alternative credibili alle pagliacciate isteriche dei 5 stelle e seppure continuo a sperare che l’Italia abbia finalmente un governo popolare alla fine quello di cui ho bisogno io e di cui abbiamo bisogno tutti è un governo che affronti i problemi e li risolva.